30 maggio 2025

La vera storia dietro ai drama: Jung Yak Yong e Jejungw – La scienza che salva l’uomo

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C’è stato un tempo in cui la conoscenza non era solo erudizione, ma un atto rivoluzionario.
Un tempo in cui studiare significava resistere, curare significava ribellarsi.
È in questo spazio che si muovono due narrazioni profondamente umane: quella del pensatore Jung Yak Yong e quella dell’ospedale Jejungwon, primo esempio di medicina moderna in Corea.

Due drammi molto diversi, ma uniti da un medesimo respiro: la fede nel sapere come strumento di cambiamento.


🧠 Jung Yak Yong – L’intellettuale che osò pensare

Jung Yak Yong (1762–1836), anche noto con il nome di penna Dasan, è stato uno dei più grandi studiosi della dinastia Joseon. Il drama lo racconta non come semplice filosofo confuciano, ma come uomo complesso, inquieto, a volte provocatorio, che sognava una Corea più giusta, più equa, più razionale.

Venne accusato di simpatie cattoliche e mandato in esilio. Ma proprio lì scrisse le sue opere più importanti, incentrate sull’etica sociale, la riforma amministrativa e l’uso della scienza per migliorare la vita delle persone comuni.
Per Jung, pensare non bastava. Bisognava agire.

Il drama dipinge un’epoca piena di tensioni, in cui la verità scientifica era una minaccia, e la politica aveva paura di chi osservava troppo attentamente. Un ritratto commovente e rigoroso di un uomo che non volle mai smettere di cercare risposte.


🏥 Jejungwon – La medicina come rivoluzione

Molti anni dopo la morte di Jung Yak Yong, nel cuore di una Corea che stava scoprendo il mondo occidentale, nacque il Jejungwon, il primo ospedale moderno del Paese. In un’epoca in cui le caste ancora dividevano la società e la medicina tradizionale conviveva con superstizioni millenarie, questo luogo divenne simbolo di qualcosa di inaudito: la cura per tutti.

Il drama racconta la storia di alcuni medici coreani che, con l’aiuto di missionari americani, imparano la chirurgia, la dissezione, l’anatomia. Ma soprattutto imparano che la medicina è un atto d’amore, anche quando è osteggiata dalla cultura e dalla politica.

Uno dei protagonisti è figlio di una gisaeng e deve lottare contro ogni pregiudizio per diventare medico. Un percorso che somiglia molto a quello degli uomini di pensiero come Jung Yak Yong: ostinato, doloroso, eppure meravigliosamente umano.


✨ Un sapere che guarisce

Tra le pagine di un libro o tra le corsie di un ospedale, entrambi i drama raccontano una verità senza tempo:

curare l’uomo, nel corpo o nello spirito, è sempre un atto di rivoluzione.

E se oggi la Corea è tra i Paesi più avanzati al mondo, è anche grazie a chi ha avuto il coraggio di unire scienza e compassione in un’epoca in cui entrambe erano viste con sospetto.

L'inizio di un progetto particolare + qualche novità

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Ciao a tutti!
Sono felice di annunciarvi che, durante questi mesi di pausa, senza nemmeno rendermene conto, ho accumulato una quantità imbarazzante di articoli praticamente già pronti per il blog. Per una combinazione di pigrizia e mancanza di tempo non li avevo mai inseriti nella programmazione, ma ora eccoci qui. Alcuni non sono esattamente attuali né legati al periodo, ma sinceramente... chi se ne importa. Li ho scritti con cura e penso meritino di essere pubblicati, a prescindere dal "tempismo".

In realtà questo post nasce per condividere con voi due novità importanti.

La prima è che ho deciso di aprire una piccola sezione “Progetti” sul sito.
Nulla di eclatante, non aspettatevi una trasformazione improvvisa in un fansub (non ne sarei nemmeno capace!), ma è successa una cosa: volevo guardare un drama e non avevo voglia di aspettare l’uscita dei sottotitoli in italiano. Così, in un weekend libero, ho iniziato a tradurre da una versione inglese.
Il risultato? Non perfetto, lo ammetto, ma sufficiente per me, dato che l’ho fatto per uso personale. Quando poi ho visto che il drama continuava a non essere tradotto, mi sono detta: “Già che ci sono, perché non condividerlo sul blog?”.
Non aspettatevi una traduzione da fansub navigato – io stessa seguo e amo tanti di quei team storici come molti di voi – ma posso assicurarvi che non è una traduzione automatica: ho tradotto tutto riga per riga, al massimo delle mie possibilità. Non mi aspetto applausi, ma magari potrà essere una buona alternativa per chi non vuole affidarsi ai sottotitoli generati automaticamente.

