3 giugno 2025

La vera storia dietro ai drama: Tra spiriti, dèi e destini – Quando l’amore attraversa il tempo e la morte

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C’è una linea sottile tra ciò che è reale e ciò che ci ostiniamo a sentire.
In Corea, questa linea ha il volto dei drama. E nei drama, gli spiriti camminano accanto a noi, gli dèi piangono, i fantasmi cercano risposte, e l’amore… non muore mai.

Faith – The Great Doctor, Arang and the Magistrate, A Korean Odyssey e Goblin (insieme a Black) non sono semplici serie. Sono racconti sospesi, leggende moderne, dove la storia incontra il mito, e la morte è solo l’inizio.

🗡 Faith – The Great Doctor – La leggenda del portale

Un chirurgo dei giorni nostri, un generale del Goryeo, un portale nel tempo.
La trama sembra un sogno, ma parte da fatti realmente esistiti: il generale Choi Young e il re Gongmin sono figure storiche, così come la moglie del re, la regina Noguk, una principessa mongola.

Nel drama, si immagina che la guaritrice della regina sia una dottoressa del XXI secolo, rapita attraverso un varco spazio-temporale. Il cuore della storia, però, resta lo stesso: la fiducia tra guerriero e guaritore, tra cuore e ragione. Un amore che cresce lentamente, mentre intorno il regno trema.

È una serie che, più che giocare con il tempo, cura le ferite di due epoche attraverso un’unica connessione.

🌙 Arang and the Magistrate – La giustizia degli spiriti

Basata su una leggenda realmente tramandata a Miryang, la storia di Arang parla di una ragazza uccisa e lasciata senza giustizia. La sua anima, irrequieta, vagava per il mondo finché un magistrato decise di indagare e darle finalmente pace.

Nel drama, Arang è uno spirito testarda e adorabile, e il magistrato Eun Oh è l’unico in grado di vederla. Tra loro nasce qualcosa di speciale, mentre cercano la verità sulla sua morte.

Un fantasy storico che si muove tra umorismo, malinconia e poesia, ricordandoci che i morti non chiedono vendetta, ma verità.

🔥 A Korean Odyssey – L’amore di una vita, e di mille vite

Ispirato al romanzo classico cinese Il Viaggio in Occidente, il drama reinventa i personaggi mitologici in chiave moderna. Il protagonista è Son Oh Gong, una divinità potente e arrogante, condannata a proteggere Jin Seon Mi, una ragazza speciale che può vedere gli spiriti.

La loro relazione è costruita su una contraddizione: Oh Gong la ama, ma solo perché un incantesimo lo obbliga. O forse no?

Il drama è un perfetto equilibrio tra comicità e tragedia, con demoni moderni, dèi caduti e un messaggio struggente: può l’amore essere vero, se è imposto dal destino?

🌌 Goblin & Black – La bellezza della morte

In Goblin, un guerriero immortale, condannato a vagare sulla Terra, aspetta la sua sposa, l’unica in grado di porre fine alla sua vita eterna.
In Black, un grim reaper prende il corpo di un detective e si ritrova a proteggere una ragazza in grado di vedere la morte.

Due storie diverse, ma con lo stesso respiro: la morte non è il contrario dell’amore. È solo il suo confine.

Goblin è poesia visiva. Un racconto dolceamaro sulla solitudine dell’immortalità, sulla gratitudine, sulla bellezza del ricordo.
Black è più cupo, più ruvido, ma altrettanto emozionante: qui la morte non è solo fine, ma strumento per proteggere ciò che vale.


✨ Spiriti, dèi, amori impossibili: il mito diventa drama

Questi drama non sono fantasy nel senso occidentale. Non cercano l’azione, ma l’anima.
Ci parlano di ciò che resta invisibile agli occhi: la lealtà, il dolore, il rimorso, il legame che non si spezza nemmeno con la morte.

  • Faith ci insegna che l’amore cura anche attraverso il tempo.

  • Arang ci mostra che la verità è più forte dell’oblio.

