13 giugno 2025

Le uniformi scolastiche coreane

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È davvero facile distinguere gli adolescenti in Corea: basta guardare le loro uniformi scolastiche. In metro, nei caffè, per strada — quegli outfit impeccabili raccontano immediatamente una parte della loro vita quotidiana. Eppure, dietro quei blazer ben stirati e quelle gonne plissettate si nasconde una storia molto più lunga e interessante di quanto si pensi.

In questo articolo voglio portarti a fare un piccolo viaggio nella storia delle uniformi scolastiche in Corea del Sud, partendo dagli hanbok tradizionali fino alle versioni più moderne (e rivisitate), in cui gli studenti, nonostante regole ancora piuttosto rigide, cercano in tutti i modi di esprimere sé stessi.

Come in molti altri Paesi, anche in Corea la maggior parte degli studenti delle scuole medie e superiori è tenuta a indossare un’uniforme: si chiama 교복 (gyobok). Ma ciò che colpisce è che dietro ogni cucitura c’è un passato fatto di trasformazioni sociali e culturali, che vale la pena conoscere.

Dall’hanbok al gyobok

Nel XIX secolo, le uniformi scolastiche in Corea erano ispirate agli abiti tradizionali, il 한복 (hanbok). Poi arrivò il 1910, con l’annessione della Corea da parte del Giappone, e l’influenza coloniale trasformò anche il modo di vestire degli studenti. Le gonne delle ragazze si accorciarono, i pantaloni dei ragazzi iniziarono ad assomigliare a divise da lavoro, e i colori si ridussero a una gamma austera di nero, bianco e marrone.

Dopo l’indipendenza, il modello occidentale restò comunque predominante. Anzi, per un brevissimo periodo, tra il 1983 e il 1985, le uniformi vennero addirittura abolite: era un tentativo di incoraggiare l’individualismo, dopo anni di oppressione. Ma il sogno durò poco, e le uniformi tornarono a essere la norma.

Uniformi diverse, studenti diversi

Oggi, le uniformi scolastiche sono ancora largamente utilizzate — e difese — in Corea del Sud. Ma questo non significa che siano tutte uguali. Le scuole pubbliche e le scuole private, ad esempio, spesso adottano stili molto differenti.

Le scuole private, in particolare, puntano su un’estetica più ricercata: è il caso della Seoul School of Performing Arts, famosa per la sua uniforme gialla e nera, con blazer doppiopetto e profili a contrasto. Più che un’uniforme, sembra un outfit da palcoscenico.

Il tocco personale

Anche se le regole sono severe, gli studenti non rinunciano al desiderio di distinguersi. Negli anni ’80 lo facevano con le scarpe — le sneakers Nike erano un must. Negli anni ’90 è esploso il culto degli accessori: zaini Eastpak, maglioni Calvin Klein sotto le camicie… piccoli dettagli che dicevano: “Io sono diverso”.

Oggi, le ragazze accorciano le gonne e a volte indossano camicie da uniforme maschile per creare silhouette più trendy. Le giacche imbottite The North Face sono onnipresenti, e l’abbigliamento sportivo casual è ormai entrato nel quotidiano scolastico.

Certo, le restrizioni non sono sparite. In molte scuole è ancora vietato tingersi i capelli, truccarsi o avere piercing. Ma rispetto agli anni ’70 e ’80, la situazione è decisamente cambiata: un tempo, le ragazze non potevano portare i capelli più lunghi di 5 cm sotto le orecchie. I ragazzi? Niente capelli lunghi, punto.

Ribellarsi, in punta di piedi

Il desiderio di esprimersi non sempre viene accolto con entusiasmo. Le modifiche alle uniformi vengono spesso punite, e la severità dipende molto dalla singola scuola. È anche per questo che molte ragazze e ragazzi aspettano l’università per liberarsi davvero e sperimentare con la moda, il make-up, il colore dei capelli.

Eppure, c’è qualcosa di affascinante in questo contrasto. Le uniformi non sono obbligatorie per legge, ma quasi tutte le scuole le adottano ancora. Per tradizione, per praticità, per creare senso di appartenenza.

Ma in mezzo a tutto questo ordine, quella piccola ribellione — la calza colorata, la camicia più larga, lo zaino fuori moda — è un modo per dire: “Io ci sono. E anche se indosso la stessa cosa di tutti gli altri, resto me stesso”.

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