Oggi è Natale (a proposito, AUGURIII!), dunque non potevo non dedicare un pezzo speciale, e pubblicarlo proprio oggi, a questa festa che amo alla follia! Quando penso al Natale in Corea del Sud, mi viene subito in mente un’immagine che fa un po’ a pugni con quella che abbiamo interiorizzato qui in Occidente. Da una parte ci sono le luci, le vetrine decorate, gli alberi scintillanti nei centri commerciali, le canzoni che parlano di neve e desideri invernali. Dall’altra, se ci avviciniamo un po’ di più e guardiamo oltre la facciata luminosa, scopriamo una festa che ha preso una strada tutta sua: meno “famiglia riunita intorno alla tavola” e molto più “appuntamento romantico mano nella mano”. Natale in Corea del Sud è ufficialmente una festa nazionale, con la maggior parte dei lavoratori a casa dal lavoro, ma non è affatto la festa “sacra” dell’anno. È un giorno in cui ci si può rilassare, concedersi un po’ di riposo, uscire con la persona che si ama o con gli amici, senza tutto il carico emotivo e organizzativo che in molti Paesi occidentali accompagna il 25 dicembre.
La Corea del Sud è, tra i Paesi dell’Asia orientale, un’eccezione: è l’unica nazione della regione a riconoscere il Natale, il Sung Tan Jul, come festa nazionale. Questo legame “ufficiale” con il calendario festivo, però, non nasce da una lunga tradizione religiosa radicata nella popolazione. Alla fine della Seconda guerra mondiale, con la liberazione dal dominio giapponese, la metà meridionale della penisola fu amministrata dalle forze di occupazione statunitensi per tre anni. In quel contesto, gli Stati Uniti introdussero il Natale come giorno festivo, rendendolo una ricorrenza riconosciuta a livello statale in un Paese in cui, nel 1945, solo il 2% della popolazione si identificava come cristiana. In pratica, il Natale è entrato nel calendario coreano prima ancora che il cristianesimo diventasse una presenza significativa nella vita religiosa delle persone. Non stupisce, quindi, che per una grande parte dei coreani sia stato, fin dall’inizio, più un evento laico e commerciale che una ricorrenza spirituale.
Per anni, la Corea del Sud ha vissuto sotto un severo coprifuoco nazionale. C’erano pochissime eccezioni: una per la festa del compleanno del Buddha in primavera e due per il periodo natalizio, la notte del 24 e quella del 31 dicembre. In quei giorni, improvvisamente, le strade si animavano, i giovani potevano restare fuori più a lungo, la rigidità quotidiana si allentava. Questo ha contribuito a fissare nell’immaginario collettivo l’idea del Natale come giorno in cui si “esce per divertirsi”: un momento gioioso, quasi liberatorio, perfetto per chi è giovane e ha voglia di vivere la città di notte. Parallelamente, aziende e negozi hanno fiutato l’occasione e hanno iniziato a “spingere” la festa dal punto di vista commerciale, rendendola sempre più legata al consumo, ai saldi, alle decorazioni e ai pacchetti speciali.
Per molto tempo la Corea è rimasta un Paese povero, almeno fino agli anni ’70. Il Natale, con la sua estetica importata dall’Occidente fatte di tacchini, fagiolini, tavole abbondanti, luci e pacchetti ovunque è diventato una sorta di ideale di abbondanza e modernità. Ancora oggi, molte celebrazioni hanno un’atmosfera “europea” o “americana”: pranzi nei grandi alberghi, buffet con piatti occidentali, decorazioni che richiamano i mercatini natalizi di altre città del mondo. In questo senso, la festa riflette alcuni tratti percepiti come tipicamente americani: il desiderio di modernità occidentale, l’idea di libertà, e soprattutto un consumismo molto marcato, che passa anche attraverso marchi costosi e grandi magazzini di lusso.
Nel frattempo, protestantesimo e cattolicesimo sono cresciuti insieme al boom economico coreano nella seconda metà del Novecento. La Corea del Sud oggi ha una delle più grandi popolazioni cristiane dell’Asia, con circa il 30% dei cittadini che si dichiarano cristiani e, nel 2015, un 27,6% che si identificava come cattolico o protestante. Dozzine di megachiese attirano più di 40.000 persone ogni domenica, e la chiesa pentecostale più grande del mondo si trova proprio a Seoul. Dal 2000 in poi, le conversioni ferventi si sono rallentate e la percentuale di cristiani si è stabilizzata, ma la loro presenza resta molto visibile: chiese ovunque, camion-altarini che diffondono versetti biblici nelle zone dei locali e della vita notturna nel tentativo di riportare i festaioli “sulla retta via”.
