21 luglio 2025

“화이팅!” – L’incoraggiamento che accarezza l’anima: dire “in bocca al lupo” in coreano non è solo una formula, è un abbraccio

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Hai mai sentito urlare “화이팅!” in un drama coreano? Forse durante un’esibizione importante, una gara, un esame, o semplicemente quando qualcuno ha bisogno di una spinta. È una parola che sembra esplodere in bocca, ma che in realtà carezza il cuore. Si scrive “화이팅” (hwaiting) ma in realtà non ha niente a che fare con un vero “combattimento”. È un’esplosione di incoraggiamento, un “ce la puoi fare” gridato col cuore. E non è l’unico modo in cui i coreani augurano buona fortuna. Anzi, dietro quel semplice “in bocca al lupo” che diciamo senza pensarci troppo, in Corea si nasconde un mondo intero fatto di sfumature, rispetto e calore umano.

In Corea, dire “buona fortuna” non è mai un gesto banale. È un segno di attenzione, di cura. È dire: “Ti vedo. So cosa stai affrontando. E sono con te.” Un amico, un collega, uno sconosciuto: non importa. Ogni gesto di incoraggiamento è un modo per fargli sapere che non sono soli. Ed è proprio questo il cuore pulsante della cultura coreana: l’altro conta, sempre.

Le mille sfumature di “buona fortuna”

Prima di tutto, partiamo dalla parola “fortuna”. In coreano si scrive (un), ma ovviamente non finisce qui. Per augurare buona fortuna si può dire 좋은 운 (joeun un) oppure 행운 (haengun), che spesso si traduce anche con “buona sorte” o “buon destino”. Già queste parole fanno capire che la fortuna in Corea non è solo un caso: è qualcosa che si augura con gentilezza e intenzione.

E quando invece vogliamo dire che qualcuno è fortunato? In questo caso si usa 운이 좋다 (uni jota) oppure 행운이다 (haengunida). Frasi semplici, sì, ma dense di significato.

“Fighting!” – il grido gentile dei K-drama

Impossibile non iniziare con 화이팅. Questa parola è un vero simbolo della Corea moderna. In Itaewon Class, ad esempio, è il grido di speranza quando il bar DanBam riapre. È quasi un inno nazionale non ufficiale. Si pronuncia “hwaiting”, ma è un’adozione coreana dell’inglese “fighting”, trasformata in qualcosa di completamente diverso: non un attacco, ma un incoraggiamento. È il modo più universale e accessibile per dire “buona fortuna” a qualcuno, come un high five verbale che attraversa le generazioni.

“항상 화이팅!” – sempre fighting! Sempre forza! Sempre avanti!

Quando la forma è rispetto: dire buona fortuna in modo educato

In Corea, come sai, il modo in cui parliamo cambia a seconda di chi abbiamo di fronte. Il rispetto passa anche (e soprattutto) per la lingua.

Se devi augurare buona fortuna in modo formale, ad esempio a un professore, un superiore, o semplicemente a qualcuno che non conosci bene, puoi dire:

잘 보세요 (jal boseyo) – “Guardi bene” o meglio: “In bocca al lupo”.

Esempio?
“공연 잘 하세요!” – Buona fortuna per la performance!

Con gli amici, invece, si può essere più diretti e affettuosi. Il modo informale è:

잘 봐 (jal bwa) – “Guarda bene”, oppure “fai bene”.

Esempio dolcissimo:
“오늘 시험 잘 봐!” – In bocca al lupo per l’esame di oggi!

Se vuoi restare in una via di mezzo, usa la forma standard:

잘 봐요 (jal bwayo) – Gentile ma non troppo formale.
Perfetto per colleghi o conoscenti con cui si ha un rapporto cordiale.

Quando l’incoraggiamento ha un nome: situazioni specifiche

La lingua coreana non lascia nulla al caso. Ci sono frasi precise per momenti precisi. Per un esame importante, ad esempio, puoi dire:

  • 시험 잘 보세요 (siheom jal boseyo) – forma formale

  • 시험 잘 봐 (siheom jal bwa) – forma informale

Per un colloquio di lavoro? Ecco le versioni:

  • 면접 잘 보세요 (myeonjeop jal boseyo) – “Buona fortuna per il colloquio”

  • 면접 잘 봐 (myeonjeop jal bwa) – se vuoi essere più diretto e amichevole.

Ma c’è di più. A volte non serve augurare direttamente “fortuna”, basta ricordare a chi hai davanti che può farcela. E allora il modo più bello per farlo è:

할 수 있어요! – “Puoi farcela!”
È come dire: “Credo in te.” E in certe giornate, non è forse questo che vorremmo sentirci dire?

