29 giugno 2022

Le comfort women in Corea del Sud

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Dopo aver guardato lo struggente episodio numero 13 del drama tomorrow mi sono resa conto che, nonostante avessi studiato la seconda guerra mondiale e fossi una grande appassionata di storia, non conoscevo nulla a riguardo della straziante storia di queste donne. Spero che il drama riaccenda il dibattito per la loro giustizia. Intanto nel mio piccolo con questo post voglio informare chiunque legga della loro storia.

Le comfort women coreane, in italia conosciute come donne di conforto, furono specialmente ragazze e giovani donne che vennero rapite, schiavizzate e costrette a prostituirsi dai soldati giapponesi  nel corso del secondo conflitto mondiale e negli anni direttamente precedenti alla guerra.  La locuzione italiana, al pari di quella inglese comfort women, è una traduzione del termine giapponese ianfu (慰安婦). Ianfu è un eufemismo che sta per shōfu (娼婦) che significa "prostituta/e". 

Come mi sentivo? Mi sentivo come se fossimo stati portati qui per essere uccisi. Non potevo che piangere. Nessuno parlava. Tutti piangevano. Quella notte dormimmo lì e al mattino fummo messi in quelle stanze. I soldati vennero nella mia stanza, ma io resistetti con tutte le mie forze. Il primo soldato non era ubriaco e quando ha cercato di strapparmi i vestiti, ho gridato "No!" e se n'è andato. Il secondo soldato era ubriaco. Mi ha agitato un coltello e ha minacciato di uccidermi se non avessi fatto quello che diceva. Ma a me non importava di morire e alla fine mi ha accoltellato. Qui (indica il petto). Lui è stato portato via dalla polizia militare e io sono stata portata in infermeria. I miei vestiti erano intrisi di sangue. Sono stata curata in infermeria per venti giorni. Sono stata rimandata nella mia stanza. Entrò un soldato che era appena tornato dai combattimenti. Grazie alle cure la mia ferita era molto migliorata, ma avevo un gesso sul petto. Nonostante ciò, il soldato mi aggredì e, quando non volli fare quello che diceva, mi afferrò i polsi e mi buttò fuori dalla stanza. I miei polsi erano rotti e sono ancora molto deboli. Qui era rotto.... Qui non ci sono ossa. Qui sono stato preso a calci da un soldato. Mi ha tolto la pelle... si vedeva l'osso.

- Testimonianza di Kimiko Kaneda

Kimiko Kaneda

Queste donne, spesso provenienti da famiglie povere, venivano prelevate dalle loro case e, in molti casi, ingannate con promesse di lavoro in fabbriche o nell'ambiente della ristorazione.  Altre volte venivano semplicemente rapite, portate via mentre camminavano per strada, assoldate dietro minaccia,  oppure era la loro stessa famiglia che decideva di venderle per pochi soldi. Una volta reclutate, dopo lunghi viaggi in treno o in nave, le ragazze raggiungevano la loro destinazione venendo incarcerate nei "centri di conforto". Secondo diversi studi, tra le 70.000 e le 200.000 donne, soprattutto coreane divennero delle donne di conforto tra gli anni 30' e 40' del secolo scorso.

Quando i soldati tornavano dai campi di battaglia, nella mia stanza arrivavano anche 20 uomini fin dal primo mattino. Per questo ho dovuto subire un'isterectomia (a vent'anni). Radunavano le ragazzine che andavano ancora a scuola. I loro genitali erano ancora poco sviluppati, quindi si laceravano e si infettavano. Non c'erano medicine, tranne qualcosa per prevenire le malattie sessualmente trasmissibili e il mercurocromo. Si ammalavano, le piaghe diventavano settiche, ma non c'erano cure.

- Testimonianza di Kimiko Kaneda

L'idea di creare i "centri di conforto" aveva lo scopo di prevenire gli stupri di guerra, che avrebbero incrementato l'ostilità dei locali verso i soldati giapponesi, mantenere alto il  morale dei soldati, prevenire la trasmissione di malattie (le donne per questo motivo venivano reclutate molto giovani poiché reputate vergini) ed intercettare lo spionaggio nemico.

Le comfort women vivevano per anni in condizioni disumane e spesso venivano malmenate dai soldati giapponesi. Secondo alcune testimonianze, le vittime potevano essere costrette ad avere rapporti sessuali con più di 50 soldati al giorno. Approssimativamente i tre quarti delle donne in questione morirono anche solo a causa di un loro rifiuto e la maggior parte delle sopravvissute perse la fertilità a causa dei traumi e delle malattie trasmesse. 