Eppure, nonostante tutto questo, il Natale in Corea rimane sorprendentemente poco religioso. Le celebrazioni religiose esistono, ovviamente: chi è cristiano può partecipare a funzioni speciali, a volte la sera della Vigilia, altre la mattina del 25 dicembre, ascoltare il coro della chiesa, vedere i bambini della congregazione recitare lo spettacolo natalizio, riascoltare le storie e i significati religiosi della festa. Ma non c’è la grande cena di famiglia come momento centrale, non c’è l’idea di “festa domestica” che occupa l’intera giornata. Per la maggior parte delle persone, è semplicemente un giorno festivo: chi vuole va in chiesa, chi non è religioso lo vive come un giorno per rilassarsi, uscire, incontrare qualcuno.
Qui arriva la prima grande differenza rispetto a quello che molti di noi danno per scontato: il Natale coreano non è una festa familiare. Non c’è quella corsa frenetica di tutti che cercano di tornare nella propria città natale, come avviene per altre ricorrenze. Il motivo, in fondo, è molto semplice: la Corea ha già Chuseok e Seollal. Chuseok, spesso definito il “Thanksgiving coreano”, cade in autunno ed è il momento in cui le famiglie si riuniscono, preparano grandi pasti, rendono omaggio agli antenati. Seollal, il Capodanno lunare, cade fra gennaio e febbraio ed è un’altra occasione in cui si mangia insieme, si ci inchina agli anziani, si riceve denaro dai parenti. Anche i cristiani, pur rinunciando alle parti del rituale che prevedono l’inchino agli antenati, mantengono il ritrovo familiare e il banchetto come elementi culturali irrinunciabili.
Con due grandi festività così fortemente radicate nel tessuto familiare, non c’era bisogno di un “terzo appuntamento” centrato sulla casa e sui parenti. La Corea, però, è sempre molto pronta ad abbracciare nuove giornate dedicate alle coppie: nel calendario esistono già altre tre ricorrenze romantiche importanti, ma c’è sempre spazio per un’altra occasione per uscire, scambiarsi regali, farsi una foto abbracciati sotto le luci della città. E così, più che una festa incentrata sul calore domestico, il Natale è diventato “San Valentino con Babbo Natale”: una giornata pensata per gli innamorati, con la possibilità di estenderla agli amici più stretti, alle “found families”, a chi ha voglia di condividere un po’ di inverno e di luci in buona compagnia.
Questa impostazione si riflette anche nei regali. Lo scambio di doni non è centrale come in molti Paesi occidentali, dove la montagna di pacchetti sotto l’albero è quasi un simbolo irrinunciabile. In Corea del Sud i regali di Natale si fanno, ma in modo molto più contenuto. È raro che tutti i membri di una famiglia si scambino doni elaborati: spesso sono le coppie a farsi un pensiero, o gruppi di amici molto uniti. Nelle famiglie che celebrano in maniera più “classica”, il regalo più comune è il denaro, donato spesso la sera della Vigilia. Altri doni tipici sono le “esperienze”: una performance musicale preparata da qualcuno, una lettura di poesie, un momento di intrattenimento condiviso. Quando si regala un oggetto, viene sempre consegnato con entrambe le mani, come vuole l’etichetta coreana, in segno di rispetto.
Allo stesso tempo, il Natale è una festa fortemente commercializzata. I saldi iniziano presto, già da metà novembre nei grandi magazzini, e ogni acquisto può trasformarsi in un biglietto per partecipare a qualche estrazione di premi. Ci sono sconti ovunque, campagne pensate apposta per le coppie, promozioni online per chi preferisce non sfidare il freddo e lo shopping compulsivo a cielo aperto. In questo contesto, i prodotti più richiesti a Natale raccontano moltissimo dell’immaginario collettivo: calici da vino per brindare in due, profumi da regalare al partner, torte elaborate con decorazioni perfette per essere fotografate e un completo di lingerie rossa per la “festa in casa”. Bambini e persone non in coppia, in questa prospettiva, restano un po’ sullo sfondo, come se dovessero “accontentarsi” simbolicamente di un pezzo di carbone.
