Sirene. Ma non quelle che incantano con il canto. Queste incantano con la forza. E con il respiro.
Se ti è mai capitato di sentire parlare delle Haenyeo (해녀) dell’isola di Jeju, forse le hai immaginate come creature d'altri tempi, mezze leggenda e mezze donne. Ma la verità è che sono entrambe le cose. Donne reali, forti e straordinarie, che sembrano uscite da un racconto epico: ogni giorno si tuffano in mare, senza bombole d’ossigeno, per raccogliere frutti marini dalle profondità dell’oceano. Il loro nome lo dice già tutto: “hae” (해) significa mare, “nyeo” (녀) significa donna. Sono, letteralmente, donne del mare.
E ora la loro cultura potrebbe entrare nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità dell’UNESCO. Ma cosa rende davvero speciali queste donne? Seguimi. Ti porto a conoscerle.
Vita da Haenyeo: respirare mare e coraggio
La loro giornata inizia presto, con mute, maschere, pinne e cinture cariche di piombi per scendere rapidamente in profondità. Ogni immersione può arrivare a 20-40 piedi, durare 2-3 minuti… senza l’uso di ossigeno artificiale. Quando risalgono in superficie, emettono un fischio acuto — è il loro modo per espellere l’anidride carbonica e riprendere fiato. È quasi un canto, inquietante e meraviglioso.
Lavorano 5-6 ore al giorno, anche più di 100 immersioni quotidiane, spesso anche in gravidanza. Alcune hanno persino partorito in barca, durante una giornata di pesca. Sottoposte ogni giorno a sbalzi di pressione, fatica fisica estrema, condizioni climatiche incerte e il rischio (concreto) di squali, le Haenyeo affrontano tutto con una calma e una determinazione che commuovono.
Un mestiere tramandato… per necessità
Sembra incredibile, ma un tempo — fino al XVII secolo — a immergersi erano solo gli uomini. Poi, la storia cambiò direzione: molti uomini dell’isola furono arruolati nell’esercito e il re continuava a pretendere abalone come tributo. Chi lo doveva raccogliere? Le donne. Quando non riuscivano a pagare, venivano frustate insieme ai loro genitori. Così, le donne del mare divennero una realtà.
Spirito collettivo e ribellione: la cultura delle Haenyeo
Col tempo, le Haenyeo hanno costruito una vera e propria cultura collettiva, basata sull’aiuto reciproco. Si immergono in gruppo per tutelarsi a vicenda, e durante le pause si ritrovano attorno a un fuoco, tra risate, racconti e condivisione.
Ma non sono solo pescatrici: sono attiviste. Nel 1932 organizzarono una grande protesta contro l’occupazione giapponese, opponendosi allo sfruttamento e alla discriminazione. E ancora oggi, queste donne combattono per proteggere l’ecosistema marino e mantengono viva la loro cooperativa, che gestisce ristoranti e negozi locali.
Nel frattempo, sull’isola si è sviluppata una cultura semi-matriarcale: le donne sono spesso le principali portatrici di reddito e godono di una libertà molto maggiore rispetto al resto della Corea del Sud. Qui, sono gli uomini a pagare la dote alla famiglia della sposa. E sì, le famiglie preferiscono avere figlie femmine.
Canzoni, dei del vento e… una professione che scompare
Le Haenyeo non sono solo lavoratrici: sono custodi di tradizioni, tra cui canti popolari che raccontano la loro fatica e ogni febbraio celebrano una cerimonia alla dea dei venti.
Per secoli, madri e nonne hanno passato il mestiere alle figlie: a 6-7 anni si imparava a nuotare, a 17 si diventava Haenyeo. Ma oggi qualcosa è cambiato. La nuova generazione preferisce lavori meno rischiosi, nei resort o nel turismo. Nel 2015 erano rimaste meno di 2.400 Haenyeo, contro le 14.000 degli anni ’60. La metà ha più di 70 anni. La più giovane ne ha quasi 40. La più anziana, oltre 90.
Il governo corre ai ripari (e aiuta a resistere)
Per evitare che la loro cultura scompaia, il governo di Jeju ha iniziato a finanziare mute, assicurazioni mediche e rifugi riscaldati con docce calde. Ma ha anche imposto regolamenti: periodi di raccolta obbligatori, aree interdette, limiti settimanali di immersioni. Per continuare a vivere, devono anche adattarsi a nuove regole.
Scuole per sirene
Per proteggere e tramandare questa tradizione, sono nate due scuole:
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La Jeju Hansupul Haenyeo School (dal 2008), aperta anche agli uomini e agli stranieri, offre quattro mesi di formazione, tra teoria e pratica, grazie all'insegnamento diretto delle Haenyeo.
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La Beophwan Haenyeo School (dal 2015) è più selettiva: solo donne, solo future professioniste. Funziona come un sistema di apprendistato, ma diventare ufficialmente Haenyeo richiede l’approvazione dell’intera comunità di pesca.
E non è economico: tra 1 e 2 milioni di won in quote associative, più altri 1–2,3 milioni da versare alla Federazione Nazionale delle Cooperative di Pesca. Inoltre, ogni Haenyeo registrata deve lavorare almeno 60 giorni all’anno.
Le Haenyeo nei film e nei drama
Nel 2016 è uscito il film “Canola” (계춘할망), la tenera storia di una Haenyeo anziana che ritrova la nipote perduta da 12 anni. Ma il loro fascino è approdato anche nei K-drama:
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My Mother, the Mermaid
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Tamra, the Island
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Swallow the Sun
The Legend of the Blue Sea (Anche se non parla direttamente delle Haenyeo, il drama si ispira alle antiche leggende coreane sulle sirene e le reinterpreta in chiave romantica e fantasy.)
Le Haenyeo sono diventate un simbolo potente, tra leggenda e realtà, di un femminile libero, selvaggio e coraggioso. Quelle che non hanno bisogno di una coda di pesce per essere chiamate sirene.
Perché raccontare tutto questo?
Perché la storia delle Haenyeo non è solo folklore. È una storia di resilienza, di comunità, di lotta e di bellezza nascosta tra le onde. Una storia che rischia di svanire, ma che vale la pena ricordare — e custodire.
E forse, la prossima volta che sentirai il vento tra le orecchie, immaginerai anche tu quel fischio acuto che rompe il silenzio del mare. È il respiro di una Haenyeo. È il respiro di chi non si è mai arresa.
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