Era una notte senza stelle, come se il cielo stesso avesse deciso di trattenere il fiato. Nella penombra del palazzo, una donna sedeva immobile, le mani poggiate sul grembo. Non era vestita come una regina, eppure lo era già. Non per la corona, ma per ciò che si stava preparando a perdere pur di conquistarla.
È da questa immagine che parte il drama “The Queen Who Crowns”, dedicato a una figura che raramente occupa lo spazio che merita nei racconti popolari: Wongyeong, o Won Kyung, la regina consorte di Taejong, madre del futuro re Sejong il Grande. Una donna realmente esistita, che ha attraversato il cuore pulsante della storia coreana con lo sguardo fisso sul trono, ma anche sul destino di suo figlio e della dinastia che contribuì a forgiare.
“Non basta essere la moglie del re. Bisogna imparare a esserlo.”(Immagino siano queste le parole non dette, ma scolpite in ogni gesto della sua vita.)
Quando si pensa alle regine del passato, spesso si immaginano figure immobili, rinchiuse tra le mura del palazzo, sorvegliate da etichette, prigioniere di doveri. Ma Won Kyung non era fatta per stare ferma. Lei è il simbolo di tutte quelle donne che hanno imparato a muoversi silenziosamente nel labirinto del potere, senza mai perdere di vista ciò che conta.
Perché essere moglie di un uomo come Taejong – ambizioso, spietato, deciso a prendere con la forza ciò che gli era stato negato – non era un destino. Era una scelta. E scegliere di restargli accanto, anche quando la sua ascesa passava sopra i fratelli, le famiglie e forse persino sopra l’amore, richiedeva più forza di quella che si vede in battaglia.
“Regnare non significa portare una corona. Significa decidere chi sei, anche quando nessuno è pronto ad ascoltarti.”
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