La seconda novità riguarda una nuova mini-rubrica del blog.
Sto preparando una serie speciale di brevi articoli dedicati ad alcuni drama che mi sono particolarmente piaciuti. Ogni articolo sarà focalizzato su un tema specifico legato al drama, quindi saranno post molto brevi, quasi dei frammenti tematici.
Devo ancora decidere se creare un’unica serie generale o dividere tutto in tante mini-serie, ognuna legata a un drama diverso... dipenderà da come verranno fuori gli articoli. Al momento mi sto concentrando su un drama in particolare (ma non vi spoilero nulla!).
Ho ancora tanto da scrivere, anche se gli articoli sono brevi, quindi magari potrei raccoglierne più di uno in un unico post lungo… vedremo. In ogni caso, non aspettatevi di vedere tutto questo prima di agosto, quindi c’è ancora tempo per sistemare ogni dettaglio.

Detto questo, comunicazioni chiuse. Alla prossima!

Cosa rende indimenticabile un K-Drama romantico?

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Ci sono drama romantici che scorrono via come una brezza leggera. Li guardi, li apprezzi, li dimentichi. E poi ci sono quelli che si insinuano piano piano nel cuore e decidono di restarci. Sono quei drama che, anche a distanza di anni, riescono ancora a farci sorridere con dolcezza o a commuoverci con una sola scena. Ma cosa li rende così speciali? Cos’è che fa davvero la differenza? Oggi voglio portarvi con me in un piccolo viaggio nel cuore pulsante dei K-Drama romantici. Non parlo solo di baci sotto la pioggia e OST strappalacrime, ma di tutto quello che rende una storia d’amore capace di toccare l’anima. Elementi che, messi insieme, costruiscono non solo una trama… ma un ricordo.

1. Una trama che ti afferra e non ti lascia più

Non servono twist impossibili o misteri da premio Nobel. Quello che serve è una storia che coinvolga, che ti faccia affezionare fin dal primo episodio. I migliori drama romantici iniziano spesso con un problema: una ferita nel cuore di uno dei protagonisti, una vita che ha perso colore, due destini che non sembrano fatti per incontrarsi. Ma poi… qualcosa cambia. E se il cambiamento è costruito bene, se la narrazione scorre con naturalezza e lascia spazio all’emozione, allora ci siamo. Una buona trama non deve per forza essere complicata, ma deve evolversi con coerenza, profondità e sentimento. E sì, deve sapere anche quando farti ridere e quando, inevitabilmente, farti piangere.


2. Personaggi che sembrano persone vere

Può sembrare ovvio, ma non lo è affatto: un buon drama romantico ha personaggi ben scritti. Non stereotipi ambulanti, ma anime che sbagliano, che cadono, che si rialzano. Che crescono. Che cambiano. Amo quando un personaggio parte da una zona grigia – cinismo, rabbia, chiusura – e lentamente, con delicatezza, comincia ad aprirsi. Di solito è l’amore a innescare quel cambiamento, ma non è mai solo l’amore a risolvere tutto. Spesso l’altra persona è solo il catalizzatore. Il vero viaggio è quello interiore, ed è lì che i personaggi diventano tridimensionali. E quando un drama ti fa sentire come se stessi osservando la vita vera – non solo recitata – allora capisci che qualcosa è scattato.


3. I personaggi secondari che rubano la scena (e il cuore)

Non sottovalutate mai il potere dei personaggi secondari. Sono loro che spesso alleggeriscono l’atmosfera, ci fanno ridere nei momenti giusti, o ci spezzano il cuore quando meno ce lo aspettiamo. Che siano amici buffi, fratelli protettivi, genitori dal cuore tenero o colleghi insospettabilmente saggi, ogni drama ha bisogno di un cast corale che funzioni. Non sono lì solo per “riempire” lo schermo: sono parte integrante del percorso emotivo dei protagonisti. A volte, sono persino lo specchio delle loro paure, delle loro scelte, dei loro sogni non ancora realizzati. E ammettiamolo: quante volte abbiamo shippato una coppia secondaria con più passione di quella principale?


4. La chimica. Quella vera. Quella che brucia lo schermo

Puoi scrivere la storia più bella del mondo, ma se tra i protagonisti non c’è chimica, la magia non si accende. E la chimica non si forza. Si sente. È negli sguardi rubati, nei silenzi che parlano, nei sorrisi timidi e nelle mani che si sfiorano. Un bacio non è solo un bacio. È il culmine di una tensione costruita con attenzione, è il risultato di una connessione che cresce episodio dopo episodio. I drama che riescono a farci tremare per una carezza sulla guancia, per un “sei arrivata?”, per un “ti ho aspettato”… quelli sono drama che sanno costruire la chimica. E quando arriva la scena romantica, non è solo romantica: è emotiva, coinvolgente, perfettamente meritata.


