- Non ti fidi di nessuno, vero? È perché tu stesso non sei affidabile. Pensi che tutti siano come te, quindi non riesci a fidarti. - Marry My Husband (2024)
- Quando vivi così a lungo, lasciare qualcuno nel modo giusto diventa importante quanto incontrarlo. Quindi salutiamoci nel modo giusto. – Wonderful World (2024)
- Non puoi saperlo finché non provi davvero. Devi puntare in alto se vuoi migliorare, anche solo un po’. – Jeongnyeon: The Star Is Born (2024)
- Alla fine, moriamo tutti. La morte non è qualcosa da temere. C’è chi la affronta con calma e chi fa rumore. – A Shop for Killers (2024)
- Anche nei momenti in cui sembra che tutto sia finito, credo che esista un’altra strada. E quella strada potrebbe perfino essere migliore. - Marry My Husband (2024)
- Solo perché sei stato colpito da un fulmine, non significa che una pioggia leggera faccia meno male. – Wonderful World (2024)
- Se hai intenzione di essere cattivo dopo aver sentito solo una versione dei fatti, almeno cerca prima di verificarla. - Marry My Husband (2024)
- Non voglio essere qualcuno che devi proteggere. Voglio essere qualcuno che può camminare al tuo fianco. – Wonderful World (2024)
- Il cuore umano è fatto così. Dici a qualcuno di non fare qualcosa, e quello lo vorrà fare ancora di più. – Jeongnyeon: The Star Is Born (2024)
- Ci sono persone che non sanno quando fermarsi. A meno che tu non le schiacci completamente, non si fermeranno mai. - Marry My Husband (2024)
- Tutto quello che hai ottenuto finora con il tuo sudore e le tue lacrime è solo tuo. E continuerà a esserlo. – Jeongnyeon: The Star Is Born (2024)
- Sai quando le persone provano il dolore più grande? Quando la loro famiglia va in frantumi sotto i loro occhi. – Wonderful World (2024)
- Alcuni mi chiameranno pazza perché inseguo le stelle invece di cercare un modo per sopravvivere. Ma per me, quelle stelle sono i miei sogni. Sono ciò che mi fa vivere – Jeongnyeon: The Star Is Born (2024)
- Cosa credi che succederà quando la sua vendetta sarà finita? Arriverà il momento in cui capirà che nulla è cambiato, anche dopo aver fatto tutto ciò che doveva. Da allora, essere vivo sarà come essere morto. – Wonderful World (2024)
- Alcuni giorni era come se avessi un peso sul petto. Altri mi sentivo un po’ meglio. E poi arrivavano giorni in cui ero furiosa e piangevo fino allo sfinimento. Mi ammalavo ogni tanto, e tutto era un saliscendi. E alla fine ho scoperto che potevo sopravvivere. Quindi smetti di voltarti indietro. Guarda avanti. È così che si va avanti. – Jeongnyeon: The Star Is Born (2024)
17 luglio 2025
La terra delle quotes - 196
Mangiare in Corea: un racconto fatto di sapori, amore e cultura
In Corea, il cibo non è solo nutrimento. È storia, identità, affetto. È un modo di prendersi cura, di celebrare, di ricordare. Ogni piatto racconta qualcosa: del passato di un popolo, della sua terra, delle sue credenze, delle sue relazioni. È un linguaggio silenzioso, ma potente, che unisce le persone, anche quando non parlano la stessa lingua.
Mangiare con un coreano è uno dei modi più veloci per entrare nel suo mondo. Condividere un pasto, passarsi i piatti, bere dallo stesso bicchiere, accettare un’offerta con entrambe le mani: tutto questo va oltre la semplice alimentazione. È rispetto. È fiducia. È “정” (jeong), quel sentimento profondo e caloroso che solo chi ha vissuto la Corea riesce davvero a comprendere.
Radici profonde: la cultura alimentare coreana
Il cuore pulsante della cucina coreana nasce da un insieme armonioso di elementi: la geografia del Paese, la sua storia millenaria e le religioni che lo hanno attraversato.
