1 giugno 2025

La vera storia dietro ai drama: Donne d’arte – Hwang Jin Yi e Jung Yi, tra bellezza, fuoco e resistenza

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 In una società che voleva le donne mute e invisibili, ci sono state voci che hanno osato farsi sentire.

Attraverso una danza, una poesia, un vaso di porcellana.
Hwang Jin Yi e Jung Yi non hanno solo vissuto. Hanno creato.
E nel farlo, hanno inciso il proprio nome in una storia che voleva dimenticarle.

💃 Hwang Jin Yi – L’arte di danzare con la malinconia

Hwang Jin Yi fu una delle gisaeng più celebri della dinastia Joseon. Ma ridurla a questo ruolo sarebbe un insulto.
Era una poetessa, musicista, danzatrice e pensatrice raffinata. Coltissima, ironica, libera.

Nata da una relazione proibita tra un nobile e una concubina, fu esclusa dal mondo degli yangban e scelse di diventare gisaeng per poter studiare, viaggiare, incontrare intellettuali.

Nel drama, la sua figura è ritratta in tutta la sua ambivalenza: fragile e fortissima, ironica e tragica, amata da poeti e temuta da politici. Il suo amore per un giovane nobile si scontra con la realtà sociale del tempo, e la sua vita è segnata da una ricerca continua di verità ed espressione artistica.

Le sue sijo, poesie brevi ma intense, parlano di amore, solitudine, desiderio, disillusione. E ancora oggi vengono studiate nelle scuole.

“Non mi rimpiangere se vado via danzando.
Le mie lacrime hanno imparato a sorridere.”

🔥 Jung Yi, The Goddess of Fire – La ceramista che osò sfidare la fornace

Jung Yi, ispirata alla figura storica di Baek Pa Sun, è ricordata come la prima ceramista donna del regno di Joseon. In un mondo dominato dagli uomini, dove la lavorazione della porcellana era considerata una scienza quasi sacra, Jung Yi osò entrare nel laboratorio e dimostrare che anche le mani femminili possono modellare il fuoco.

Il drama racconta la sua crescita tra forni incandescenti, maestri severi e un amore proibito per il principe Gwanghae.
La sua è una battaglia silenziosa, fatta di tentativi, errori, bruciature, ma anche di creazioni perfette, bianchissime, fragili come lei… eppure capaci di resistere ai secoli.

La sua arte fu talmente preziosa che, dopo l’invasione giapponese, fu rapita e portata a lavorare per le fornaci dell’impero nipponico. Ma non si spense. Continuò a creare. A insegnare.

✨ Donne che plasmano la bellezza

Hwang Jin Yi danzava.
Jung Yi modellava l’argilla.

Una usava il corpo per raccontare l’anima.
L’altra usava il fuoco per forgiare la delicatezza.

Entrambe hanno trasformato l’arte in libertà.

Entrambe hanno pagato un prezzo altissimo per essere ciò che erano: donne che non si sono mai fermate davanti a un “non puoi”.

Nei drama che le raccontano, c’è commozione, forza, romanticismo e rabbia.
Ma soprattutto c’è una verità che vale per tutte le epoche:

L’arte non chiede il permesso. Vive.
E chi la crea, anche se è una donna dimenticata dai libri di storia… rimane.

Le (false) sindromi da K-Drama: quando la fiction diventa un'epidemia emotiva

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Se sei atterrata su questo articolo per caso, sappi che sei in pericolo. Non perché io voglia spaventarti, ma perché il mondo dei K-Drama non si limita a offrirti qualche ora di evasione: ti cambia. Ti entra dentro, si impossessa della tua routine, delle tue emozioni, e a volte persino del tuo vocabolario. Guardare drama è un po’ come innamorarsi di continuo… e sì, come ogni grande amore, porta con sé un bel po’ di effetti collaterali.

Oggi non parlerò di recensioni, cast o OST. Oggi ti presento l’elenco (non clinico, ma altamente verosimile) delle sindromi e condizioni psicologico-emotive che i K-Drama possono causare. Nessun medico te ne parlerà. Ma se sei un vero fan, tu sai.

🌸 1. La Sindrome del Second Lead (SLS)

Sottotitolo: Ti amerò per sempre, anche se non ti sceglieranno mai.

Chiunque abbia pianto disperatamente per Han Ji Pyeong in Start-Up alzi la mano. O per Ji Soo in Scarlet Heart Ryeo. O per Ryu Jun Yeol in Reply 1988.

