16 giugno 2025

La vera storia dietro al drama: Korea–Khitan War

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Ci sono serie che guardi con leggerezza, lasciandoti cullare da una storia romantica, e altre che ti piombano addosso come un’eco lontana di qualcosa di molto più grande. Korea–Khitan War non è un semplice drama storico. È una rievocazione imponente di un’epoca dimenticata, che mescola onore, strategia, sangue e identità nazionale. Dietro le armature scintillanti, le battaglie epiche e i silenzi solenni dei protagonisti, c'è una storia vera. Ed è una storia che merita di essere raccontata.

La serie, trasmessa tra il 2023 e il 2024 su KBS2 e poi approdata anche su Netflix e altre piattaforme, nasce come adattamento del romanzo Goryeo–Khitan War: Sweet Rain in the Winter, pubblicato nel 2018 da Gil Seung-soo. Prodotta per celebrare il 50° anniversario di KBS, questa epopea vede tra i protagonisti Kim Dong-jun nei panni del giovane Re Hyeonjong, affiancato da Choi Soo-jong, che interpreta il leggendario generale Gang Gam-chan. Il risultato? Un drama sontuoso, che non si limita a ricostruire i fatti, ma ci porta nel cuore pulsante di un conflitto dimenticato: la guerra tra il regno di Goryeo e la dinastia dei Khitan.

Ma chi erano davvero questi uomini? E perché, mille anni fa, la penisola coreana si è trovata a fronteggiare uno dei momenti più critici della sua storia?

Quando la storia bussa alla porta

La storia vera inizia nel cuore del X secolo, quando il regno di Goryeo – sorto dalle ceneri dell’antica Silla – si trovò a riorganizzare un’identità nazionale frammentata. Da nord incombeva una nuova minaccia: la dinastia Liao, guidata dai Khitan, un popolo nomade potente e ambizioso che aveva già conquistato il regno di Balhae, costringendo il suo principe ereditario e molti rifugiati a cercare asilo proprio a Goryeo.

Quel gesto di accoglienza, compiuto dal fondatore Taejo di Goryeo, non fu solo un atto umanitario, ma un’affermazione politica: “voi siete nostri fratelli, questo è anche il vostro regno”. Un’affermazione che avrebbe portato conseguenze durature.

Quando, nel 942, i Khitan inviarono in dono cinquanta cammelli a Goryeo, la risposta fu fredda, letterale. I cammelli furono abbandonati a morire sotto un ponte. E fu lì che la tensione divenne irreversibile.

Perché ci siamo tutti innamorati degli attori coreani (e perché non smetteremo mai di farlo)

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Avete mai provato a contare quanti attori coreani amate? No, davvero. Provateci. Usate pure le dita delle mani e dei piedi. Finito? Bene. Ora aggiungetene altri venti. E forse ne mancherà ancora qualcuno.

È un dato di fatto: la Corea del Sud ha conquistato il mondo. Prima con il K-pop, poi con i K-drama, e ora con un esercito di attori talmente carismatici, belli da togliere il fiato e capaci di commuoverci con una sola espressione silenziosa, da farci dimenticare qualsiasi altra produzione televisiva esistente.

Ma qual è il loro segreto? Semplice: talento, passione e una straordinaria capacità di farci sentire tutto, anche senza dire nulla. Dietro ogni scena di pianto c’è una verità emotiva. Dietro ogni sorriso spezzato, un dolore che riconosciamo. E anche se alcuni nomi li conosciamo a memoria, ogni volta che iniziamo un nuovo drama... ecco che si aggiunge un altro volto da tenere nel cuore.

In questo articolo non troverete una semplice lista di nomi. No, non sarebbe da me. Questo è un viaggio dentro le storie, i volti, i successi e le fragilità di alcuni tra gli attori coreani più amati e popolari. Alcuni sono dei veri e propri veterani, altri li avete visti crescere sullo schermo. Alcuni vi faranno tornare a vecchi ricordi, altri vi faranno aggiungere una nuova serie alla watchlist ancor prima di finire di leggere.

Pronti a perdere di nuovo la testa? Bene. Si parte.

Perché sono più grande in Corea?

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Una delle curiosità più affascinanti sulla Corea del Sud – e che spesso lascia un po’ spiazzati – è legata al modo in cui viene calcolata l’età. In poche parole, in Corea sei più vecchio. Di uno, a volte anche di due anni.

No, non è un errore di matematica, né un effetto collaterale del jet lag culturale. È semplicemente un modo diverso di concepire il tempo e la vita.

La regola base: si nasce già con 1 anno

Nel sistema tradizionale coreano, quando nasci hai già un anno. Questo perché si tiene conto anche dei mesi trascorsi nel grembo materno: la vita, simbolicamente, comincia prima della nascita. Quindi, il giorno in cui vieni al mondo, hai già 1 anno.

La seconda regola: si invecchia tutti insieme il 1° gennaio

Un’altra particolarità è che tutti invecchiano insieme a inizio anno, indipendentemente dalla propria data di nascita. In Corea, infatti, non si aspetta il compleanno per aggiungere un anno, ma si fa il “salto” direttamente il 1° gennaio.

Risultato? Un bambino nato il 30 dicembre, ad esempio, compie due anni il 1° gennaio successivo... pur avendo solo due giorni di vita effettivi.

Come calcolare la tua età coreana

Per capire quanti anni "hai" in Corea, puoi usare una formula semplice:

(Anno attuale - Anno di nascita) + 1 = Età coreana

Oppure:

  • Se hai già festeggiato il compleanno quest’anno: aggiungi 1 anno alla tua età attuale.

  • Se non l’hai ancora festeggiato: aggiungi 2 anni.

Semplice? Abbastanza. Anche se all’inizio può disorientare.

Ma perché è così importante?

In Corea, l’età non è solo un numero. È un indicatore sociale. Determina il modo in cui le persone si rivolgono a te, il tipo di linguaggio che usano, il grado di rispetto che ti viene attribuito, persino certe dinamiche lavorative o relazionali.

È il motivo per cui, quando si fa conoscenza con qualcuno in Corea, una delle prime domande è: “In che anno sei nato?”
Perché da lì si capisce subito “chi sei” nella gerarchia sociale.

Il trucco per non sbagliare

Se ti capita di interagire con qualcuno che usa il sistema coreano, e non vuoi impazzire con i calcoli, c’è una scorciatoia infallibile: basta dire il tuo anno di nascita. Con quello, chi ti ascolta sarà in grado di fare tutti i conti da solo – e saprà subito se deve darti del “tu” o usare un registro più formale.


Se ti sembrava già difficile invecchiare un anno alla volta… pensa com'è farlo due volte senza nemmeno accorgertene. In Corea, succede davvero.