6 luglio 2025

I giochi dell’infanzia coreana: un ponte tra tradizione, ricordi e Squid Game

Nessun commento:

Ho scritto questo articolo ispirandomi al recentissimo post sul blog che parlava dei giochi di Squid Game, dalla prima alla seconda stagione. Leggendolo, mi sono ricordata di quanto quel drama non fosse solo una critica sociale travestita da thriller, ma anche un sorprendente viaggio attraverso l’infanzia coreana. Perché dietro la tensione e il sangue, c’erano i giochi. E quei giochi, così semplici ma profondamente simbolici, raccontano molto più della cultura coreana di quanto sembri.

Così oggi voglio portarvi con me in questo viaggio tra i giochi tradizionali dell’infanzia coreana, quelli che magari sono sfuggiti ai più tra le scene di Squid Game, o che semplicemente vivono fuori dallo schermo, tramandati nei cortili, nei festival e nei ricordi di famiglia.

Jegichagi (제기차기) – Il volo leggero di un sogno

Immaginate un sacchetto leggero che fluttua nell’aria, e un piede che cerca di tenerlo su, con equilibrio e grazia. Jegichagi è un po’ come il nostro calcio al volano, ma ha una lunga storia che risale addirittura alla dinastia Goryeo (918–1392). Si gioca con un piccolo oggetto – a volte una moneta, a volte un sacchetto di carta – da colpire solo con il piede, mantenendolo sospeso il più possibile. Non c’è bisogno di tecnologia o campi da gioco, solo spazio per saltare su una gamba e la voglia di divertirsi.

Yutnori (윷놀이) – L’arte dell’astuzia nel Capodanno coreano

Tra i giochi più amati durante il Seollal (Capodanno lunare) e il Chuseok, le due feste più importanti in Corea, c’è Yutnori, un gioco da tavolo antichissimo. Si tirano quattro bastoncini di legno e si muovono le pedine secondo il risultato, cercando di battere l’avversario con strategia. È un gioco di famiglia, di risate attorno al tavolo, di genitori che spiegano ai figli le regole tramandate da secoli.

Mugunghwa kkoch-i pieotseumnida (무궁화 꽃이 피었습니다) – Il gioco della camelia, senza armi

Chi ha visto Squid Game lo conosce come Red Light, Green Light, con la gigantesca bambola robot e l’atmosfera da brividi. Ma nella realtà, questo gioco è molto più pacifico e poetico. I bambini si siedono in cerchio e recitano “Il fiore dell’ibisco è sbocciato”, celebrando così il fiore nazionale coreano. Nessuno viene eliminato, al massimo si ricomincia a ridere.

Ddakjichigi (딱지치기) – Il primo colpo che decide tutto

È con questo gioco che Squid Game inizia davvero. Un semplice pezzo di carta piegata diventa arma e scudo. Lo scopo? Far capovolgere quello dell’avversario con un colpo secco. Sembra banale, ma richiede precisione, tecnica e tanta, tanta pratica. Nelle scuole coreane è una vera e propria sfida d’onore.

Ojingeo Geim (오징어게임) – Il vero “Squid Game”

Sì, esiste davvero. Si gioca disegnando un’enorme figura di calamaro a terra (composta da cerchio, quadrato e triangolo), e i partecipanti devono attaccare o difendere. È un gioco di lotta e strategia, un mix tra scacchi e corsa, che ha dato il nome e l’ispirazione alla serie Netflix che ha conquistato il mondo.

Paengi (팽이) – La danza delle trottole

Chi non ha mai fatto girare una trottola da bambino? In Corea, Paengi è molto più di un semplice passatempo: alcune trottole sono vere e proprie opere d’arte, dipinte a mano e conservate come cimeli. Durante le festività, le gare tra paengi diventano momenti di festa e competizione gioiosa.

Biseokchigi (비석치기) – Colpire il passato

Giocato spesso durante le visite alle tombe degli antenati, Biseokchigi è un gioco in cui si tirano bastoncini verso un bersaglio che rappresenta simbolicamente una lapide. Un modo per onorare il passato con rispetto ma anche con leggerezza, fondendo gioco e memoria.