Essendo una penisola circondata per tre lati dal mare, non stupisce che il pesce e i frutti di mare siano così presenti nei piatti coreani. “해물” (haemul), come viene chiamato il seafood, è protagonista in mille varianti: crudo, bollito, stufato, fritto. Ma anche le montagne giocano un ruolo importante: le erbe selvatiche e le verdure spontanee, chiamate “산나물” (sannamul), sono parte integrante di tante ricette.
Confucianesimo e buddhismo, poi, hanno inciso sulla tavola tanto quanto sulla mentalità. Il primo ha portato un rigoroso senso del rispetto, evidente anche nel modo di mangiare: il più anziano mangia per primo, e ci si serve con discrezione e cortesia. Il secondo ha diffuso una visione alimentare più spirituale e semplice, come accade nei piatti vegani dei templi (“사찰음식”, sachal eumsik), dove tutto è essenziale, curato, consapevole.
I fondamenti della cucina coreana
Se si volesse rappresentare la cucina coreana con tre parole, sarebbero: riso, banchan e fermentazione.
Il riso (“밥”, bap) non è solo un contorno: è il fulcro del pasto, tanto che in coreano la stessa parola significa anche “pasto”. Ma non parliamo solo di riso bianco. Esistono varianti più elaborate come il “bibimbap”, con verdure e carne, o il “bokkeumbap”, riso saltato in padella. Durante il Capodanno lunare, il “tteokguk” (zuppa di torta di riso) assume un significato simbolico: mangiarlo fa “invecchiare” di un anno.
Accanto al riso, c'è un'esplosione di piccoli piatti: i “banchan” (반찬). Sono il cuore conviviale del pasto coreano: kimchi piccante, japchae di noodles di patate dolci, zucca brasata, alghe, radici, germogli. Ogni banchan ha un ruolo: contrastare, accompagnare, pulire il palato. È un’armonia di sapori e colori che rende ogni pasto completo.
E poi c’è la fermentazione. In Corea non è solo una tecnica, è una filosofia. Il kimchi (김치), con la sua intensità acidula e speziata, è il re incontrastato. Ma anche il “doenjang” (pasta di soia fermentata) e il “gochujang” (pasta di peperoncino fermentato) sono pilastri insostituibili. Questi “jang” (장) danno profondità e carattere a qualsiasi piatto.
I pasti tradizionali: equilibrio e ritualità
Una tavola coreana ben apparecchiata non è mai casuale. Il “bapsang” (밥상) – letteralmente “tavola del riso” – è composto da riso, zuppa e una selezione di banchan disposti con attenzione, spesso seguendo il principio dei cinque colori (rosso, verde, giallo, bianco, nero) che rappresentano i cinque elementi cosmici.
Durante le festività, il cibo assume un valore ancora più sacro. A Seollal, il Capodanno Lunare, si mangia tteokguk tutti insieme, tra risate e auguri. A Chuseok, il Ringraziamento coreano, si preparano i “songpyeon”, tortini di riso ripieni. Ma c’è anche il “jesa” (제사), il rito ancestrale: una tavola viene imbandita con i piatti preferiti dagli antenati, per onorarli e sentirli ancora presenti.
Condivisione, rispetto e calore umano
Mangiare in Corea è un atto collettivo. Il centro della tavola è occupato da pentole fumanti o piatti abbondanti, da cui tutti si servono. Il pasto è un’occasione per stare insieme, parlare, ridere. I più giovani aspettano che gli anziani inizino a mangiare, e servire gli altri con due mani è gesto di rispetto.
Anche bere insieme ha un valore sociale. Il “soju” (소주), il liquore coreano per eccellenza, accompagna cene, confessioni e legami. Offrire da bere, riceverlo con entrambe le mani, voltarsi mentre si beve davanti a un superiore: ogni gesto racconta qualcosa.