Lo scambio di regali tra partner è dato quasi per scontato, e questo spiega perché alcuni articoli specifici vadano a ruba: preservativi, biancheria intima sexy, prenotazioni nei love motel. Gli hotel più eleganti di Seoul propongono pacchetti natalizi pensati su misura per due: taglieri di formaggi, torte speciali, vino rosso, spettacoli jazz, cene raffinate a più portate. Chi non ha il budget per questi soggiorni da sogno può puntare sui love motel, alberghi economici con check-in serale, che la notte del 24 dicembre registrano il picco di presenze dell’anno e spesso si riempiono già con mesi di anticipo. Il Natale diventa così un intreccio di luci soffuse, calici tintinnanti, camere d’albergo e appuntamenti programmati al millimetro.
In questo quadro, c’è chi vive il Natale come pressione più che come piacere. Le coppie si sentono quasi obbligate a trasformare il 24 e il 25 in qualcosa di memorabile, mentre chi è single avverte addosso lo sguardo curioso o il sottotesto implicito di una festa che sembra fatta su misura per chi non è solo. C’è anche chi, proprio per questo, decide di “ribaltare” il copione e dedicare il Natale all’amicizia: uscire con gli amici, organizzare cene di gruppo, trasformare la festa in un momento per celebrare le relazioni che non rientrano nella categoria “coppia romantica”. Non tutti hanno voglia di inseguire l’appuntamento perfetto in una città invasa di luci e aspettative.
Sul piano più pratico, il Natale coreano è anche una questione di clima. In media, le temperature del periodo natalizio oscillano tra i 3°C come massima e i -7°C come minima. La neve il 25 dicembre non è impossibile, ma è rara: ci sono stati anni in cui Seoul si è svegliata sotto un soffice strato bianco, ma non è quello che succede di solito. Se per molti questo toglie un po’ di magia, per altri è solo un pretesto in più per cercare luci, mercatini e piste di pattinaggio dove costruirsi il proprio piccolo inverno da cartolina.
Anche le decorazioni raccontano bene il modo in cui la Corea ha fatto proprio il Natale. A dicembre, i principali distretti commerciali, Myeongdong, Dongdaemun e Gangnam si accendono di luci e ornamenti: ghirlande, installazioni luminose, alberi giganteschi nei centri commerciali decorati con palline scintillanti e addobbi ultra-moderni. La capitale si illumina di colori e riflessi, le strade diventano un susseguirsi di foto scattate, cappelli di Babbo Natale di plastica, coppie che si fermano a fare selfie davanti agli alberi più imponenti. I centri commerciali in queste zone competono a colpi di allestimenti spettacolari, e le decorazioni natalizie fanno da scenografia alle maratone di shopping.
Dentro casa, però, la situazione è più sfumata. Ghirlande, luci e alberi di plastica sono economici e facili da trovare, magari nel Daiso del quartiere, e molte famiglie religiose o meno amano comunque preparare un albero in salotto. Le decorazioni domestiche, però, non sono pervasive come in molti Paesi occidentali. Le case non si riempiono automaticamente di lucine colorate, e soprattutto sono molto più rare le decorazioni esterne, quelle facciate che da noi si trasformano in un tripudio di luci e figure luminose. Un motivo pratico è che molti coreani vivono in condomìni e appartamenti, che offrono poco spazio per addobbi all’aperto. Al posto delle decorazioni “classiche”, a volte si trovano ornamenti più tradizionali: pantofole di seta appese, piccoli tamburi, dettagli che mescolano simboli coreani e atmosfera invernale. La musica che accompagna tutto questo non è quella dei vecchi classici natalizi occidentali. Invece di “I’m Dreaming of a White Christmas” in sottofondo ovunque, a dominare sono le canzoni natalizie speciali pubblicate dai gruppi K-pop in questo periodo dell’anno. Brani che parlano di amori invernali, mani fredde che si scaldano l’una nell’altra, appuntamenti sotto la neve (vera o immaginata), luci e promesse per l’anno nuovo.
E Babbo Natale, in tutto questo, che ruolo ha? In Corea è una figura molto amata dai bambini, ma la sua presenza è legata soprattutto al marketing, alle campagne pubblicitarie, alle decorazioni. Viene spesso chiamato “nonno Santa”, Santa Haraboji, e appare ovunque: nelle vetrine dei negozi, nei centri commerciali, sui cartelloni. A volte indossa il classico completo rosso, altre volte viene rappresentato in blu o verde, oppure vestito con abiti tradizionali e il cappello nero gat della dinastia Joseon, in una fusione curiosa tra icona occidentale e immaginario storico coreano. Il suo ruolo non è tanto quello di “portatore di doni” in una notte magica per i bambini, quanto un simbolo stagionale, un volto sorridente che aiuta a vendere prodotti e a costruire l’estetica natalizia. Il cibo di Natale è un altro punto in cui la Corea si distanzia nettamente dai modelli occidentali. Tutte le varianti del grande pranzo natalizio tipico di alcune culture non fanno parte della tradizione culinaria locale. Ma a Seoul, soprattutto nel quartiere di Itaewon, non è difficile trovare bar e ristoranti che organizzano un pranzo di Natale “in stile occidentale”, magari su prenotazione. Molti coreani, però, non sentono minimamente il bisogno di replicare l’esperienza natalizia altrui.Il cibo invernale coreano ha davvero moltissimo da offrire: barbecue fumante, piatti come lo jjolmyeon e altre pietanze calde e confortanti che, in una serata fredda, hanno davvero poco da invidiare a qualsiasi tradizione “importata”.
