Mung Bean Flower è un drama storico coreano. Al centro della narrazione ci sono due fratelli, divisi dal destino e dalla guerra, sullo sfondo della Battaglia di Ugeumchi, combattuta nel 1894 durante la Rivoluzione dei contadini di Donghak. Ma cosa fu davvero questa rivoluzione? E perché ancora oggi risuona con tanta forza nella memoria collettiva coreana?
La Rivoluzione dei contadini di Donghak: quando la fede si fece ribellione
La rivoluzione dei contadini di Donghak (동학 농민 혁명; donghak nongmin hyeogmyeong) non fu solo una ribellione armata: fu un grido disperato di giustizia. A guidarla furono contadini oppressi e seguaci della religione Donghak, una fede panenteistica che divenne per molti un’ideologia di lotta contro le ingiustizie sociali.
Nel 1894, il magistrato Jo Byeonggap di Gobu introdusse leggi arbitrarie, costringendo i contadini a costruire dighe, trasferirsi in terre sconosciute e a pagare tasse e multe ingiuste. La tensione esplose a marzo, quando Jeon Bong-jun e Kim Gaenam unirono i contadini in una rivolta che sarebbe passata alla storia come la Rivolta di Gobu.
Anche se inizialmente repressa dalle forze governative, Jeon non si arrese. Fuggì, radunò un nuovo esercito sul monte Baek e riconquistò Gobu. I ribelli, carichi di rabbia e speranza, vinsero nuove battaglie: al passo di Hwangto, lungo il fiume Hwangryong, fino ad assediare la fortezza di Jeonju. A maggio, arrivò una tregua: le due fazioni firmarono un accordo e nelle zone controllate dai ribelli nacquero le Jibgangso, agenzie autonome per la gestione degli affari locali. Fu una pace fragile, come tutte le paci che si limitano a coprire ferite ancora aperte.
Le truppe straniere e il disastro annunciato
Il governo, terrorizzato dall’influenza crescente del movimento, chiese aiuto alla dinastia cinese Qing, che inviò 2.700 soldati. Ma quella mossa, apparentemente tattica, aprì le porte a un conflitto ben più grande: il Giappone, non informato secondo quanto stabilito dalla Convenzione di Tientsin, reagì mandando anch’esso truppe in Corea. Era l’inizio della prima guerra sino-giapponese.
La guerra segnò la fine dell’influenza cinese in Corea e, contemporaneamente, sancì l’ascesa del dominio giapponese. Una presenza che, agli occhi dei ribelli Donghak, si tradusse in ansia, rabbia, minaccia.
L’ultima speranza: la Battaglia di Ugeumchi
Tra settembre e ottobre del 1894, i leader ribelli del nord e del sud si incontrarono a Samrye per unire le forze. Il 12 ottobre nacque un esercito congiunto – una forza composta da 25.000 a forse 200.000 contadini, secondo fonti diverse – che puntò dritto verso Gongju. Ma le speranze si infransero con violenza a Ugeumchi.
La Battaglia di Ugeumchi fu il punto di svolta. Da una parte c’erano contadini armati di lance di bambù e vecchi fucili, dall’altra l’esercito regolare alleato con le truppe giapponesi, armato con fucili moderni e cannoni. Inizialmente, i ribelli ottennero piccole vittorie, ma l’arrivo dei rinforzi giapponesi cambiò tutto. Lo scontro fu impari. Le perdite furono pesanti. Jeon Bong-jun ordinò la ritirata. L’esercito si disperse.
Il crollo del sogno
Dopo Ugeumchi, i superstiti tentarono un'ultima resistenza nella Battaglia di Taein. Ma ormai la rivoluzione stava morendo. Dopo l’ennesima sconfitta a Gumiran, Jeon ordinò la dispersione definitiva dei suoi uomini. Lui stesso fu catturato e impiccato nel marzo 1895.
Il sogno di un popolo libero, retto su giustizia e spiritualità, venne schiacciato nel fango delle battaglie. Ma il sacrificio di quei contadini – semplici, ma determinati – resta impresso nella storia della Corea come un atto di coraggio collettivo. Una ribellione nata dalla fede, dalla fame e dalla speranza.
E proprio di tutto questo parla Mung Bean Flower: di legami familiari spezzati, di ideali che bruciano più forti della paura, di una rivoluzione dimenticata che torna a vivere sullo schermo.
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