30 giugno 2025

La lingua coreana: un viaggio tra suoni, storia e curiosità che non ti aspetti



C’è una magia sottile eppure potente che si nasconde nelle parole coreane. Forse è il suono delle consonanti che sembrano danzare tra le labbra, o magari è quel senso di storia antica e orgoglio nazionale che ti arriva dritto al cuore ogni volta che senti parlare qualcuno in coreano. È la lingua dei drama che ci fanno ridere e piangere, delle canzoni che ci fanno ballare o sognare ad occhi aperti. È la voce di un popolo, di una cultura, di un modo di vivere diverso dal nostro, ma capace di toccarci profondamente.

Quando ho iniziato ad avvicinarmi alla Corea, non avrei mai pensato che la lingua sarebbe diventata una delle cose che più mi affascinano. Ma così è stato. E più imparavo qualcosa di nuovo, più sentivo il bisogno di andare a fondo, di scoprire non solo le parole, ma tutto quello che c’è dietro. E oggi voglio portarti con me in questo viaggio. Non per insegnarti il coreano – ci sono insegnanti molto più bravi di me per questo – ma per farti scoprire alcune delle curiosità più belle e sorprendenti che questa lingua meravigliosa nasconde.

Una lingua, due nazioni, e molto di più

Lo sapevi che il coreano è lingua ufficiale sia in Corea del Sud che in Corea del Nord? Fin qui, nulla di strano. Ma ciò che colpisce è quanto possa essere diversa da una parte all’altra del 38º parallelo. Pronunce, parole, perfino il modo di dire “grazie” cambia. In Nord Corea si dice komawa (고마와), mentre in Sud Corea diventa gomawo (고마워). Due versioni della stessa lingua, cresciute sotto due realtà così lontane da diventare quasi due dialetti distinti.

E poi c’è il fatto che il coreano non vive solo nella penisola. Esistono comunità coreane attivissime anche in Cina, a Londra e persino a New Malden, un quartiere di Londra dove puoi camminare per strada e sentirti quasi a Seoul. È una lingua che viaggia, che si adatta, che vive anche lontano da casa.

Hangul: la lingua creata per il popolo

Tra tutte le lingue del mondo, il coreano è una delle poche ad avere un alfabeto creato a tavolino. Il suo nome è Hangul (한글), ed è stato ideato nel XV secolo dal re Sejong, che desiderava una scrittura semplice da imparare per il popolo, che fino ad allora era costretto ad usare i difficilissimi caratteri cinesi. E ci è riuscito: Hangul è una meraviglia di semplicità e logica.

Ogni lettera corrisponde a un suono preciso, e l’aspetto grafico è stato pensato per rappresentare il movimento della bocca quando lo si pronuncia. Ad esempio, la ㄱ rappresenta il modo in cui la lingua tocca i denti posteriori, mentre la ㅁ ricorda la forma della bocca chiusa. Non è solo scrittura, è un disegno dei suoni.

E anche se oggi lo leggiamo da sinistra a destra come l’inglese, un tempo si scriveva in colonne, dall’alto verso il basso, proprio come il cinese. Ancora oggi, alcuni testi decorativi mantengono questa tradizione.

Una lingua per 82 milioni di persone

Ad oggi, il coreano è parlato da più di 82 milioni di persone nel mondo. È la 17ª lingua più parlata al mondo. Ma quello che la rende speciale non è tanto il numero, quanto la varietà: esistono moltissimi dialetti, ciascuno con caratteristiche uniche. Da Seoul a Busan, da Pyongyang a Jeju, il coreano cambia ritmo, accento, parole.

E proprio Jeju è un caso a parte: la sua lingua, chiamata Jejueo, è così diversa dalle altre da essere considerata una lingua a sé. Persino i coreani di Seoul fanno fatica a capirla. È come se l’isola avesse mantenuto una sua voce, unica e antica, sopravvissuta al tempo.