Tuho (투호) – Mira, concentrazione, precisione

Molto diffuso durante i festival, Tuho è un gioco semplice ma elegantissimo: si devono lanciare bastoncini in un contenitore stretto e lungo. È una prova di precisione, ma anche di calma. C’è qualcosa di quasi meditativo in quei gesti ripetuti e silenziosi.

Gomujul Nori (고무줄놀이) – Geometrie di gomma

Con un lungo elastico, spesso annodato tra due sedie o tenuto da due bambini, si possono creare infinite figure e coreografie. Si salta, si incrocia, si disegna nell’aria. È un gioco tanto fisico quanto creativo, dove l’estetica delle forme è importante quasi quanto la vittoria.

Gonggi (공기) – Il ritmo dei sassi

Cinque sassolini colorati, una mano, e il ritmo giusto. Si lancia un sassolino in aria e, nel frattempo, si raccolgono gli altri da terra prima che ricada. Richiede concentrazione e destrezza, ma dà grande soddisfazione. È un gioco di precisione, da fare ovunque, persino sul banco di scuola.

Juldarigi (줄다리기) – La forza della squadra

È la classica “tiro alla fune”, ma con una lunga storia anche in Corea. Due squadre si sfidano tirando una corda spessa: vince chi riesce a trascinare l’altra oltre una linea. È un gioco che si basa sulla forza, sì, ma anche sulla coordinazione, sulla fiducia reciproca e sulla voglia di vincere insieme.


Giochi semplici, ma mai banali

In coreano, “giochi dell’infanzia” si dice 어린 시절 게임 (eorin sijeol geim), ma queste parole racchiudono molto di più di semplici passatempi. Racchiudono tradizione, comunità, famiglia. Racchiudono pomeriggi assolati e risate tra amici, gesti ripetuti da secoli, modi diversi di imparare a stare insieme.

Molti di questi giochi sembrano semplici, eppure sono carichi di significato. Non sono solo per bambini: anche da adulti, ci si può perdere nella bellezza di una trottola che gira, nel suono di un ddakji che batte sul pavimento, o nel sorriso di chi riesce a centrare il tuho al primo colpo.

Se volete davvero entrare in contatto con la cultura coreana, provate a giocare. Magari con Gonggi, o con un semplice “fiore dell’ibisco è sbocciato”. Perché, in fondo, dentro ogni gioco, si nasconde un pezzetto di cuore. E quel cuore, in Corea, batte da secoli.

Fonte: https://ling-app.com/ko/korean-childhood-games/

Squid Game – Tutti i giochi della prima e della seconda stagione spiegati (e vissuti)

Nessun commento:

 

Chi ha guardato Squid Game almeno una volta sa bene che non si tratta solo di un drama. È una metafora tagliente del mondo in cui viviamo, un grido disperato travestito da spettacolo. È un gioco dove si ride con i ricordi dell’infanzia… e si piange per la crudeltà degli adulti. È nostalgia e condanna sociale. E tutto ruota attorno a una cosa sola: i giochi.

In questo articolo ho voluto raccogliere e raccontare tutti i giochi delle due stagioni di Squid Game, spiegandoli con attenzione, ma anche rivivendoli per ciò che rappresentano davvero: un modo per parlare di noi, delle nostre scelte, delle nostre paure e speranze. Dai più innocenti giochi da cortile coreani, fino alla disumanità silenziosa che si cela nei meccanismi del potere.


🟥 PRIMA STAGIONE – La crudeltà nascosta nei giochi dell’infanzia

1. Ddakji – Il gioco del reclutamento

Un semplice gioco con due tessere di carta origami, da lanciare con forza per ribaltare quella dell’avversario. Chi perde, viene preso a schiaffi. È così che inizia tutto. È così che viene “addestrata” l’umiliazione. Perché Squid Game non ti porta solo a perdere la dignità, ti fa abituare a perderla con un sorriso. È il primo passo per capire chi è disposto a soffrire pur di vincere.