  • A Korean Odyssey ci chiede se possiamo amare davvero, anche quando tutto ci è contro.

  • Goblin e Black ci lasciano un brivido: forse non moriamo mai, finché qualcuno ci ama ancora.

Queste storie non vogliono farti credere agli spiriti.
Vogliono solo ricordarti che anche quando sembra finita… qualcosa resta.


Le cose che vorrei vedere di meno nei kdrama

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Oggi parliamo a cuore aperto di quei cliché, situazioni e scelte narrative che, almeno per me, nei kdrama potrebbero davvero iniziare a sparire. Non me ne vogliate, li amo profondamente... ma proprio perché li amo, mi permetto anche di criticarli! Iniziamo.

1. Prese di polso e baci forzati - Vedere ancora oggi (era il 2019 quando scrissi questo punto, ma vale ancora nel 2025 purtroppo) certe scene è semplicemente imbarazzante. Arcaico. Mi fa arrabbiare. Romanticizzare una forzatura o una mancanza di consenso è qualcosa che davvero non riesco più a tollerare. La narrativa dovrebbe evolversi, non restare ancorata a dinamiche tossiche mascherate da “passione”.

2. Considerare la protagonista come “mia” - L’amore possessivo non è romantico, è tossico. Punto. Rappresentarlo come desiderabile in una storia d’amore è diseducativo, soprattutto in un medium così seguito da persone giovani. Le persone non sono oggetti. Non si possiedono. Le cose si possiedono, non gli esseri umani.

3. Meno cliché, più fantasia - Sì, lo so che i cliché sono la linfa dei drama… ma non si potrebbe, ogni tanto, trovare un modo alternativo per far succedere le cose? Alcuni drama riescono a proporre sviluppi originali, ma sono ancora troppo pochi. Quella sensazione di “so già cosa accadrà” inizia a diventare stancante.

4. Tira e molla eterno - Questa è una prerogativa soprattutto dei drama un po’ più datati, ma ogni tanto fa capolino ancora oggi. Mi viene subito in mente The Greatest Love: i protagonisti fanno avanti e indietro per tutte e 16 le puntate. Arriva un punto in cui ti sale la frustrazione e vorresti spaccare la testa a uno dei due (con affetto, ovviamente).

5. Lieto fine solo all’ultimo secondo - Un’intera serie fatta di sfighe, drammi evitabili, decisioni discutibili… e poi puff! Ultimi 10 minuti del sedicesimo episodio: pace, amore e baci sotto la pioggia. No, non ci sto. Il lieto fine, se proprio lo vogliamo, deve avere il suo spazio e la sua costruzione, non essere una toppa appiccicata in fretta perché “dobbiamo chiudere tutto in fretta”.

6. Second lead destinati alla tristezza eterna - Basta. Basta con questi second lead che sono l’uomo perfetto (gentile, presente, maturo), ma che devono per contratto rimanere da soli a struggersi. Se proprio deve esserci un triangolo amoroso, perché non dare al second lead una storyline amorosa vera, magari che inizia a metà drama e si sviluppa poco a poco? E no, non mi riferisco alla ragazza che incontra nei 5 minuti finali con cui magicamente “tutto va bene”. Voglio una vera sottotrama. Meritano anche loro.

7. Problemi inutili trascinati per metà drama - Ci sta che ci siano incomprensioni, ostacoli, tensioni. Ma quando un problema che si potrebbe risolvere con una telefonata viene trascinato per 5-6 episodi, mi scende la voglia di andare avanti. Un tempo sopportavo in silenzio... ora invece me ne lamento con chiunque ascolti.

8. Finali affrettati - Odio. I finali affrettati sono una delle cose che più mi fanno storcere il naso. Tutto risolto in 10 minuti, dopo ore e ore di drammi e complessità? No grazie. Amo i finali che si prendono il tempo per raccontare la fine della storia, che mostrano come si evolve la vita dei personaggi dopo il climax. Non le soluzioni sbrigative che sembrano un “ciao, grazie, ci vediamo alla prossima serie”.