Un ultimo augurio che abbraccia tutto

Se vuoi augurare tutto il meglio con una frase più ampia, puoi dire:

행운을 빌어요 (haenguneul bireoyo) – “Ti auguro buona fortuna.”
È delicata, gentile, perfetta in tantissimi contesti. È come mettere un fiocco a un pensiero affettuoso.


In un mondo dove corriamo sempre, dove a volte ci dimentichiamo persino di salutare, fermarsi per dire “buona fortuna” a qualcuno diventa un gesto rivoluzionario. In Corea, queste parole hanno il potere di creare legami, di dare forza, di far sentire meno soli. E quando la voce trema prima di un esame, quando le mani sudano prima di un colloquio, quando il cuore batte all’impazzata prima di lanciarsi in qualcosa di nuovo, una semplice parola può cambiare tutto.

화이팅, allora. Non solo a chi affronta qualcosa di difficile. Ma anche a te, che stai leggendo. Che forse oggi avevi solo bisogno che qualcuno ti dicesse:
Puoi farcela. Sono con te. 화이팅.


Fonte: https://ling-app.com/ko/good-luck-in-korean/

Il cuore della cucina coreana: storia, magia e futuro del jang

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Ci sono storie che si tramandano di madre in figlia, sapori che racchiudono secoli di memoria e gesti che resistono al tempo. Il jang (장), il condimento fermentato a base di soia che accompagna da sempre la cucina coreana, non è solo un ingrediente. È una vera e propria eredità culturale. Un racconto vivo, fatto di pazienza, di mani che impastano, di attese lunghe quanto le stagioni. Ed è proprio questa storia che voglio condividere con voi oggi.

Il 3 dicembre 2024, la tradizione del jang è stata ufficialmente riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell’umanità. È la ventitreesima voce della Corea del Sud a entrare in questa lista prestigiosa, e per me – che amo profondamente tutto ciò che racconta la cultura coreana – è come se fosse stato premiato un pezzo di anima.

Ma cos’è davvero il jang?

Un mondo di sapori: doenjang, ganjang e gochujang

Dietro questa parolina si nasconde un universo. Il jang si presenta in tre forme principali:

  • Doenjang (된장) – una pasta di soia dal gusto profondo e terroso,

  • Ganjang (간장) – la salsa di soia, quella vera, dal sapore pieno e autentico,

  • Gochujang (고추장) – una pasta rossa e piccante che dà vita a mille piatti iconici.

Tre condimenti, tre personalità, ma un’unica radice: il rispetto per la terra e per i suoi ritmi.

Un rituale antico come la storia

La tradizione del jang affonda le sue radici nel periodo dei Tre Regni, tra il 57 a.C. e il 668 d.C. Già allora, fermentare la soia era un gesto carico di significato. Ma è durante la dinastia Joseon (1392-1910) che il jang diventa una vera istituzione. Pensate che esistevano magazzini reali appositi per custodirlo, gestiti da donne di corte, e gli ufficiali responsabili della sua produzione avevano un rango più alto di quelli della cucina del re. Incredibile, vero? Eppure, racconta perfettamente quanto questo alimento fosse considerato prezioso.

Fare jang: più di una ricetta, un atto d’amore

La magia del jang inizia dopo il raccolto autunnale. Le meju (메주), blocchi di soia bollita e modellata a mano, vengono appesi con fili di paglia per asciugarsi lentamente. Poi vengono puliti e sistemati in grandi giare di terracotta con acqua salata. E lì… si aspetta. Si aspetta che la natura faccia il suo corso. Mesi di fermentazione creano, dallo stesso meju, sia il doenjang che il ganjang: uno solido, l’altro liquido. Se invece il meju viene mescolato con peperoncino in polvere, riso, malto d’orzo e sale, si trasforma in gochujang.

Ogni ingrediente ha il suo posto, ogni passaggio il suo tempo. Non si può correre, non si può forzare. Il jang è un maestro di lentezza.

Un sapere che parla di famiglia, di donne, di comunità

In Corea, ogni famiglia ha la sua ricetta segreta. Un sapore che non si trova nei negozi, ma solo tra le mura di casa. Fare jang è un’eredità che le madri trasmettono alle figlie, un sapere che si custodisce con cura, un legame che tiene unite le generazioni. È anche un gesto collettivo, fatto insieme, che crea connessioni. È identità, è radice, è casa.

