Quando si parla di Corea, una delle prime immagini che affiorano è quella delle sue leggende antichissime, tramandate di generazione in generazione come fili luminosi che uniscono passato e presente. Fra tutte, il mito della creazione e la leggenda del regno di Gojoseon sono le più radicate nella memoria collettiva. Due racconti diversi, eppure profondamente intrecciati, che spiegano non solo le origini del Paese, ma anche i valori che ancora oggi permeano la cultura coreana.
Il mito della creazione coreana
L’arrivo sulla Terra
Hwan-ung discese sulla sommità del monte Baekdu, nei pressi di un maestoso albero di sandalo, un punto considerato sacro e carico di energia vitale. Lì fondò la sua città, Asadal, destinata a diventare il primo centro del nuovo ordine terreno.
Per governare gli esseri umani, Hwan-ung istituì 360 dipartimenti, ciascuno dedicato a un aspetto essenziale della vita: la salute, la malattia, il bene, il male, la caccia, la pesca, l’agricoltura e tutto ciò che determinava la sopravvivenza delle prime comunità. Al suo fianco, gli spiriti del Vento, della Pioggia e delle Nuvole simboleggiavano le condizioni atmosferiche che plasmavano quotidianamente la vita dei popoli della penisola coreana.
La prova dell’orso e della tigre
- L’aglio, da sempre considerato un cibo purificatore e protettivo, compare ancora oggi in quasi tutti i piatti coreani.
- L’artemisia, usata in dolci e zuppe, è nota per le sue proprietà medicinali e simboliche.
La prova era un rito di purificazione: corpo, spirito e volontà.
Ung-nyeo, la pazienza e il desiderio di una famiglia
La leggenda racconta che Ung-nyeo, pur diventata umana, fosse infelice: desiderava un figlio da crescere, una famiglia che le desse un posto nel mondo. Pregò ancora una volta ai piedi dell’albero sacro.
Hwan-ung, colpito dalla sua purezza d’animo e dalla sua resilienza, scelse di sposarla. Dalla loro unione nacque Dangun Wanggeom, conosciuto come “il Re del Sandalo”, destinato a diventare il fondatore leggendario della Corea.
Ung-nyeo rappresenta ancora oggi due valori culturali profondissimi:
- la perseveranza come virtù suprema,
- il ruolo simbolico della maternità nella narrativa antica, vista come creazione e continuità della comunità.
Il regno millenario di Dangun e il suo lascito
Alla sua morte, Dangun non scomparve: si trasformò in San-shin, lo spirito della montagna, custode immortale delle vette e delle foreste coreane. Ancora oggi, molti santuari dedicati a San-shin si trovano sui monti della penisola, e la montagna stessa continua a essere vista come un luogo sacro e protettivo.
La leggenda di Gojoseon: il primo regno coreano
Il termine stesso “Go-Joseon” significa “Antico Joseon”, e viene usato per distinguere il regno mitico da quello storico sorto molto dopo.
Dangun è visto come:
- un re-sacerdote, che governa e allo stesso tempo funge da ponte con il divino;
- figura simbolica dell’identità nazionale, soprattutto per la narrativa tradizionale;
- primo sovrano del popolo coreano nel mondo mitologico.
Il calendario di Dangun, ancora ricordato in alcuni contesti simbolici, parte proprio da questa data leggendaria.
Il significato profondo di questi miti
- Perseveranza: Ung-nyeo che resiste nella caverna.
- Purezza e sacrificio: la prova con aglio e artemisia.
- Legame con la natura: spiriti del clima, montagne sacre, sandalo profumato.
- Ordine e armonia: i dipartimenti di Hwan-ung che incarnano l’organizzazione del mondo.
- Identità: Dangun come sovrano-sacerdote, metà umano e metà divino.