Cibo moderno, street food e tendenze globali
Ma la Corea non è solo tradizione. Camminando per le strade di Seoul o Busan, è impossibile non fermarsi davanti a un carretto fumante. Tteokbokki piccante, twigim croccante, hotteok dolcissimi. Lo street food coreano è gioia pura, economica, veloce, irresistibile.
Negli ultimi anni, la cultura pop coreana (Hallyu) ha trasformato il cibo in un fenomeno globale. Il Korean BBQ ha conquistato i ristoranti di mezzo mondo, il “chimaek” (pollo fritto e birra) è diventato famoso grazie a drama e idol, e i piatti fusion – come bulgogi tacos o ramen burger – mostrano come la cucina coreana sappia evolversi senza perdere la propria anima.
Parole da imparare, sapori da ricordare
In tutto questo, anche la lingua gioca la sua parte. Dire “식당” (ristorante), “국수” (noodles), o “간식” (snack) ti fa sentire più vicino a chi ti sta servendo. E quando capisci che “밥 먹었어요?” (hai mangiato?) non è solo una domanda, ma un modo affettuoso per chiederti come stai, allora inizi a capire davvero la Corea.
Mangiare coreano non è solo questione di gusto. È un invito. A sedersi, a condividere, a conoscere. È un modo per sentirsi a casa, anche dall’altra parte del mondo.
E quando ti abitui a quei sapori nuovi, a quel riso più denso, al kimchi pungente o al caldo abbraccio di una zuppa fumante... allora non hai solo assaggiato un piatto. Hai abbracciato una cultura.
Fonte:
- https://mymileshinesmile.blogspot.com/2024/01/how-to-eat-like-korean-most-popular-food.html
- https://ling-app.com/ko/food-culture-of-korean-people/
In Corea non esiste la Festa della Mamma (ma la celebrano lo stesso)
C’è un giorno, ogni anno, in cui ci fermiamo e guardiamo indietro. Alle mani che ci hanno cresciuto, alle parole che ci hanno rimesso in piedi quando volevamo lasciarci cadere. Alle volte in cui non abbiamo avuto la forza di parlare, ma c’era comunque qualcuno accanto a noi a capire tutto. Quel giorno, in molti Paesi, si chiama Mother’s Day — Festa della Mamma. Ma in Corea del Sud le cose sono un po’ diverse. Eppure, proprio per questo, forse ancora più profonde.
La Corea non festeggia la Festa della Mamma. Festeggia di più.
In Corea, l’8 maggio non è riservato solo alla madre, ma a entrambi i genitori. Si chiama Eobeoinal (어버이날), ovvero il Parents’ Day: un giorno solo, ma carico di significato, in cui si ringraziano contemporaneamente mamma e papà per tutto quello che hanno fatto e continuano a fare.
E se qualcuno volesse comunque augurare "Buona Festa della Mamma" in modo specifico? C’è un modo, anche se meno usato: Eomeoni nal chukhadeuryeoyo (어머니 날 축하드려요). Ma la verità è che l’essenza di questa celebrazione va oltre le parole.
Perché in Corea, il legame tra madre e figlio non è solo affetto: è sacrificio, dedizione, struttura portante della famiglia. È quella figura silenziosa che c’è sempre, che non chiede mai e che però regala tutto.
Un amore che non si misura in regali, ma nel cuore
Nella cultura coreana, le madri sono considerate il cuore pulsante della casa. Quelle che mettono insieme i pezzi, che tengono viva la fiamma quando tutto sembra spegnersi. Quelle che rinunciano, che restano sveglie, che sorridono anche quando sono stanche.
Ecco perché il Parents’ Day non è solo una ricorrenza formale. È un momento di riflessione. Non si tratta solo di regalare un mazzo di fiori o scrivere una frase bella su un biglietto. Si tratta di riconoscere una vita intera dedicata agli altri. È un giorno in cui i figli, spesso cresciuti a non mostrare troppo le emozioni, si lasciano andare a un “grazie” sussurrato, ma vero.