2. Uno, due, tre… stella!

O, meglio, “Mugunghwa kkotchi pieosseumnida” – “il fiore d’ibisco è sbocciato”. Un gioco da bambini che diventa una trappola mortale. Una bambola gigante, occhi con sensori di movimento, e una sola regola: se ti muovi, muori. Qui impariamo che la fiducia può costarti la vita. E che a volte è proprio mentre giochi che il mondo ti tradisce.

3. Dalgona (Caramel)

Una sfida apparentemente innocua: intagliare una figura perfetta da un disco di zucchero caramellato senza romperlo. Ma cosa succede quando la pazienza è l’unica arma che ti salva la vita? Succede che anche il dolce diventa amaro. Il protagonista, Gi-hun, ci insegna che l’ingegno – persino una lingua umida – può essere più potente della forza.

4. Tiro alla fune (Tug of War)

Una battaglia di squadra, ma su un ponte sospeso nel vuoto. Si vince tirando, ma si sopravvive solo se si ha strategia. Una vecchia volpe come Il-nam ci ricorda che la forza bruta non serve a nulla se non sai quando resistere e quando cedere. È una danza tra collaborazione e sopravvivenza. Un insegnamento sulla fiducia e sull’equilibrio.

5. Le biglie (Marbles)

Qui si spezza davvero qualcosa: il cuore. Non conta il gioco – che sia pari o dispari, colpire un buco, o indovinare. Conta chi hai davanti: il tuo amico, il tuo alleato, il tuo “gganbu”. Ed è proprio per questo che è uno degli episodi più dolorosi. È il momento in cui i legami diventano condanne e le promesse si infrangono in una manciata di biglie.

6. Il ponte di vetro

Un’illusione di scelta. Due pannelli di vetro davanti a te, uno regge il peso, l’altro no. Sedici passi verso la morte, in equilibrio tra intuizione e disperazione. È il gioco che grida più forte l’ingiustizia del sistema: chi parte per primo, muore quasi sempre. Chi arriva alla fine, lo deve alle cadute degli altri.

7. Il Gioco del Calamaro (Squid Game)

L’ultima sfida. Il più simbolico. Un gioco per bambini che si trasforma in lotta all’ultimo sangue. Si corre, si salta su una figura disegnata a terra, si prova a entrare nella “testa del calamaro”. Ma non è solo un gioco: è uno specchio. Un campo da guerra disegnato con il gesso, dove il finale non è mai davvero una vittoria.


🟥 SECONDA STAGIONE – Nuove regole, vecchie ferite

Dopo tre anni, la seconda stagione ci riporta in gioco. Ma Gi-hun ora ha una missione: sabotare il sistema da dentro. I giochi tornano, alcuni uguali, altri nuovi, ancora più contorti.

1. Bread and Lottery

Un nuovo modo di reclutare. Due scelte: un pezzo di pane o un gratta e vinci. Quasi tutti scelgono la speranza. Nessuno sceglie la certezza. E perdono. È il modo perfetto per mostrarci quanto siamo disposti a rischiare, anche quando non possiamo permettercelo.

2. Jokenpô Minus One

Una versione malata di “Carta, forbice, sasso”. Due mani in gioco, una da scartare. La tensione sta nella sottrazione. Un gioco di scelta e sacrificio. E proprio in nome dell’amicizia, uno dei due si lascia battere volontariamente. Per amore. Per lealtà. Per perdere, ma salvare l’altro.

3. Russian Roulette

Non è più un gioco da bambini. Ma nel mondo di Squid Game, anche la morte diventa parte del divertimento. Una pistola, un colpo, sei camere. Gi-hun affronta il Reclutatore. Ed è il caso – o il destino – a decidere chi vivrà. E chi morirà. Un finale silenzioso, brutale, definitivo.


🟥 Il Pentathlon a Sei Gambe – Cinque mini-giochi, uniti dalla sopravvivenza

I partecipanti, legati insieme, devono affrontare cinque giochi uno dopo l’altro. Un esercizio di squadra, coordinazione e fiducia.

  • 1. Ddakji (sì, di nuovo – questa volta come sfida vera)

  • 2. Flying Stone – Devi colpire una pietra verticale con un’altra da 3 metri di distanza. Semplice? Forse. Ma è la pressione a distruggerti.