Quando il Natale viene festeggiato in famiglia, la tavola si riempie di sapori classici coreani. Piuttosto che un grande arrosto, ci sono noodles di patata dolce, kimchi immancabile, piatti condivisi e ciotole che passano da una mano all’altra. Un piatto particolarmente amato, carico di simbolismo, è il tteok guk: una zuppa a base di torte di riso servite in un brodo chiaro, arricchita da carne o frutti di mare. Il brodo rappresenta un nuovo inizio, mentre le torte di riso rotonde ricordano delle monete e, per questo, sono collegate all’idea di prosperità per l’anno che sta per arrivare. Accanto a questa zuppa si possono trovare hotteok (frittelle dolci ripiene), mandu (ravioli coreani), patate dolci arrostite, tutti piatti che scaldano e profumano la casa. Le coppie, spesso, scelgono una strada diversa: invece di mettere a tavola tutta la famiglia, condividono il pasto solo tra loro o con gli amici, e riservano il Capodanno alla dimensione familiare più “classica”. Molti preferiscono uscire a cena nei ristoranti, soprattutto a Seoul, dove i buffet natalizi sono molto richiesti e vanno prenotati con un certo anticipo. Non esiste un piatto “ufficiale” del Natale coreano: l’importante è mangiare bene e sentirsi coccolati dall’atmosfera. Una costante, invece, è la torta di Natale, molto popolare fra le coppie. È il finale perfetto di una cena romantica o di una serata passata con gli amici.
Fuori casa, le possibilità per vivere il Natale a Seoul sono infinite. Ci sono le luci natalizie della Cattedrale di Myeongdong, che attirano credenti e curiosi con il loro gioco di ombre e colori. C’è Lotte World Adventure, che per l’occasione si trasforma con l’evento a tema “Miracle Winter”, regalando ai visitatori un parco divertimenti in versione natalizia, con decorazioni, spettacoli e, naturalmente, moltissime opportunità per scattare fotografie. In centro, a Seoul Plaza, spicca un grande albero di Natale affiancato da una pista di pattinaggio su ghiaccio, mentre ai piani interrati del COEX, dentro la Starfield Library, un gigantesco albero decorato diventa il protagonista indiscusso di migliaia di scatti. Poiché il Natale è festa nazionale, questi luoghi diventano inevitabilmente molto affollati. I punti che trasmettono la sensazione di “Natale” nel modo più immediato sono presi d’assalto da chi cerca lo spirito natalizio così come l’ha visto in film, serie tv e cartoline. Lotte World, con i suoi eventi tematizzati, è uno dei luoghi preferiti dalle coppie per trasformare il 24 o il 25 in una giornata speciale. Myeongdong, con le luci, i negozi e la sua aria internazionale, viene percepito come il posto ideale per un appuntamento di Natale, soprattutto alla Vigilia. Essendo una festività percepita come “occidentale”, anche quartieri come Itaewon, con la loro forte componente internazionale, sono particolarmente animati in questo periodo.
Inoltre, in città vengono allestite molte piste di pattinaggio all’aperto, alcune temporanee, altre ormai diventate un’istituzione. La pista davanti al Municipio si riempie in fretta, con file che possono durare ore. Chi non ha voglia di aspettare al freddo sceglie semplicemente di restare a casa, accoccolato con il partner o con gli amici davanti al fuoco (o, più realisticamente, a una stufetta), perché in fondo non c’è niente di più romantico di una serata al caldo mentre fuori l’aria punge. Per le famiglie con bambini ci sono anche pendii temporanei per slittini, spesso montati nelle aree urbane per rendere l’inverno più divertente. Le piste possono essere grandi e davvero spassose, e andare con i più piccoli a provare lo slittino diventa un appuntamento quasi obbligato se ci si trova in Corea in questo periodo. E poi ci sono le montagne: la Corea è un Paese molto montuoso e ospita numerose località sciistiche, molte delle quali abbastanza vicine a Seoul da permettere una gita in giornata. Alcuni resort hanno piste aperte anche in orario notturno, ideali per chi sogna un “bianco Natale” e vuole inseguire davvero la neve, sapendo però che dovrà condividerla con moltissime altre persone. Prenotare in anticipo è quasi d’obbligo.
