In origine, il termine “Talchum” si riferiva solo ai balli in maschera tipici della provincia di Hwanghae. Ma il resto della Corea non è certo rimasto a guardare: ogni regione ha sviluppato la propria versione, con nomi diversi e tratti distintivi. A Seoul e Gyeonggi si chiama Sandae Nori (산대놀이), nella parte occidentale di Gyeongsang del Sud si parla di Ogwangdae (오광대), mentre ad Andong, nel Gyeongsang del Nord, c’è l’affascinante Hahoe Byeolsingut Talnori (하회별신굿탈놀이). In tutto, si contano circa 12 varianti principali, ognuna con le sue maschere, danze e storie. Oggi, per comodità, si usa “Talchum” come termine ombrello per tutte queste forme di teatro-danza in maschera.
Maschere che raccontano più di mille parole
Le maschere sono l’anima del Talchum. Possono essere scolpite nel legno, modellate con zucche di carta o persino realizzate in bambù. Non hanno nulla di realistico: sono sproporzionate, grottesche, esagerate, spesso volutamente comiche. Eppure, proprio grazie a questi tratti caricaturali, riescono a esprimere con forza messaggi sociali profondissimi.
Ogni maschera rappresenta un ruolo, uno status, un’idea. Prendiamo il servo: occhi enormi, orecchie giganti, naso pronunciato. È lui che deve “ascoltare e osservare” i comportamenti corrotti del nobile, colui che comanda. E parlando di nobili… le loro maschere sono volutamente brutte e deformate, a simboleggiare vanità, arroganza, ipocrisia. È lo sguardo critico dei ceti popolari che prende forma e balla, letteralmente, davanti agli occhi di tutti.
Storie che si muovono in scena, una dopo l’altra
Un’altra cosa affascinante del Talchum è che non ha una trama unica, ma è diviso in scene autonome, ognuna con un suo tema, spesso provocatorio, spesso scomodo. Cambia da regione a regione, ma alcuni elementi tornano sempre.
💥 Il nobile e il servo – Il nobile si pavoneggia mostrando la sua (presunta) cultura. Ma il servo, con arguzia e ironia, lo smaschera, ridicolizzandolo davanti a tutti.
😈 Il monaco tentato – Un vecchio monaco si lascia sedurre da una giovane donna, dimenticando i suoi doveri spirituali. Ma l’amante della ragazza lo sorprende, lo svergogna e lo caccia via. Una critica feroce all’ipocrisia religiosa.
💔 Il marito infedele – Una donna vaga per il Paese alla ricerca del marito. Quando finalmente lo trova… scopre che vive con una giovane concubina. Il cuore le si spezza, e muore. Il marito, colpito dal rimorso, organizza un funerale o chiama uno sciamano per accompagnare l’anima della moglie. E noi spettatori ci ritroviamo con un nodo alla gola.
Musica, danza e un pubblico che diventa protagonista
Il ritmo del Talchum lo si sente nell’aria, grazie a strumenti a percussione come il janggo (tamburo a clessidra) e il buk (tamburo a doppia testa). Le melodie, invece, provengono dal daegeum (un flauto di bambù dalla voce profonda), dal haegeum (una sorta di violino a due corde) e dal piri, un oboe dal timbro penetrante.
I ballerini danzano con movimenti lenti, quasi ipnotici, o rapidi e irruenti, a seconda della scena. Si esibiscono all’aperto, al centro di uno spazio circolare. E qui arriva una delle parti più belle: il pubblico non sta solo a guardare. Anzi. Spesso gli attori improvvisano battute, rispondono alle reazioni degli spettatori, si muovono tra la gente. E alla fine, si balla tutti insieme. Nessuno escluso.
Una storia antica, ma ancora viva
Le origini del Talchum affondano nel passato più spirituale della Corea: era un rituale sciamanico per esorcizzare gli spiriti malvagi e ingraziarsi gli dei. Poi è diventato una celebrazione collettiva nei villaggi, per augurare raccolti abbondanti, salute e armonia. Durante il regno di Silla (57 a.C. – 935 d.C.) si arricchì di parole e canti, diventando un vero e proprio spettacolo teatrale. Ma fu sotto la dinastia Joseon (1392–1910) che il Talchum si trasformò in satira sociale, una forma di protesta mascherata.
Durante il periodo coloniale giapponese (1910–1945), questa tradizione rischiò seriamente di sparire. Ma negli anni ’60 venne riportata in vita da studiosi, artisti e appassionati. Negli anni ’80 tornò in auge tra gli studenti universitari in fermento durante il movimento democratico. Oggi, il Talchum è uno dei simboli più iconici della cultura coreana, e continua a raccontare – con ironia e intelligenza – le ingiustizie e le emozioni umane che, maschere o no, ci riguardano tutti.
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