5. Attori che sono i personaggi

Una buona scrittura non basta. Serve qualcuno che sappia darle vita. Gli attori giusti trasformano un copione in verità, rendono credibili le emozioni, ci fanno dimenticare che stiamo guardando una fiction. Ci sono attori che non recitano: vivono. Che non fanno sembrare una dichiarazione d’amore una scena forzata, ma una confessione intima. Che non piangono per finta, ma fanno piangere te. Quando vedi quel tipo di performance, non puoi che pensare: “Nessun altro avrebbe potuto interpretarlo così.” Ed è in quel momento che ti affezioni per davvero. Non al personaggio. A loro.


6. Momenti indimenticabili che ti restano nel cuore

Un drama romantico non è fatto solo di scene. È fatto di momenti. Quelli che, mesi dopo, ti tornano in mente quando senti una certa canzone. Quelli che ti fanno sospirare con nostalgia, come ricordi d’amore mai vissuti ma sentiti profondamente. Può essere un semplice “Buongiorno” sotto la neve. Una corsa disperata per dirsi “Mi manchi”. Una mano tesa in mezzo alla folla. Una lettera lasciata in una libreria. O persino un litigio che ti fa riflettere su te stesso. Sono quei frammenti di emozione che rendono un drama unico. E quando ci pensi, sorridi. O piangi. O entrambi.


i drama che restano sono quelli che ti fanno battere il cuore

Alla fine, i K-Drama romantici che ricorderemo davvero non sono quelli perfetti, ma quelli che ci hanno fatto emozionare sul serio. Quelli che hanno saputo raccontare l’amore in modo delicato, doloroso, dolce, buffo, vero. Quelli che ci hanno insegnato che anche una storia semplice, se raccontata con cura, può diventare la nostra storia preferita. E allora, ai drama che ci hanno cambiato, che ci hanno fatto ridere, sognare, piangere, grazie. Per ogni “saranghae” sussurrato, per ogni OST ascoltata in loop, per ogni cuore che avete fatto battere… Avete lasciato un segno.

I principi che non diventarono mai re: storia, dolore e bellezza nei K-Drama ambientati nella dinastia Joseon

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Ci sono K-Drama che ti intrattengono, altri che ti sconvolgono... e poi ci sono quelli che ti cambiano. Che ti spingono a cercare, ad approfondire, a perderti in ore di letture su nomi difficili, intrighi di corte e date che inizialmente sembrano tutte uguali. Io ho iniziato per colpa (o forse grazie) a Jang Ok Jung, Live in Love — e da lì è stata una discesa inesorabile nel mondo della dinastia Joseon. Ora, mentre guardo drammi storici come Secret Door o The King’s Face, non riesco più a vederli semplicemente come fiction: sento addosso il peso della storia, il rimpianto delle vite spezzate, l’eco di troni che avrebbero potuto cambiare tutto, se solo...

Se solo.

Una cosa è chiara: l’infelicità sembra essere un tratto comune dei principi ereditari nei drama coreani di ambientazione storica. Gwanghaegun, Crown Prince Sohyeon, Crown Prince Sado... tre figure reali che la fiction ha riportato in vita, con un fascino tragico che buca lo schermo e arriva dritto al cuore. E mi viene da chiedermi: cosa sarebbe successo se Gwanghae non fosse stato deposto? Se Sohyeon fosse diventato re? Se Sado non fosse stato rinchiuso in una cassa di riso e lasciato morire?

Non lo sapremo mai. Ma possiamo raccontarli. Possiamo sentirli.


Gwanghaegun: il re dimenticato

Nato da una concubina e nominato principe ereditario in un momento di emergenza, Gwanghaegun ha governato con intelligenza e diplomazia, cercando di ricostruire un regno distrutto dalle invasioni giapponesi. Eppure, il suo sangue “non puro” e le tensioni politiche lo condannarono: fu deposto, esiliato, cancellato dalla memoria ufficiale senza nemmeno un titolo postumo da re. Nei drama, come in King’s Face, la sua figura emerge ambigua e umana, tra strategie e fragilità. E io, mentre lo guardo, non riesco a non provare empatia per quell’uomo che fece del suo meglio in un tempo che non lo voleva.