Non mancano nemmeno le occasioni per chi vuole immergersi nell’atmosfera natalizia attraverso le tradizioni più “classiche”. C’è chi organizza una festa di canti natalizi con gli amici la sera della Vigilia, soprattutto tra gli stranieri che sentono la nostalgia delle loro abitudini. I gruppi possono andare porta a porta nei quartieri residenziali, cantando alle famiglie per metterle di buon umore. Non serve avere una voce particolarmente intonata: è lo spirito di condivisione a rendere speciale il momento. Lo shopping, come sempre, è un capitolo a parte. Anche se non ci si scambia una valanga di regali con amici e parenti, moltissime persone comprano qualcosa per il proprio partner. Le vie dello shopping si riempiono di saldi, cartelloni, promozioni a tema, e i negozi sfruttano appieno il potere di Babbo Natale, delle luci e della musica per convincere i passanti a varcare la soglia. Chi non ha voglia di affrontare il freddo o la folla può sempre rifugiarsi in casa, guardare programmi e film natalizi in tv, magari con una coperta sulle gambe e una tazza calda in mano. Online, le offerte non mancano, e anche lì il Natale diventa un pretesto perfetto per riempire il carrello.
Un modo più delicato e intimo per condividere lo spirito natalizio è quello dei biglietti di auguri. In Corea, i biglietti natalizi sono facili da trovare e costano spesso meno rispetto ad altri Paesi. Molti hanno motivi naturali: paesaggi innevati, alberi, scenari tranquilli che possono piacere a persone di età e gusti diversi. Spedirli ad amici e familiari è un gesto semplice ma significativo; chi li riceve sa che è stato pensato, ricordato, e magari risponde con un biglietto a sua volta. È una forma di scambio che non passa necessariamente attraverso grandi spese, ma che mantiene comunque vivo il filo delle relazioni. Ci sono poi le fiere e i mercatini di Natale, che in Corea non raggiungono le dimensioni e la fama dei mercatini europei, ma hanno comunque il loro fascino. Se si guarda il Natale in Corea del Sud dall’esterno, può sembrare una copia un po’ rielaborata di un Natale “classico”: luci, Babbo Natale, canzoni, alberi, grandi magazzini pieni di gente. In realtà, sotto la superficie, la storia è diversa. Il Natale è arrivato in Corea come festa nazionale prima ancora che il cristianesimo fosse davvero presente tra la popolazione. Nel tempo, è diventato un giorno per uscire, divertirsi e consumare, filtrato attraverso la lente di un Paese che ha già due grandi feste familiari e una lunga serie di date romantiche nel calendario.
Oggi, se per te il Natale è soprattutto famiglia, divertimento e buon cibo, la Corea del Sud può offrirti tutti e tre, ma a modo suo. Puoi ritrovare un po’ di “casa” cercando un pranzo occidentale in un ristorante di Itaewon, oppure decidere di lasciarti completamente alle spalle il bisogno di replicare ciò che conosci e buttarti nelle differenze: provare il tteok guk per sentirti simbolicamente all’inizio di qualcosa di nuovo, chiudere la cena con una torta alla panna e fragole, prendere un biglietto per il pattinaggio a Seoul Plaza, camminare tra le luci di Myeongdong, scegliere una pista da sci per inseguire la neve, mandare biglietti di auguri a chi è lontano, o semplicemente tenere per mano qualcuno mentre guardi le decorazioni dei grandi magazzini.
Natale in Corea del Sud non è la festa “più importante dell’anno”, ma è una pausa, un respiro, un’occasione per rallentare e godersi, almeno per un giorno, la combinazione bizzarra di consumismo, romanticismo, luci invernali e significati religiosi che si intrecciano senza mai sovrapporsi del tutto. Un 25 dicembre che, invece di assomigliare al nostro, ha scelto la sua strada: meno presepi, più appuntamenti; meno regali sotto l’albero, più pacchetti condivisi al ristorante; meno ritorni al paese d’origine, più camere d’albergo prenotate; meno “tradizione” nel senso in cui la intendiamo noi, ma comunque un suo modo riconoscibile di tenere insieme persone, desideri e ricordi.