Scioglilingua e parole isolate

Il coreano è anche pieno di scioglilingua incredibili che sfidano la tua lingua e la tua pazienza. Ti sfido a leggere tutto d’un fiato questo:

간장 공장 공장장은 장 공장장이고 된장 공장 공장장은 강 공장장이다

(“Il direttore della fabbrica di salsa di soia è il signor Jang, mentre il direttore della fabbrica di pasta di soia è il signor Kang.”)

E no, il coreano non assomiglia a nessun’altra lingua. È una lingua isolata, cioè non ha parentele certe con altri idiomi esistenti. Alcuni studiosi hanno provato a collegarla a lingue come il turco o il finlandese, ma senza risultati solidi. È una lingua nata da sé, con una storia tutta sua.

Una lingua che cambia nel tempo

Il coreano ha attraversato secoli di trasformazioni. È passato per quattro grandi fasi storiche: Antico Coreano, Coreano Medio, Coreano Moderno Antico e Coreano Moderno. Durante il Medioevo, i coreani scrivevano usando il cinese classico, oppure sistemi adattati come hanja, idu e hyangchal. Solo nel periodo Joseon, con la nascita di Hangul, la lingua cominciò a diventare davvero “del popolo”.

Oggi, alcune scuole sudcoreane insegnano ancora i caratteri cinesi (hanja), considerati utili per approfondire la comprensione della lingua e della cultura.

E ogni 9 ottobre, la Corea celebra il Giorno dell’Hangul, una festa nazionale che onora il dono di re Sejong. È un giorno rosso sul calendario, ma soprattutto un giorno che ricorda quanto le parole possano unire un popolo.

Una lingua che vive tra modernità e tradizione

Il coreano moderno è vivo, colorato, e pieno di sfumature. Esistono due sistemi di numerazione (uno per le cose piccole, l’altro per soldi e tempo), non ha genere grammaticale, ma distingue comunque il genere nei sostantivi con yeo- per il femminile e nam- per il maschile. È una lingua dove la posizione del verbo è sempre alla fine, e dove il rispetto si esprime con i livelli di cortesia.

Già, perché in coreano non puoi semplicemente parlare. Devi sapere a chi stai parlando. Esistono formule diverse a seconda che tu stia parlando con un amico, un superiore, un anziano o un perfetto sconosciuto. E non è solo una questione grammaticale: è un riflesso di una società in cui il rispetto per gli altri è alla base della convivenza.

Tra “Konglish”, prestiti e sogni occidentali

Il coreano moderno è anche pieno di parole prese dall’inglese o trasformate in qualcosa di tutto nuovo. Il Konglish è una lingua a sé, dove “Vomit” diventa 오바이트 (obaiteu) e “comedian” è 개그맨 (gaegeumaen).

Poi ci sono i loanwords, parole prese in prestito dall’inglese che mantengono lo stesso significato: (keop, tazza), 피자 (pizza), 초콜릿 (cioccolato)… ed è proprio questo mix di antico e moderno, di orientale e occidentale, che rende la lingua coreana un piccolo capolavoro.

Una lingua da vivere

E se davvero vuoi metterti alla prova, c’è un esame per te: il TOPIK (Test of Proficiency in Korean). È l’esame ufficiale per misurare le tue competenze in lettura, scrittura e ascolto, riconosciuto a livello internazionale.

Ma anche se non hai intenzione di sostenere un esame, imparare il coreano è un’esperienza che ti arricchisce dentro. Ti apre una finestra su un mondo diverso. Ti permette di capire le canzoni che ami, le battute dei drama che ti fanno piangere e ridere, le interviste dei tuoi idol preferiti senza bisogno di sottotitoli.

Ma soprattutto, ti regala un pezzo di quella cultura che tanto ti affascina. Una lingua che non è solo da studiare, ma da vivere. Una lingua che racconta storie. E chissà, magari anche la tua.

Fonte: https://ling-app.com/ko/korean-language-facts/

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