  • 3. Gong-gi – L’equivalente coreano della nostra “campana” con i sassolini. Richiede memoria muscolare, concentrazione, sangue freddo.

  • 4. Spinning Top – La trottola deve girare. Tutto qui. Ma devi saperla lanciare. Devi crederci. Devi farla girare come se fosse la tua vita. Perché lo è.

  • 5. Jegi – Come il “hacky sack”, va calciato cinque volte senza farlo cadere. È l’illusione della semplicità che ti inganna.


🟥 Mingle – Il girotondo della solitudine

Sembra un gioco di gruppo, ma in realtà è il più solitario. Un’enorme giostra, musica, numeri da rispettare, stanze da raggiungere. Chi resta fuori muore. Chi sbaglia numero, pure. È un esercizio di fredda aritmetica travestito da dinamica sociale. E mostra come, nei momenti decisivi, molti sono disposti a vendere chiunque pur di entrare in una stanza.


🟥 Lights Out – Il round non regolamentato

Forse il più crudele. Perché non è un gioco. È il caos. I giocatori ricevono forchette e libertà. Nessuna regola, nessun controllo. Solo la notte e il terrore. Dormi… e potresti non svegliarti mai. È qui che Squid Game ci dice chiaramente: la vera violenza non ha bisogno di regole. Ha solo bisogno di paura.


✴️ Oltre il gioco

Ogni gioco di Squid Game è un’allegoria. Una lente d’ingrandimento sul nostro mondo. Ci mostrano che la società non sempre premia chi è più bravo o più giusto, ma chi riesce a restare in piedi quando tutto crolla. Che a volte si muore per una scelta sbagliata, ma più spesso si muore per colpa di un sistema che non ti ha mai dato davvero alternative.

Squid Game fa male perché è reale. Non nei colori, nei costumi o nelle bambole giganti. Ma nei volti, nei silenzi, nelle rinunce. E in quei giochi che ci costringono a chiederci:

“Io, al loro posto, cosa avrei fatto?”

Fonte: 

  1. https://gogohanguk.com/en/blog/the-korean-games-you-saw-in-squid-game/
  2. https://collider.com/squid-game-games-in-order-explained
  3. https://gamerant.com/squid-game-season-2-new-games-explained/
  4. https://screenrant.com/squid-game-season-2-all-games-explained/

Quel giorno in cui diventi grande (per davvero): il Coming of Age Day in Corea

Nessun commento:

Hai mai pensato a cosa significhi davvero diventare adulti?

In Corea del Sud non si tratta solo di un numero scritto sulla carta d’identità, di una torta con le candeline o di una cena con gli amici. No, lì il passaggio all’età adulta ha un nome, una data e una tradizione tutta sua: si chiama Coming of Age Day (성년의 날, Seongnyeon-ui Nal) e si festeggia ogni terzo lunedì di maggio.

Ed è molto, molto più di una semplice festa di compleanno.

Un passaggio, un simbolo, una promessa

Diventare adulti, per davvero, in Corea significa essere riconosciuti dalla società. Non è solo una sensazione personale, è una dichiarazione pubblica. Un ragazzo, una ragazza, che fino al giorno prima erano considerati adolescenti, ora si trovano improvvisamente di fronte a un mondo che li vede con occhi diversi.

Non si tratta solo di aprire una nuova porta. Si tratta di attraversare una soglia, lasciandosi alle spalle qualcosa che non tornerà. L’infanzia. La spensieratezza. Quella zona franca in cui gli errori erano concessi, e le responsabilità erano quasi sempre di qualcun altro.

Un rituale antico come il tempo

La prima volta che la Corea celebrò ufficialmente il passaggio all’età adulta risale al lontano 965, durante la dinastia Goryeo. Il re Gwangjong regalò al principe ereditario un abito da adulto, in linea con una tradizione cinese. Quel gesto simbolico sancì l’ingresso del giovane nella vita adulta e gettò le basi per ciò che oggi è diventato un appuntamento nazionale.

