Quando si pensa a Re Sejong, viene subito in mente il sovrano illuminato che creò l’alfabeto coreano, il genio dietro l’Hangul, l’uomo che ha reso la conoscenza accessibile a tutti. Ma ciò che spesso si dimentica è che dietro quel volto sereno si nascondeva una storia familiare intrisa di tragedie, dolori silenziosi e decisioni impossibili. E il suo erede, Re Sejo, avrebbe continuato questo cammino... ma con ben altri metodi.
Re Sejong, salito al trono nel 1418, non era il figlio maggiore: divenne re solo dopo che il fratello maggiore, il principe ereditario Yangnyeong, abdicò volontariamente — o forse fu forzato a farlo. Yangnyeong era troppo impulsivo, troppo poco interessato alle responsabilità regali. Al contrario, Sejong mostrava fin da giovane una mente brillante e un cuore responsabile.
Eppure, quella promozione al trono ebbe un prezzo emotivo enorme. Nonostante la stima di suo padre Re Taejong, Sejong non poté mai godersi del tutto la fiducia e l’affetto del fratello maggiore, che si ritirò a vita privata, portandosi dietro l’ombra del fallimento e della vergogna. Sejong amava suo fratello, e non smise mai di soffrire per quella frattura. Anni dopo, in una lettera commovente, scrisse che il suo unico desiderio era poter rivedere quel fratello e riconciliarsi con lui.
Anche i suoi figli non furono immuni dal dolore. Il suo erede, Munjong, regnò per pochissimo tempo a causa della sua salute fragile. Alla sua morte, salì al trono il giovane figlio Danjong, un ragazzino dolce e troppo ingenuo per sopravvivere ai lupi della corte.
Ed è qui che entra in scena Sejo, zio del giovane re, fratello di Munjong e figlio di Sejong. Inizialmente rispettato per il suo valore militare, Sejo si trasformò ben presto nell’antagonista della storia: usurpò il trono a suo nipote Danjong, sostenendo che il regno non poteva essere lasciato a un adolescente inesperto. Ma le sue motivazioni erano tutt’altro che nobili.
Sotto il suo regno, i dissidenti vennero eliminati brutalmente, molti letterati e studiosi fedeli a Danjong furono uccisi in quello che è ricordato come il massacro dei Sei Leali Ministri. Danjong fu costretto all’esilio… e infine giustiziato. Sejo ordinò la sua morte. Uccise il nipote. Il figlio del suo stesso fratello.
Eppure, anche Sejo era un uomo complesso. Sapeva divertirsi, amava l’arte e... amava il soju. I suoi famosi banchetti di vino erano più di semplici momenti di svago: erano veri e propri eventi politici. Lì si stringevano alleanze, si decidevano le sorti dei funzionari, si controllavano le lealtà. Sejo usava il bere come strumento di potere, per osservare chi rideva troppo, chi non brindava, chi osava guardarlo con troppa audacia. Era un re che non si fidava di nessuno e che aveva imparato a governare non solo con le leggi, ma anche con il sospetto.
I cronisti raccontano che si svegliava spesso nel cuore della notte, tormentato da febbri e dolori. Alcuni storici ritengono che soffrisse di una grave malattia della pelle, forse la lebbra. Ma in quei risvegli febbrili si può forse leggere anche il rimorso per le vite spezzate lungo la sua scalata al potere.
E così, la dinastia Joseon ci racconta ancora una volta la sua verità: che anche i re più grandi nascondono ombre profonde, che dietro ogni conquista si celano sacrifici invisibili, e che nella stessa famiglia possono convivere il genio e la crudeltà.
Fonte:
- https://thetalkingcupboard.com/portfolio/king-sejongs-tragic-family-history/
- https://thetalkingcupboard.com/portfolio/king-sejo-and-his-drinking-party-politics/
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