La Corea che unisce, non solo sposi ma famiglie
Ciò che mi ha colpito di più, fin da subito, è quanto in Corea la famiglia sia al centro di tutto. È come se ogni passo verso il matrimonio fosse un invito a ricordare chi sei, da dove vieni, e con chi camminerai nel futuro. In Occidente si dice spesso che il matrimonio è “una cosa a due”. In Corea no. È una cosa da fare in otto, in dieci, in venti. Una cosa da famiglie, per famiglie. Ed è bellissimo.
Nel cuore delle tradizioni coreane, c’è il rispetto profondo per gli anziani, la cura per i legami, e quel senso di responsabilità collettiva che trasforma ogni unione in qualcosa di più grande. È in questo spirito che nascono rituali come il honsimari, il momento in cui la famiglia dello sposo chiede formalmente alla famiglia della sposa il consenso al matrimonio, portando in dono cibo tradizionale, liquori o dolci, e soprattutto: il desiderio sincero di creare una nuova alleanza.
L’attesa cerimonia di fidanzamento: cenchi
Dopo il consenso arriva il cenchi, una piccola festa che in realtà rappresenta già un traguardo importante. Da quel momento in poi, la coppia è vista come già sposata agli occhi della società. È un preambolo intenso e sentito, in cui si stabiliscono data, costi, ospiti e forma del matrimonio vero e proprio. In alcuni casi, honsimari e cenchi si fondono in un unico evento raccolto, sobrio ma carico di significato.
E, credimi, anche chi guarda da fuori percepisce tutta la solennità e l’amore che si respira in quei momenti.
Il giorno del matrimonio: tradizione, Hanbok e lacrime trattenute
Il giorno del matrimonio, poi, è una vera coreografia emozionale. Le madri degli sposi aprono il corteo con due candele accese tra le mani, simbolo di luce e protezione. Seguono lo sposo, poi la sposa—accompagnata dal padre o da un parente anziano—che cammina con passi lenti e misurati verso il futuro.
Entrambi indossano il Hanbok, l’abito tradizionale coreano. La sposa, in particolare, sembra uscita da un dipinto: il suo Hanbok è azzurro, con una gonna a strati e un corpetto stretto, decorato da mille piccoli dettagli che raccontano storie antiche. Lo sposo, più sobrio, porta anch’egli l’abito tradizionale, in una versione semplificata ma altrettanto simbolica.
Davanti al sacerdote, i due si scambiano le promesse di matrimonio. Ed è lì, in quell’attimo silenzioso ma sacro, che si compie la magia: due individui diventano famiglia, mentre il passato e il futuro si stringono la mano.
Una festa sobria, ma colma di gratitudine
A differenza dei banchetti nuziali occidentali, spesso lunghi e rumorosi, i ricevimenti coreani sono brevi, essenziali e molto sentiti. I novelli sposi salutano ogni singolo invitato uno a uno, ringraziandoli per la loro presenza. È un gesto che mi ha lasciata senza parole per la sua gentilezza e umanità.
Il pranzo è tutto coreano: spaghetti di grano saraceno, Kalbi Jim (costine brasate), riso dolce e vischioso chiamato yaksik, e tanti altri piatti che raccontano l’identità di una terra che sa essere raffinata anche nella semplicità.
E poi c’è un’altra usanza che trovo poetica: ogni invitato, entrando, porge una busta bianca con denaro. Il contenuto viene registrato, perché un giorno, quando il donatore si sposerà, riceverà indietro la stessa cifra—o di più. È un’economia circolare fatta di affetto e supporto reciproco, di memoria e riconoscenza.
Le parole dell’amore (e della tradizione)
Durante la cerimonia, potresti sentire alcune parole chiave, che sono il cuore linguistico del matrimonio coreano. Solo per citarne alcune:
-
신부 (sinbu) – la sposa
-
신랑 (sinlang) – lo sposo
-
혼례 (honlye) – la cerimonia di nozze
-
혼인 서약 (hon-in seoyag) – le promesse matrimoniali
-
결혼 축하 (gyeolhon chugha) – auguri di matrimonio
-
현금 선물 (hyeongeum seonmul) – dono in denaro
Parole che, anche senza conoscere il coreano, riescono a entrare nel cuore di chi osserva, perché sono legate a gesti, sorrisi, emozioni universali.
Un’esperienza che resta nel cuore
Partecipare a un matrimonio coreano non è solo un’esperienza culturale. È un piccolo viaggio emotivo. È capire quanto può essere profondo il senso di appartenenza, quanto può essere rispettoso l’amore, quanto può essere potente un sì pronunciato davanti a due famiglie che si tengono per mano.
In quel giorno ho imparato che il matrimonio può essere un atto collettivo di fiducia, un ponte tra generazioni, una festa per l’anima oltre che per il cuore. E, sinceramente? Spero che ognuno possa vivere almeno una volta la bellezza di questo rituale.
Perché ci sono cose che non si spiegano. Si vivono. E poi si portano dentro, per sempre.
Fonte: https://ling-app.com/ko/korean-wedding/
Nessun commento:
Posta un commento