22 luglio 2025

Geonbae! Vita, cultura e contraddizioni del bere in Corea del Sud

 

Se pensiamo alla Corea del Sud, le prime immagini che ci vengono in mente sono probabilmente legate ai K-drama, al K-pop, al cibo di strada e ai templi antichi incastonati tra i grattacieli. Ma c’è un aspetto della vita quotidiana coreana che, pur essendo meno instagrammabile, è fondamentale per comprenderne davvero la cultura: il bere.

Sì, perché in Corea del Sud non si beve “per ubriacarsi” e basta. Si beve per socializzare, per mostrare rispetto, per rafforzare legami sul posto di lavoro, per liberarsi dallo stress e perfino per dire “mi interessi” senza doverlo pronunciare ad alta voce.

Il soju come simbolo nazionale

In Corea, il soju non è solo una bevanda: è una consuetudine radicata, un gesto sociale, un rituale collettivo. Pensate che il consumo medio settimanale si aggira intorno ai 13 shot a persona. Per capirci: quello che per noi potrebbe essere una serata brava, lì è... martedì.

Il soju ha un sapore delicato, un grado alcolico relativamente basso e si accompagna spesso alla birra in una combinazione nota come somaek. Si beve con colleghi, amici, parenti. Non è mai solo una questione di alcol: è condivisione. Ed è un modo per avvicinarsi agli altri, spesso più diretto di mille parole.

Il bere come linguaggio sociale

Offrire un bicchiere in Corea è come tendere una mano. È un invito all’intimità, un “voglio conoscerti meglio” sussurrato attraverso il vetro di un bicchierino. Nei drama si nota subito: prima si beve, poi si piange, si ride, ci si confessa.

E tutto ha un codice preciso. Le regole non scritte della cultura del bere coreana sono un perfetto esempio della gerarchia che permea ogni aspetto della società.

Etichetta alcolica: 10 regole (non proprio facoltative)

  1. Mai rifiutare un drink da un superiore: è questione di rispetto. Anche se ti propinano dieci shot, tu... sorridi e bevi.

  2. L’ordine conta: in famiglia beve per primo il nonno, poi i genitori, poi i fratelli maggiori. All’ufficio, il CEO, poi i dirigenti. Tu per ultimo.

  3. Versa con entrambe le mani: sempre. Anche se sei mancino. Anche se hai in mano il cellulare. Trova un modo.

  4. Ricevi il drink con entrambe le mani: un gesto piccolo, ma fondamentale. Se non lo fai, comunichi disinteresse o maleducazione.

  5. Il bicchiere del superiore deve essere più alto: quando brindate, fai in modo che il tuo bicchiere tocchi il suo... ma più in basso.

  6. Bevi voltandoti di lato: copri la bocca e gira il viso. Mostrare il volto mentre si beve può essere considerato irrispettoso.

  7. Non lasciare mai il bicchiere mezzo pieno: o lo bevi tutto o niente. Mezze misure non sono previste.

  8. Non riempirti mai il bicchiere da solo: aspetta che qualcuno lo faccia per te. E ringrazia.

  9. Adeguati al ritmo degli altri: se bevono lentamente, rallenta. Se bevono veloce, accelera (ma occhio a non esagerare).

  10. Resisti alla pressione: se sei al limite, puoi rifiutare—ma fallo con grazia. Un semplice “sono già un po’ brillo” può bastare.

Il bere come dovere lavorativo

In Corea, il lavoro non finisce mai davvero quando esci dall’ufficio. Le hoesik (cene aziendali) sono appuntamenti fissi, e più che occasioni per rilassarsi sono test di resistenza sociale.

Il superiore ti invita a bere? Accetti. Il collega ti passa un altro shot? Lo prendi. Rifiutare può essere visto come un’offesa, o peggio, come segno di scarsa “dedizione” al gruppo.

C’è qualcosa di profondamente ironico in tutto questo: bere per “socializzare” può anche significare essere costretti a farlo.

Bere per non crollare

La pressione sociale, scolastica, lavorativa in Corea è alle stelle. Studenti e impiegati vivono giornate estenuanti, e l’alcol diventa spesso l’unica valvola di sfogo. Ma il corpo, per quanto addestrato, ha dei limiti. Ed ecco che nascono… i rimedi post-sbronza.

Le zuppe del giorno dopo: Haejangguk

La Corea ha un vero e proprio arsenale di zuppe contro il mal di testa post-soju. Si chiamano tutte haejangguk (letteralmente: “zuppa per curare la sbornia”) ma ognuna ha il suo twist:

  • Sogogi haejangguk: con manzo a fette.

  • Hwangtae haejangguk: con merluzzo essiccato.

  • Sunji haejangguk: con sangue coagulato di maiale o manzo.

  • Kongnamul haejangguk: con germogli di soia, la più leggera e apprezzata dagli stranieri.

  • Soondubu haejangguk: con tofu, quasi vegetariana.

  • Sagol haejangguk: con spina dorsale di maiale, peperoncino e carne tenerissima.

Queste zuppe si trovano ovunque, persino nei minimarket. Insieme a bibite, snack e pillole che promettono miracoli dopo una notte pesante.

I drama, lo specchio (ironico) della realtà

Se guardi drama coreani, l’avrai notato: le scene in cui i protagonisti bevono soju abbondano. Spesso da soli, altre volte tra amici, in un karaoke, in un bar di strada. Il bicchiere diventa veicolo di emozioni. È lì che si dichiarano, si lasciano, si confessano segreti.

La cultura del bere viene quasi romanticizzata. Ma dietro quella bottiglietta verde, c’è anche il lato oscuro.

La faccia nascosta del geonbae

L’abuso alcolico in Corea è una realtà pesante. Le “one shot”, ovvero bere il bicchiere tutto d’un fiato, sono parte integrante del rituale. Ma moltiplicale per 10, 20, 30… e i rischi diventano tangibili.

Blackout, scarsa capacità di giudizio, aggressività. E, in alcuni casi, conseguenze molto più gravi. Si parla anche di violenze domestiche e calo della produttività. Ma le aziende di liquori restano intoccabili, con campagne pubblicitarie da milioni di dollari e una forte influenza politica.

E se non vuoi bere?

C’è un piccolo trucco, un modo gentile per rifiutare senza spezzare il momento: porta il bicchiere alle labbra, fai finta di bere e poi appoggialo. Nessuno si offenderà, se lo farai con discrezione.

Perché alla fine, l’alcol non è davvero il centro della questione. Quello che conta è sentirsi parte del gruppo, mostrarsi rispettosi e condividere un momento.


In Corea, il bere non è solo un’abitudine: è una vera e propria lingua fatta di gesti, regole e sguardi. È un modo per dire "ti rispetto", "sono con te", "non sei solo".

Ma è anche un sistema che può soffocare, obbligare, schiacciare. Un equilibrio sottile tra calore umano e pressione sociale.

Quindi sì, se andrai in Corea, preparati a dire “geonbae!”... ma ricorda anche che puoi sempre alzare il bicchiere, sorridere, e scegliere se bere davvero—o no.


Fonte: https://ling-app.com/ko/korean-drinking-culture/

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