Oggi, ovviamente, i tempi sono cambiati, ma non la forza del messaggio.

Ma cosa significa, concretamente, diventare adulti in Corea?

Tante cose. Alcune potresti immaginarle, altre forse ti sorprenderanno.

Quando compi 19 anni in Corea, ottieni:

  • Il diritto di voto (투표권 – Tupyo-gwon): puoi finalmente scegliere chi guiderà il tuo Paese.

  • La possibilità di guidare (운전 권리 – Unjeon gwonli): la strada diventa tua.

  • Il permesso di bere alcolici e fumare (음주 및 흡연 권리 – Eumju mit heubyeon gwonli): una libertà che segna un punto di svolta.

  • Il diritto di sposarti senza consenso dei genitori (결혼 권리 – Gyeolhon gwonli): perché adesso puoi scegliere anche il tuo futuro familiare.

  • La piena responsabilità legale (법적 책임 – Beopjeok chaegim): ogni tua azione ha conseguenze. Non sei più “troppo giovane”.

  • Per i ragazzi, l’obbligo del servizio militare (남성의 의무적 군복무 – Namseong-ui uimujeok gunbokmu): un passaggio che non si può evitare.

Non sono solo leggi. Sono simboli. Passaggi concreti che cambiano il modo in cui il mondo ti vede, ma anche — e soprattutto — il modo in cui tu inizi a vedere te stesso.

Le cerimonie tradizionali: dove il corpo racconta il cambiamento

Tra le immagini più intense del Coming of Age Day ci sono le antiche cerimonie: il Gwallye per i ragazzi e il Gyerye per le ragazze.

Nel Gwallye, i giovani uomini si legano i capelli in uno chignon chiamato sangtu e indossano abiti tradizionali da adulto. È un gesto potente: non sei più un ragazzino, ma un uomo.

Nel Gyerye, le giovani donne sistemano i capelli in un’elegante acconciatura chiamata jangmeori, fermata con un fermaglio speciale, il binyeo. Basta un gesto, uno sguardo allo specchio, per rendersi conto che qualcosa è cambiato per sempre.

E oggi? Un mix di passato e presente, tra profumo e petali di rosa

Oggi il Coming of Age Day è un ponte tra tradizione e modernità. Le cerimonie antiche continuano a vivere nei villaggi tradizionali come il Namsangol Hanok Village a Seoul, dove giovani coreani (e anche molti stranieri!) indossano l’hanbok, apprendono i riti di passaggio e si ritrovano, per un giorno, immersi in una storia che li precede.

Nel contesto più moderno, invece, ci si scambiano tre doni simbolici:

  • Una rosa: per rappresentare la bellezza e la passione della giovinezza.

  • Un profumo: che evoca il cambiamento, la scoperta della propria identità, e il desiderio di lasciare un segno.

  • Un bacio: perché diventare adulti significa anche aprire il cuore.

E alla fine della giornata, durante il rituale chiamato suhunrye, i giovani fanno una promessa solenne: quella di essere adulti responsabili. Non solo per legge, ma per scelta.

Parole da imparare, emozioni da vivere

Chi studia la lingua coreana lo sa bene: dietro ogni parola si nasconde un universo culturale. E allora ecco alcune espressioni chiave legate al Coming of Age Day:

ItalianoCoreanoPronuncia
Adulto성인Seong-in
Cerimonia행사Haengsa
Congratulazioni축하합니다Chukhahamnida
Esperienza경험Gyeongheom
Dono선물Seonmul
Maturità성숙Seongsuk
Profumo향수Hyangsu
Responsabilità책임Chaeg-im
Anello반지Banji
Rose장미Jangmi
Tradizione전통Jeontong
Gioventù청년Cheongnyeon

Ma la verità è che nessuna traduzione potrà mai spiegare fino in fondo cosa si prova in quel momento. Perché il Coming of Age Day non è solo una celebrazione. È un salto. Un’esplosione di emozioni. È la prima volta in cui ti rendi conto che non c’è più nessuno davanti a te a tracciare la strada.

Ora tocca a te.

Fonte: https://ling-app.com/ko/coming-of-age-day/