Sohyeon: il principe tra due mondi

Figlio dell’insicuro re Injo, Sohyeon è stato forse uno dei principi più moderni di Joseon. Ostaggio dei Manciù, imparò la lingua, si avvicinò alla cultura occidentale, tornò in patria con nuove idee e un sogno: riformare il regno. Ma il padre lo vide come un traditore, non come un visionario. Sohyeon morì misteriosamente poco dopo il suo ritorno, forse avvelenato, forse... chi lo sa? The Three Musketeers lo racconta con delicatezza, tra ideali e romanticismo. Guardarlo è come stringere tra le dita una lettera mai spedita. Rimane quel “e se avesse avuto tempo?”


Sado: l’erede perduto

Il caso più famoso, il più tragico. Crown Prince Sado, figlio di Yeongjo, non fu mai all’altezza delle aspettative. O forse fu schiacciato da esse. Cresciuto lontano dai genitori, temeva il padre, che lo umiliava in pubblico e non lo capiva. La sua follia crebbe silenziosa, nascosta dietro sorrisi e inchini, finché non esplose in violenza. Uccideva i servitori, terrorizzava la corte. Secret Door ne dà una versione alternativa, più politica, in cui Sado è un principe idealista sacrificato sull’altare del potere. Ma anche se si accettasse la diagnosi di malattia mentale, rimane una verità dolorosa: morì chiuso in una cassa, lasciato senza aria, senza redenzione.


Il club dei principi mai re

Questi tre non sono gli unici. Se si sfoglia la lista dei re di Joseon, da Taejo a Sunjong, ci si imbatte in decine di storie simili: bambini messi sul trono troppo presto, reggenti ambiziosi, consorti gelose, fazioni politiche che decidevano vita e morte. Ma Gwanghae, Sohyeon e Sado condividono qualcosa di più profondo: il destino spezzato proprio quando erano più vicini al trono. Il potere che sfioravano con le dita ma che gli veniva sempre strappato via. Nei drama, le loro vite sono state romanzate, certo. Ma anche umanizzate. E questa è forse la magia dei K-Drama storici: ti fanno entrare nelle stanze del potere, ma con il cuore.


Drama, storia, e quel misterioso bisogno di sapere di più

Inizialmente, guardare un sageuk sembra solo un modo elegante per perdere tempo. E poi ti ritrovi a prendere appunti, a disegnare alberi genealogici, a cercare chi fosse la madre di chi, chi ha tradito chi, chi è stato esiliato dove. Ti appassioni. Soffri. Ti ritrovi a leggere il nome di un personaggio secondario e dire “ma aspetta, non era il fratello di…?” — e nel frattempo il drama ti ha insegnato più di un intero semestre di storia.

Certo, ci sono due tipi di drama storici: i daeha, lunghi, seri, dettagliati; e i sageuk, più brevi, spesso romanzati, con elementi fusion. Ma entrambi, a modo loro, ci educano. Anche se non ci ricordiamo tutte le date, ricordiamo le emozioni. La paura negli occhi di Sado. La frustrazione di Sohyeon. La malinconia di Gwanghae.


Perché sì, si può imparare guardando i drama

Quando si guarda Yi San, si sente il desiderio di Jeongjo di riscattare suo padre. Quando si guarda The Princess’ Man, si sente il peso dell’amore impossibile in un’epoca dove la politica vale più del cuore. E quando si guarda Dong Yi o Cruel Palace, si capisce che spesso erano le donne – concubine, regine, madri – a spostare gli equilibri nascosti del potere.

Dietro ogni drama, c’è una lezione. Magari nascosta in mezzo a un dialogo. O scritta sul volto del protagonista in silenzio. Ma c’è. E noi, spettatori affamati, la sentiamo. Anche senza accorgercene.


E alla fine…

Forse quei principi erano davvero troppo avanti per il loro tempo. Forse erano solo nati nel momento sbagliato. Ma grazie ai K-Drama, la loro memoria non è andata perduta. Rivivono nei nostri schermi, nei nostri cuori, e nelle ricerche notturne fatte su Wikipedia o nei blog semi-abbandonati dove ci sono ancora le foto in costume tradizionale.

La prossima volta che guarderò un drama storico e vedrò un principe che lotta per essere ascoltato, per essere amato, per diventare re, non penserò solo “che bravo attore”. Penserò: “Anche tu, come Gwanghae. Anche tu, come Sado. Anche tu, come Sohyeon. Anche tu, parte di quel club silenzioso e struggente dei Principi Mai Re.”

E forse, tra un episodio e l’altro, aprirò un’altra pagina di storia. Perché no? In fondo, la passione nasce così: da una scintilla. O da un drama.

Fonte:
  1. https://thetalkingcupboard.com/2014/11/29/the-crown-princes-club/
  2. https://thetalkingcupboard.com/2013/05/04/rulers-of-the-joseon-dynasty-and-kdrama-interpretations/