La SLS nasce quando il tuo cuore batte per il secondo protagonista, ma la protagonista – inspiegabilmente – sceglie l’altro. Quello con meno umanità, meno profondità emotiva, e (a volte) meno espressività facciale.

Sintomi comuni:

  • Rabbia cieca verso lo sceneggiatore

  • Crisi di identità: "Perché non l’ha scelto?!"

  • Insonnia post-bacio non dato

  • Fantasie su un universo alternativo dove il Second Lead ha avuto giustizia

Cura consigliata:
Guarda drama dove quel secondo lead è finalmente protagonista. Twenty-Five Twenty-One ti ha lasciato l’amaro in bocca? Riprenditi con My Liberation Notes. E se non basta... scrivi fanfiction. Funziona.

💘 2. La Sindrome di Oppa™

Inizia con un sorriso. Poi con un battito del cuore. Poi ti ritrovi a chiamare “Oppa” il tuo barista, il tuo cane o peggio, un personaggio bidimensionale. Hai la Sindrome di Oppa™.

Oppa, in coreano, è il modo affettuoso con cui una ragazza si rivolge a un uomo più grande. Ma quando entra nei tuoi sogni notturni, nel tuo lessico quotidiano e nel tuo cuore… la situazione è grave.

Sintomi noti:

  • Rossore improvviso quando Park Seo Joon entra in scena

  • Urlare mentalmente (o letteralmente) “OPPAAAAA” ad ogni sua comparsa

  • Guardare mille volte la stessa scena romantica

  • Desiderare di essere la tazzina di caffè che lui tiene in mano

Cura:
Non ce n’è. Puoi solo peggiorare. O sublimare guardando What’s Wrong With Secretary Kim per la ventesima volta.

😢 3. Oppa Depression Disorder

Sottotitolo: Quando si sposa, ma non con te.

Si verifica nel momento esatto in cui il tuo attore del cuore viene accoppiato con qualcun'altra, sia nella fiction o – orrore – nella vita reale.

Sintomi intensi:

  • Scroll compulsivo dei commenti sotto le foto di coppia

  • Perdita di appetito e/o abbuffate di gelato

  • Fase di lutto con playlist OST in sottofondo

  • Stalking passivo-aggressivo del profilo della nuova compagna

Cura (relativa):
Cambia bias. Lo so, è difficile. Ma fidati, succede anche alle migliori.

4. OTP Syndrome (One True Pairing)

Sottotitolo: Eternamente noi, solo noi, per sempre noi.

Hai visto Crash Landing On You? Bene. Se Ryung Jung Hyuk e Yoon Se Ri non stanno insieme anche nella vita vera, tu non ci stai. Ecco.

L’OTP Syndrome è l’incapacità emotiva di accettare che due attori non siano una coppia anche nella realtà. Vivere qualsiasi altro pairing con loro ti sembra un tradimento.

Sintomi:

  • Rifiuto di vedere i protagonisti in altri ruoli

  • Gelosia per le nuove co-star

  • Ricerca spasmodica di interviste, fan cam, dichiarazioni pubbliche

  • Petizioni online per una seconda stagione (che non arriverà mai)

Cura possibile:
Lasciare decantare l’ossessione e immergersi in una nuova OTP. Tipo Kim Sejeong e Ahn Hyo Seop in A Business Proposal. O Kim Woo Bin e Shin Min Ah (che almeno nella vita reale sono OTP vera. Dio esiste.)

🧠 5. La Sindrome Multilingue

Si manifesta quando, durante una conversazione con un’amica, ti scappa un "Aigoo" o un "Ottoke?". O quando rispondi al telefono con un bel “Yeboseyo?” al posto di “Pronto?”. Non è possessione. È K-Drama.

Sintomi usuali:

  • Uso casuale di parole coreane in discorsi seri

  • Sorriso beato quando qualcuno dice "Oppa" anche per scherzo

  • Gesticolazione ispirata alle scene melodrammatiche

Cura?
Iscriviti a un corso di coreano. Così almeno avrà un senso.

👠 6. Bad Girl Syndrome

Ogni volta che entra in scena una donna elegante, truccata e con i tacchi, sai già: sarà l'antagonista. Bellissima, ricca, calcolatrice… e destinata a fare impazzire l’eroina (e noi).

Sintomi osservabili:

  • Odio viscerale e immediato verso la “seconda femminile”

  • Occhiata torva ogni volta che sorride

  • Senso di déjà-vu drammatico

Cura consigliata:
Ribalta la prospettiva. A volte sono loro i personaggi più interessanti (cough Baek In Ha in Cheese in the Trap cough).

