Quante volte, guardando un K-drama, leggendo una notizia coreana o semplicemente parlando con qualcuno appassionato come noi, ci siamo imbattuti in un cognome familiare? Kim. Lee. Park. E ancora Kim. E poi di nuovo Kim.
Scherzi a parte, la cosa colpisce subito. Perché così tanti coreani sembrano avere lo stesso cognome? E no, non è solo una nostra impressione: è davvero così.
Questa è la storia affascinante, quasi poetica e per certi versi anche politica, dietro ai nomi coreani. Non è solo una curiosità da quiz: è uno specchio della storia, delle disuguaglianze sociali, delle monarchie e persino della memoria collettiva di un popolo che, nonostante guerre e invasioni, ha conservato più stabilità dinastica di qualsiasi altro.
Una questione (non) di numeri: solo 286 cognomi per 51 milioni di persone
Nel 2015, la Corea del Sud contava circa 286 cognomi ufficiali per un’intera popolazione di oltre 51 milioni di persone. Sì, hai letto bene.
Per fare un confronto: in Giappone ce ne sono più di 10.000, in Germania e negli Stati Uniti decine di migliaia.
E allora la domanda sorge spontanea: Perché così pochi in Corea?
Beh, tutto comincia da tre nomi: Kim, Lee e Park.
Da soli, questi tre cognomi coprono quasi il 45% della popolazione coreana. Kim è il più diffuso (oltre 21%), seguito da Lee (circa 15%) e Park (circa 9%). Ma attenzione: non sono tutti “uguali”.
In Corea esiste il concetto di bon-gwan (본관), una sorta di radice genealogica legata a un luogo specifico. Due persone di cognome Kim possono avere origini completamente diverse: ad esempio, il Kim di Gimhae e il Kim di Gyeongju sono distinti, nonostante scrivano e pronuncino il nome nello stesso modo.
Insomma: stesso cognome, ma clan diversi. È come se ogni cognome avesse al suo interno tanti piccoli rami, ognuno con una propria storia.
Un cognome che sa di oro, potere e... stabilità
Il cognome Kim significa letteralmente "oro" e non è un caso che fosse il cognome della famiglia reale del Regno di Silla, una delle prime dinastie coreane. Anche Lee e Park hanno radici aristocratiche.
E qui arriva la parte sorprendente: a differenza di altri paesi, in Corea le dinastie si sono succedute spesso senza distruggere le classi aristocratiche precedenti. Non c’è stata una sistematica eliminazione della nobiltà decaduta come in Europa o in Cina. La nobiltà è sopravvissuta. I loro cognomi anche. E si sono diffusi.
Persino durante il periodo della dinastia Joseon (durato 500 anni!), molti Kim, Lee e Park hanno continuato a trasmettere il proprio nome da generazione a generazione, rafforzandone l’identità e la diffusione.
Il risultato? Oggi quei cognomi nobiliari sono anche i più comuni tra la popolazione.
Ma se tutti si chiamano Kim… sono tutti parenti?
No, e qui sta l’equivoco. Anche se hanno lo stesso cognome, la maggior parte dei coreani non è imparentata tra loro.
Molti hanno adottato quei cognomi nel tempo, anche per convenienza sociale. Durante la dinastia Joseon, persino gli schiavi iniziarono ad avere cognomi, spesso scegliendo quelli più rispettati come Kim o Lee per nascondere il proprio status inferiore.
Durante la colonizzazione giapponese, poi, ai coreani venne imposto di avere un cognome: ancora una volta, i “grandi tre” vennero scelti da molti per ragioni pratiche o di prestigio.
Il nome? Una storia in tre sillabe (e a volte un messaggio segreto)
I nomi coreani tradizionali sono formati da tre sillabe: una per il cognome (di solito una sola sillaba) e due per il nome proprio. Ma non è così semplice.
Una delle due sillabe del nome era (e a volte è ancora) generazionale: veniva scelta per identificare la generazione di appartenenza all’interno del clan. In pratica, fratelli e cugini coetanei condividevano una stessa sillaba nel nome: un codice “interno” per sapere chi era chi, chi veniva prima e chi dopo.
Oggi, questa tradizione si è molto indebolita. Alcuni genitori la mantengono, altri la abbandonano per dare ai figli nomi più originali o semplicemente moderni. C’è anche una crescente tendenza a scegliere nomi completamente coreani, non più basati sui caratteri cinesi (hanja).
Dietro un cognome, l’intera storia di una nazione
Ecco perché quando incontri qualcuno che si chiama Kim, non dovresti pensare “un altro?”.
Dovresti pensare: che pezzo di storia porta con sé questo nome?
Perché dietro a quei tre caratteri semplici c’è una memoria lunga secoli. Ci sono re e regine, ma anche contadini e artigiani che hanno scelto quel nome per trovare dignità in un sistema gerarchico. Ci sono famiglie sopravvissute alle invasioni, dinastie che non sono mai crollate davvero, rami familiari che si sono moltiplicati senza mai spezzarsi.
C’è, in un certo senso, una delle più straordinarie prove viventi della stabilità storica della Corea, impressa nei documenti d’identità di milioni di persone.
Curiosità finali (per chi ama i dettagli)
-
Il cognome Im (임) significa "foresta", mentre Han (한) si collega alla dinastia Han.
-
Il rarissimo cognome Sam (삼) esiste davvero, ma in Corea è una perla rara.
-
I nomi più rari oggi sono spesso retaggio di antichi lignaggi nobiliari, ormai scomparsi dalla scena pubblica.
-
Il cognome Kim da solo rappresenta oltre 10 milioni di persone in Corea del Sud.
-
Anche in Corea del Nord Kim è diffuso... e con un certo peso politico.
Quello che mi affascina sempre di più della Corea è come ogni cosa – anche la più apparentemente semplice, come un nome – contenga dentro di sé una stratificazione di significati.
E più scavi, più trovi. Storia, orgoglio, trasformazioni, ingiustizie, riscatto. I cognomi coreani non sono solo etichette: sono mappe del tempo, fili invisibili che legano il presente al passato.
La prossima volta che guarderai un drama e sentirai chiamare “Kim sunbae”, ricordati: dietro quel nome c’è molto più di quanto sembra.
Fonte:
- https://www.koreatimes.co.kr/www/nation/2024/01/638_270393.html
- https://asiasociety.org/korea/introduction-korean-names-are-all-kims-same
- https://ling-app.com/ko/korean-last-names/
Nessun commento:
Posta un commento