9. Meno belli, più bravi - Questo è un punto dolente. In Corea, la TV ha ancora dei canoni estetici molto rigidi: se non sei giovane e bellissimo, difficilmente avrai un ruolo da protagonista. È tutto basato sull’immagine, molto più che sul talento. Al cinema è diverso: lì si cerca davvero la qualità attoriale, e infatti molti attori bravissimi si vedono solo lì. Nei drama invece si punta più sull'estetica che sulla recitazione, e questo è un peccato. Personalmente, preferisco un attore o un’attrice magari meno “perfetto/a” ma capace di emozionare, piuttosto che qualcuno di bellissimo ma con una gamma espressiva degna di un manichino.

Queste sono solo alcune delle cose che mi fanno storcere il naso mentre guardo i miei amati drama. Li continuerò a guardare, certo, ma con quel piccolo pizzico di speranza che un giorno queste dinamiche cambino... almeno un po’. E voi? Cosa vorreste vedere di meno nei K-Drama?

Le Concubine Reali nella Dinastia Joseon: tra dovere, potere e destino

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Quando pensiamo ai drammi storici coreani, spesso ci vengono in mente immagini di re circondati da numerose concubine, ognuna intenta a conquistare il favore del sovrano. Ma qual era la realtà dietro queste rappresentazioni? Nella dinastia Joseon, la presenza di concubine reali non era solo una questione di piacere, ma rispondeva a esigenze politiche e dinastiche ben precise.

Un sistema regolamentato

Fin dalla fondazione della dinastia Joseon, si cercò di adattare i modelli antichi alla nuova realtà. Secondo i testi classici cinesi, un imperatore doveva avere un certo numero di consorti e concubine per garantire la prosperità della dinastia. Tuttavia, essendo Joseon un regno e non un impero, si adottò un sistema più contenuto. Ad esempio, il re Taejong stabilì un sistema con una concubina di titolo Bin e due con il titolo Ing.

Un dovere dinastico

La principale funzione delle concubine era quella di garantire la continuità della linea reale. Anche re Sejong, nonostante avesse già sei figli dalla regina Soheon, fu persuaso a prendere concubine per assicurare ulteriori discendenti. Questo dimostra come, al di là dei sentimenti personali, le esigenze dello Stato prevalessero.

 Intrighi e gelosie

Tuttavia, la presenza di concubine non era priva di tensioni. La storia della principessa ereditaria Lady Bong ne è un esempio. Gelosamente attaccata al marito, il principe ereditario (futuro re Munjong), non accettò la presenza delle concubine scelte per lui. Quando una di esse rimase incinta, Lady Bong sperò che il bambino non fosse un maschio, temendo di perdere il favore del marito. Questo atteggiamento portò alla sua deposizione, mostrando quanto fosse delicato l'equilibrio all'interno della corte.

Status e gerarchie

Le concubine selezionate ufficialmente (gantaek hugung) godevano di uno status elevato, spesso provenendo da famiglie aristocratiche. Al contrario, le concubine favorite (seungeun hugung), scelte direttamente dal re, potevano provenire da origini più umili. Questa distinzione influenzava non solo la loro posizione a corte, ma anche il trattamento riservato ai loro figli.

Eredità e successione

I figli delle concubine, sebbene non sempre considerati per la successione, potevano salire al trono in assenza di eredi legittimi. Un esempio è re Yeonsangun, figlio della concubina Deposed Queen Yoon, che salì al trono dopo la morte del fratellastro. Tuttavia, la sua ascesa fu segnata da controversie e instabilità.


La vita delle concubine reali nella dinastia Joseon era un intreccio di doveri, ambizioni e sacrifici. Dietro ogni titolo e cerimonia si celavano storie di donne che, pur senza una corona, influenzarono profondamente la storia del loro tempo.

Fonte: https://thetalkingcupboard.com/2021/01/03/joseon-kings-and-their-royal-concubines/