🍬 7. Eye-Candy Syndrome

Sindrome cronica che si manifesta quando guardi un drama non per la trama... ma per lui. O lei. Ma diciamolo, per lui.

Sintomi:

  • Incapacità di seguire la trama, ma conoscenza perfetta di ogni outfit del protagonista

  • Slanci emotivi alla prima comparsa a torso nudo

  • Fantasie impure anche nei contesti più casti

Cura?
Nessuna. Ma prova a guardare drama dove la bellezza è accompagnata anche da talento. My Mister con IU è un ottimo compromesso. Oppure Lee Do Hyun, che oltre ad essere uno schianto... sa anche recitare.

🛋️ 8. K-Drama Addiction

La più seria. La più pericolosa. La più diffusa.

Sintomi letali:

  • Guardare 12 episodi in una notte “perché ormai manca poco”

  • Rifiuto della realtà post-episodio

  • Disinteresse cronico per la propria vita sentimentale reale

  • Apprendimento della lingua coreana solo per comprendere i “neo oppa” senza sub

Cura:
Non esiste. Solo gestione dei sintomi. Prenditi delle pause, guarda varietà show tipo Knowing Bros, leggi un libro… e poi torna a guardare Queen of Tears. Tanto lo farai comunque.

😶‍🌫️ 9. K-Drama Burnout

Quando nessun drama ti emoziona più. Quando tutto ti sembra già visto. Quando il tuo cuore è stanco.

Sintomi:

  • Saltare le scene romantiche

  • Scrollare mentre guardi

  • Guardare solo per “finirlo ormai”

Cura:
Cambia genere. Vai di thriller, fantasy, slice of life. O guarda qualcosa di assurdo come Strong Girl Nam Soon per resettarti. Riscopri il piacere del “non sapere dove si andrà a parare”.

e tu, di cosa soffri?

Il mondo dei K-Drama è meraviglioso perché ci fa vivere emozioni forti. A volte troppo forti. E come ogni passione totalizzante… ci lascia addosso delle piccole sindromi. Ma sai cosa? Non voglio guarire. Perché in fondo, ogni lacrima, ogni battito, ogni OTP mancata… è parte dell’esperienza. Parte del viaggio. Parte del nostro cuore da spettatori.

E tu? Quante di queste sindromi hai avuto?
Quali nuovi sintomi hai sviluppato?

Parliamone, ovviamente… davanti a un nuovo episodio.




Sposarsi nella Dinastia Joseon: amore, dovere e destini scritti sotto un velo rosso

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Se guardi abbastanza K-Drama storici, prima o poi succede. Ti ritrovi a trattenere il fiato mentre una sposa, immobile e silenziosa sotto il suo velo rosso, attende l’arrivo del marito. Gli occhi bassi, le mani giunte, il cuore che non conosciamo. Dall’altra parte, lui: il futuro marito, rigido come la seta dei suoi abiti, avanza con lentezza sotto la pressione di centinaia di occhi e secoli di tradizione. È lì che mi sono chiesta: quanto c’era di vero? Quanto erano solenni – e insieme dolorosamente umani – quei matrimoni così diversi da ciò che oggi chiamiamo amore? Così ho deciso di scavare. E ho trovato un mondo.

Matrimonio nella Joseon: non due cuori, ma due famiglie

Nella Corea della dinastia Joseon (1392–1897), sposarsi non era una questione d’amore. O meglio, non era solo quello. Era un atto profondamente radicato nel confucianesimo, una delle Cinque Grandi Cerimonie di Stato. Un rito di passaggio, di alleanza e di ordine sociale. Sposarsi significava onorare i genitori, perpetuare il lignaggio, entrare nel giusto equilibrio tra yin e yang, tra dovere e armonia.

Eppure, in mezzo a tutta quella solennità, si nascondeva sempre un brivido: quello dell’incontro tra due sconosciuti, destinati a condividere un’intera vita dopo essersi scambiati solo tre inchini e un sorso di vino.

Le quattro tappe del matrimonio comune: da perfetti estranei a sposi per sempre

Per la gente comune, il matrimonio seguiva quattro grandi fasi:

  1. Euihon (의혼) – la trattativa matrimoniale. Famiglie, matchmaker e una rete fittissima di voci decidevano chi fosse degno di chi. Bastava una cattiva reputazione – vera o presunta – per far saltare tutto. L’amore? Un dettaglio. La buona apparenza, l’educazione e il casato contavano di più.

