A volte mi chiedo se, dietro l’amore collettivo per i K-drama, ci sia anche il fascino irresistibile dell’incompiuto, di quelle storie che vivono nei ritagli di tempo, tra un viaggio in metro e una pausa pranzo. E se è vero che ci perdiamo nei drama serali da sedici episodi, è altrettanto vero che la Corea ha trovato un modo per farci innamorare anche delle cose brevi. Brevissime, a dire il vero.
Parlo dei web drama, quei mini-drammi da 5 a 20 minuti a episodio, spesso distribuiti direttamente su internet. Ne bastano sei, otto, massimo dieci episodi, eppure sanno colpirti in pieno petto. Non hanno bisogno di grandi budget né di lunghi script per raccontare qualcosa di intimo, divertente, tenero, o addirittura surreale. E soprattutto, parlano il linguaggio dei giovani. Quello veloce, mobile-friendly, da smartphone sempre in mano. Come se le emozioni dovessero stare nei pochi minuti che separano una notifica da un’altra.
Uno dei primi che mi ha colpito, tempo fa, è stato After School: Lucky or Not (방과 후 복불복), un racconto scanzonato su un club doposcuola che ha totalizzato 10 milioni di visualizzazioni su Sohu.com in Cina. Oppure Aftermath (후유증), dove un adolescente scopre di avere poteri soprannaturali – e boom, 4 milioni di views in pochissimo tempo. Non c’è da stupirsi se le grandi aziende ci hanno messo gli occhi sopra: KBS, il colosso radiotelevisivo coreano, ha cominciato a distribuire contenuti originali proprio attraverso il suo portale web. Ma non è da meno neanche Samsung, che ha prodotto serie proprie. Non è più solo intrattenimento: è un ecosistema narrativo pensato apposta per un pubblico abituato a sfogliare vite, amori e colpi di scena col pollice.
Eppure, non si tratta solo di lanciare contenuti nuovi. A volte, il web drama è anche un esperimento narrativo. Prendiamo The Search for Battle (간서치열전): un episodio unico da 70 minuti, che però è stato inizialmente diviso in sette mini-episodi da 10 minuti ciascuno, caricati a scaglioni su Naver TV Cast. Prima sei episodi sul web, poi l’episodio intero in TV, e infine il settimo rilasciato online. Una strategia precisa: incuriosire, catturare, fidelizzare. E lo fanno raccontando storie profondamente coreane, come quella di Hong Gil-dong, il Robin Hood della dinastia Joseon. Un po’ leggenda, un po’ giustiziere sociale, completamente inserito in quel tipo di narrazione che i coreani sanno gestire così bene: affondo emotivo e respiro epico, anche in dieci minuti.
Il successo è tale che anche le star più famose non disdegnano il passaggio nei web drama. Kim Woo-bin e Jang Hyuk, nomi noti ai fan dei drama mainstream, sono apparsi in Love Cells (연애세포), una storia a metà tra romanticismo e sci-fi, ispirata – guarda caso – a un webtoon. E qui si apre un altro capitolo.
Se i web drama sono pillole di fiction, i webtoon sono romanzi illustrati che si leggono con un dito sullo schermo. Non più carta e inchiostro, ma scroll verticali e colori accesi. Nati alla fine degli anni ’90, i webtoon sono esplosi nel 2003 con piattaforme come Naver e Daum, che hanno iniziato a pubblicarli regolarmente, trasformandoli in una nuova forma d’arte digitale. Brevi, rapidi, ma capaci di toccare ogni genere narrativo: dal romantico al thriller, dal comico al tragico. E soprattutto, interattivi. Perché ogni lettore può commentare, dire la sua, stabilire un legame diretto con gli autori.
Nel 2014, Naver contava 128 webtoon settimanali, Daum 85. Solo da PC, oltre 6,2 milioni di persone al giorno leggevano webtoon su Naver – e questo senza contare smartphone e app. È una cifra che parla da sola, e racconta un popolo che legge, sente, vive storie digitali quotidianamente.
Questa popolarità ha innescato un fenomeno interessante: la trasformazione dei webtoon in film, drama e merchandising. Il successo di Secretly Greatly (은밀하게 위대하게), per esempio – la storia di tre bellissime spie nordcoreane in incognito in Corea del Sud – nasce proprio da un webtoon. Così come Misaeng, la serie che ha fatto impazzire mezza Corea raccontando le frustrazioni e i sogni di impiegati normali, è riuscita addirittura a spostare il pubblico dei webtoon: non più solo giovani uomini, ma anche donne e adulti tra i 30 e i 40 anni. Una rivoluzione silenziosa ma potentissima.
E non finisce lì. Dai webtoon nascono pupazzi, tazze, quaderni, linee di cancelleria. Socks Ghost (양말도깨비) è un esempio perfetto: da vignette online a brand a tutto tondo. Una creatura di pixel che diventa oggetto reale, una fantasia che puoi toccare.
Il futuro, inutile dirlo, è internazionale. Per ora la maggior parte dei webtoon è solo in coreano, ma sia Daum che Naver hanno già mosso i primi passi per tradurre ufficialmente i titoli più amati. Ed è solo questione di tempo prima che la diffusione globale faccia quello che ha fatto il K-pop: trasformare una nicchia nazionale in un movimento mondiale.
E allora sì, forse abbiamo bisogno anche di questo. Di storie brevi che ci rubino dieci minuti, di illustrazioni che ci parlino più di mille parole, di amori assurdi e mondi paralleli che prendono forma dentro il palmo della nostra mano. E di quella sensazione, dolce e intensa, che anche in poco tempo si possa raccontare tutto. O, almeno, abbastanza da farci venire voglia di leggere – o guardare – ancora.
Fonte:
- https://koreancultureblog.com/
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