Lee Yong soo

All'inizio mi hanno condotto in una stanza con un soldato all'interno, per fornire prestazioni sessuali. Quando ho detto che non volevo farlo, mi hanno trascinato per i capelli e mi hanno torturato con l'elettricità. Ho implorato, dicendo che avevo sbagliato. Non sapevo cosa avessi fatto di male. - Lee Yong-soo

Nel febbraio 1944 dieci donne olandesi furono prelevate a forza dai campi di prigionia a Giava da ufficiali dell'Esercito imperiale del Giappone per diventare schiave sessuali. Esse venivano picchiate e violentate sistematicamente, giorno e notte. Essendone stata vittima, nel 1990 Jan Ruff-O'Herne testimoniò ad un comitato della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti.

 Jan Ruff-O'Herne

Molte storie sono state raccontate su orrori, brutalità, sofferenze e inedia delle donne olandesi nei campi di prigionia giapponese. Ma una storia non fu mai raccontata, la storia più vergognosa della peggiore violazione dei diritti umani commessa dai giapponesi durante la seconda guerra mondiale: la storia delle comfort women, le jugun ianfu, e di come queste donne furono prese con la forza e contro la loro volontà, per provvedere alle necessità sessuali dell'Esercito Imperiale del Giappone. Nei cosiddetti "centri del comfort", sono stata sistematicamente picchiata e violentata giorno e notte. Anche i dottori giapponesi mi stupravano ogni volta che visitavano i bordelli per visitarci a causa delle malattie veneree. -  Jan Ruff-O'Herne

Col finire della guerra e la liberazione dei territori occupati, scomparirono gradualmente anche le comfort station. Le comfort women si sono ritrovate spesso senza la possibilità di ritornare a casa. Molte di loro sono rimaste dove si trovavano, per la maggior parte in Cina, e sono sopravvissute continuando a prostituirsi o, se fortunate, sposando uomini del luogo. Alcune, poche, sono riuscite a tornare, a piedi o con mezzi di fortuna.

Tale crimine di guerra rimase avvolto nel silenzio per diversi decenni. La difficile reperibilità della documentazione relativa a questo crimine non costituisce l’unica motivazione del lungo silenzio. Diversi fattori culturali legati alla società patriarcale coreana hanno sicuramente giocato un ruolo importante. Come spiegato dalla studiosa  Chunghee Sarah Soh, le donne che perdevano la loro verginità prima del matrimonio venivano tradizionalmente considerate impure e disonorate, non importava quali fossero le circostanze della loro mancata castità. Per questo motivo, in alcuni casi, le comfort women ritornate a casa sono state ripudiate dalle loro stesse famiglie e, per molte di loro, parlare in pubblico delle violenze subite è stato a lungo impossibile. Alcune sopravvissute sono arrivate al suicidio, a causa del senso di vergogna imposto dalla società.

Sono disposta a perdonare se il Giappone farà delle scuse sincere. Abbiamo fatto tutto il possibile. Abbiamo fatto processi in Corea, negli Stati Uniti e in Giappone. Ma il Giappone non ha mai ammesso nulla. Sulla base della sentenza, dovremmo insegnare la vera storia ai nostri figli. Dovrebbero sapere cosa sono le donne di conforto, chi le ha create e chi le ha subite. Dovrebbero saperlo. Devo continuare a lottare in modo che quando andrò in paradiso, potrò dire alle altre donne che ci sono andate prima che ho risolto la questione in questo modo e dire " non avete fatto nulla di male". - Lee Yong-soo

Sebbene tale violazione dei diritti umani da parte del Giappone sia stata ufficialmente condannata dalle Nazioni Unite e dalla società civile, un reale riconoscimento da parte di Tokyo della propria responsabilità non è ancora avvenuto. Di fatto, la vicenda rimane una ferita aperta nelle relazioni tra Giappone e Corea.

Il Giappone continua a dire che la Corea sta mentendo. Dicono di non aver mai costretto le ragazze alla schiavitù sessuale. Ma io sono una testimone vivente della storia. Tutto il dolore che hanno provato i coreani non ha parole. I militari giapponesi hanno fatto irruzione nel luogo in cui vivevo, hanno preso persone e cose e le hanno anche torturate. - Lee Yong-soo

Ad oggi, le comfort women rimaste in vita sono poco più di una trentina e stanno lottando per ottenere scuse ufficiali da parte del governo giapponese che ancora oggi nega il coinvolgimento diretto nella costituzione e nella gestione dei bordelli. Lo fanno dimostrando ogni mercoledì, dall’8 gennaio 1992, davanti all’ambasciata giapponese di Seul e portando ovunque la loro testimonianza. Ad oggi sappiamo che il movimento femminista avviato dalle loro storie sopravvivrà anche alla loro morte.

Aurora




Fonti: Wikipedia, lospiegone.com, enciclopediadelledonne.it, koreaherald.com, google immagini.