  2. Napchae (납채) – la proposta ufficiale. Un uomo della famiglia dello sposo portava la lettera di matrimonio, sigillata e legata con fili rossi e blu: i colori di yin e yang. Il tutto accompagnato da un’oca di legno, simbolo di fedeltà eterna. Da qui, si sceglieva anche la data più propizia per le nozze, tramite il confronto degli oroscopi dei futuri sposi.

  3. Nappye (납폐) – i doni. Arrivava il famoso ham: un baule colmo di sete, gioielli e semi portafortuna. In alcune zone, la madre della sposa apriva il baule davanti a tutti. E c’era persino una superstizione: il colore della stoffa estratta per primo rivelava il sesso del primo figlio.

  4. Chinyeong (친영) – la cerimonia nuziale vera e propria. Qui, in uno scenario che oggi i drama ci hanno reso familiare, lo sposo arrivava con un corteo, portando con sé l’oca, la veste e la promessa. Sotto gli occhi degli invitati e davanti a una tavola imbandita di simboli, gli sposi si inchinavano uno di fronte all’altra. Poi bevevano dallo stesso calice o da due metà di zucca seccata. Erano, da quel momento, un’unica cosa.

E la prima notte? Una cena formale. Se erano troppo giovani, nulla accadeva. Ma l’indomani, il ragazzo veniva “interrogato” dai parenti della sposa. Un rito goliardico che, a modo suo, scioglieva il ghiaccio.

E se eri della famiglia reale? Preparati a sei (o otto) tappe e zero spontaneità

Se per il popolo sposarsi era un affare importante, per i reali diventava un’impresa titanica. Tutto era amplificato: mesi di preparativi, uffici speciali, cerimonie da manuale.

La cosa più affascinante? La gantaek: la selezione della sposa reale. Centinaia di ragazze venivano valutate in tre fasi, come in un concorso. Dovevano essere perfette: né troppo alte, né troppo giovani, con visi armoniosi e provenienza nobile. Il cuore? Ancora una volta, un dettaglio.

Le vincitrici venivano portate in un palazzo separato, il byeolgung, dove restavano settimane a prepararsi per diventare regine. Non potevano più tornare a casa. I genitori le salutavano come se non fossero più figlie, ma rappresentanti della nazione.

Il giorno del matrimonio, il re (o principe ereditario) andava a prenderle. Non di persona, all’inizio: era troppo alto di rango. Ma con il tempo, anche lui cominciò a presentarsi. Insieme si inchinavano, bevevano, mangiavano. E poi iniziava una nuova vita… spesso vissuta da estranei che si rispettavano, ma non si conoscevano.

E le concubine? Un posto a corte, ma non nel cuore della storia

Le concubine reali erano considerate mogli secondarie. Venivano scelte tramite una selezione simile, ma il loro matrimonio era più semplice, con meno cerimonie e nessuna vera incoronazione. Una volta entrate a palazzo, dovevano inchinarsi a tutti, regina inclusa. Potevano portare figli reali, ma difficilmente avrebbero potuto chiamarsi regine.

Eppure, quante storie di K-Drama sono nate proprio da queste donne “secondarie” diventate protagoniste di amori impossibili?

Alla fine, era tutto scritto… ma forse anche un po’ sentito

Mentre leggevo e scrivevo tutto questo, mi tornavano in mente mille scene: la sposa silenziosa che piange da sola nella sua stanza, il principe che lancia uno sguardo veloce sotto il velo, il primo sorso di vino bevuto a occhi chiusi. Dietro la struttura rigida di quei rituali c’erano cuori vivi. Alcuni battevano per dovere. Altri hanno finito per amare davvero.

E mi sono chiesta: forse è questo che ci affascina ancora oggi. Non solo i costumi, i palazzi, le musiche solenni. Ma quella possibilità, anche nella Corea più antica, che tra due perfetti sconosciuti, un inchino e un calice possano davvero accendere una scintilla.

Una storia d’amore che nasce dove meno te l’aspetti. Proprio come in un drama.

Fonte:

  1. https://thetalkingcupboard.com/2016/11/15/wedding-and-marriage-in-joseon-part-1-historical-stuff/
  2. https://thetalkingcupboard.com/2019/01/21/wedding-and-marriage-in-joseon-part-2-confucian-style/
  3. https://thetalkingcupboard.com/2021/02/09/wedding-and-marriage-in-joseon-part-3-royal-style/