E non è solo cultura. È anche salute e sostenibilità. Il jang tradizionale è privo di additivi chimici, ricco di fermenti buoni e amminoacidi che si sposano perfettamente con una dieta a base di riso. È un esempio perfetto di come la saggezza antica sappia essere incredibilmente attuale.

Una sfida moderna: tra nostalgia e speranza

Eppure, oggi il jang rischia di diventare un ricordo. La vita in città, i ritmi frenetici, gli spazi ridotti: tutto spinge verso i prodotti industriali, comodi ma spesso privi di quella profondità di gusto e di significato che solo il jang fatto in casa possiede.

Ed è qui che entra in gioco il riconoscimento UNESCO. Perché forse, grazie a questa nuova visibilità, le persone inizieranno a riscoprirlo, a volerlo ricreare, a tramandarlo ancora. Perché non basta sapere che una tradizione esiste. Bisogna continuare a viverla.

il sapore della memoria

Ogni cucchiaio di jang racconta una storia. Non solo di chi l’ha preparato, ma di un popolo intero. Di mani che impastano, di stanze piene di vapore, di giare che riposano nel sole invernale. Di madri e figlie. Di case lontane ma vicinissime nel cuore.

E allora, la prossima volta che vi capiterà di assaggiare un piatto coreano condito con uno di questi preziosi fermenti, fermatevi un attimo. Chiudete gli occhi. E immaginate quella storia. Perché il jang non è solo un condimento. È un piccolo miracolo quotidiano.

Fonte: https://koreancultureblog.com/2024/11/14/jang-making-a-taste-of-korean-culinary-heritage/

25:21 Appunti di viaggio ep9

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Anche voi avete amato come me 25-21? Al tempo non sono riuscita a segnarmi le frasi più belle perché tanto mi prese che ho preferito godermelo attimo per attimo. Adesso che il drama l'ho concluso da un po' e sono ancora maledettamente nostalgica, con una serie di post voglio ripercorrere ogni episodio con voi sottolineando le frasi per me più significative. Buona lettura!

Episodio 15

Condividerò tutto con te. Tutto, incluse tristezza, felicità e disperazione. Quindi… non nasconderti quando sei in difficoltà. Condividila con me. Se non ti appoggi a me, mi sentirò sola. Soffriamo insieme quando stiamo male. È 100 volte meglio della solitudine.

Non voglio diventare insensibile. Proverò sempre pena ed empatia per loro. Questa è la mia priorità.

La vita è… preziosa. Amiamoci senza rimpianti… finché viviamo.

Il mio diario di quei giorni è pieno di amore e di amicizia. A quel tempo, erano tutto ciò che contava. Tempi come quello durano solo un momento. Un'amicizia turbolenta e un amore appassionato. Perché sono quei brevi momenti che fanno brillare tutta la vita.

Ti sto chiedendo se ti va bene. Aspettare, sentire la mancanza l'uno dell'altra ed essere delusa. Quello che ti ho fatto io per tutta la vita. Uno dei due chiede sempre scusa e l'altro cede sempre. Sei sicura di volere una relazione simile?

Se questo è l'inferno, credo di dover dire alla gente che lo è. Se lo dico ad abbastanza gente, forse riusciremo a evitare che succeda di nuovo. È quella speranza che mi fa rimanere qui.

Episodio 16

 

È la carriera che ho scelto. È il mio posto di lavoro. Quindi io faccio il mio lavoro e lei fa il suo. È così che va la vita.

Mi mancavi, ma non sono riuscito a venire a trovarti. La gente moriva davanti ai miei occhi. Sentire la mancanza di qualcuno sembrava un lusso.

Siamo fidanzati solo nei momenti belli e diventiamo un peso in quelli difficili.

Aspettare, poi la delusione e alla fine cedere. È quello che ho fatto per tutta la vita. E me lo stai facendo fare di nuovo.

In certi momenti, si fa sempre del proprio meglio… ma tutto questo è solo allenamento.

A volte, quando non credevo in me stessa, ho creduto in te che avevi fiducia in me. E questo ha reso le cose possibili. Tu mi hai fatto sorridere. Con te… mi sentivo al settimo cielo anche quando non avevo niente.

A quei tempi, credevo di poter avere tutto. C'erano così tante cose che volevo avere. Per un attimo, ho creduto che l'amore e l'amicizia mi appartenessero. Guardando indietro, ogni giorno era un allenamento alla vita. I momenti in cui osavo dire che tutto sarebbe durato per sempre. Adoravo vivere in quell'illusione. c'era ancora una cosa che potevamo avere. Quell'estate era nostra.

Con un ritardo di anni siamo arrivati alla fine di questo viaggio. Grazie per avermi seguito così pazientemente!