Una storia di donne forti, di madri coraggiose
Anche la storia di questa giornata ha radici profonde. Nel 1938, durante il periodo coloniale giapponese, un gruppo di donne coreane decise di riunirsi per onorare le proprie madri e lottare per i diritti delle donne. Era il primo seme della Festa della Mamma in Corea. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, queste celebrazioni si intensificarono grazie a gruppi civici e associazioni femminili, fino a diventare, nel 1973, l’attuale Parents’ Day.
Un’unica data. Ma una storia di lotta, amore e riconoscenza lunga decenni.
Una festa che unisce (ma non senza critiche)
Con il passare degli anni, la festa si è trasformata anche in qualcosa di più commerciale. Fiori, cioccolatini, cosmetici, buoni regalo, promozioni nei centri commerciali. Il gesto resta, ma qualcuno inizia a chiedersi: stiamo davvero celebrando le madri o semplicemente assecondando uno stereotipo?
Molti esperti sottolineano come ci sia ancora una forte pressione sulle madri, viste come caregiver ideali, sempre presenti, sempre forti, sempre sorridenti. Ma non tutte le donne sono uguali. Non tutte le madri sono lo stesso tipo di madre. E non dovrebbero esserlo.
Festeggiare una madre significa riconoscerla per quello che è, non per quello che ci aspettiamo che sia.
Modi semplici (e bellissimi) per dire “Ti voglio bene, mamma”
In Corea, non servono grandi discorsi. Bastano parole semplici. Come:
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어머니, 사랑합니다 – Eomeoni, saranghamnida (Mamma, ti amo)
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어머니, 건강하세요 – Eomeoni, geonganghaseyo (Mamma, resta in salute)
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감사합니다, 어머니 – Gamsahamnida, eomeoni (Grazie, mamma)
E se ci pensi, quante volte lo diciamo davvero? Ecco perché imparare queste frasi, anche se non parli coreano, può essere un gesto piccolo ma dal significato immenso.
Il cibo, come sempre, diventa amore
E poi c’è il cibo. Perché in Corea, come in tante altre culture, preparare qualcosa di buono è un modo per dire “ti voglio bene”. Tra i piatti tipici preparati per questa occasione c’è il jjajangmyeon, deliziosi noodles in salsa di fagioli neri, che molti associano ai ricordi d’infanzia. Ma anche il bulgogi, la carne marinata più amata del Paese.
Sedersi a tavola con la propria madre, condividere un pasto preparato con cura, è forse uno dei modi più sinceri e profondi per dirle “grazie”.
I regali più comuni (e quelli che contano davvero)
Certo, ci sono regali tradizionali:
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fiori (꽃 - kkot)
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garofani (카네이션 - kaneisyeon)
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profumi (향수 - hyangsu)
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borse (핸드백 - haendeu-baek)
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gioielli (보석 - boseok)
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prodotti per la pelle (스킨케어 제품 - seukinkeeo jepum)
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cioccolatini (초콜릿 - chokollit)
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lettere scritte a mano (편지 - pyeonji)
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buoni regalo (기프트 카드 - gipeuteu kadeu)
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integratori per la salute (건강 보조 식품 - geongang bojo sikpum)
Ma alla fine, il regalo più bello resta il tempo. Quello passato insieme. Una passeggiata, un pranzo, una risata condivisa. La sensazione che, per una volta, sia lei a sentirsi davvero al centro del nostro mondo.
Una festa che cambia, ma non il suo significato
Che sia in Corea, in Italia o altrove, la Festa della Mamma ci ricorda qualcosa che diamo troppo spesso per scontato: che qualcuno ci ha amati prima ancora che imparassimo a parlare.
Nel silenzio di gesti quotidiani. Nelle rinunce mai dette. Nella forza che non ha bisogno di essere riconosciuta per esistere.
E allora, anche se in Corea non si chiama "Festa della Mamma", il messaggio è lo stesso, forse ancora più profondo. Perché non serve un giorno nel calendario per dire grazie. Ma se esiste, allora usiamolo bene.
Fonte: https://ling-app.com/ko/mothers-day-in-korean/