25 luglio 2025

Il ramyeon coreano: amore istantaneo in un pentolino d’alluminio

 


C’è un piccolo miracolo che si compie ogni giorno, a qualsiasi ora, in un angolo qualunque della Corea del Sud. Un gesto semplice, ripetuto migliaia di volte: si fa bollire l’acqua, si apre una bustina, si versano le spezie, si attende qualche minuto. E poi… si mangia. Semplice? Forse. Ma dentro quel pentolino d’alluminio, chiamato affettuosamente yang-eun pot, c’è molto di più di una ciotola fumante di ramyeon.

Spesso si pensa che la cucina coreana sia antichissima, immobile nel tempo, eredità immacolata di una tradizione millenaria. Ma questa è solo una parte della verità. In realtà, la storia culinaria della Corea è stata rivoluzionata nel corso del Novecento, e molti dei piatti che oggi chiamiamo “tradizionali” sono invenzioni recenti, nate tra le difficoltà, le trasformazioni sociali e la sete di modernità.

Il ramyeon, per esempio, non è nato in un tempio antico né in una cucina reale, ma è entrato nella vita dei coreani negli anni Sessanta, in un periodo segnato dalla scarsità. Serviva qualcosa di pratico, veloce, economico. Qualcosa che potesse sfamare la gente in pochi minuti. E così, tra gli scaffali di negozi e mercati, apparve lui: il ramyeon istantaneo.

A differenza del ramen giapponese, spesso elaborato e preparato con brodi complessi, il K-ramyeon coreano è figlio della praticità. Esistono due grandi famiglie: le confezioni in busta e quelle in cup. Le cup sono l’emblema della fretta, perfette per studenti, pendolari e gamer incalliti nei PC bang, dove si può mangiare direttamente davanti al monitor. Le buste invece richiedono qualche minuto in più, ma offrono un mondo di possibilità: si possono personalizzare con uova, cipollotti, germogli di soia, formaggio fuso, o – per i più audaci – acciughe, latte o addirittura pregiati abaloni.

E qui, comincia la magia. Perché chiunque abbia vissuto in Corea lo sa: il ramyeon non è solo cibo. È un rito. Un conforto. Una memoria.

Quasi ogni casa, anche la più minimalista, ha nascosto da qualche parte un yang-eun pot, quella pentola d’alluminio sottile e leggera che non si usa quasi più per cucinare altro. Ma quando si tratta di ramyeon, è insostituibile. L’acqua bolle in un attimo. Il sapore – forse solo nella nostra testa – è più autentico. E quel leggero odore metallico sembra raccontare storie di un’epoca passata, quando le famiglie si riunivano sotto una luce fioca e condividevano la cena, magari proprio una semplice zuppa di noodles.

Oggi il ramyeon è ovunque: nei supermercati, nei piccoli negozi di quartiere, nelle stazioni, nei distributori automatici. Ma è nei convenience store, aperti 24 ore su 24, che vive la sua dimensione più poetica. Qui trovi bollitori sempre accesi, bacchette di legno gratuite, e tavolini semplici dove mangiare da soli o con gli amici. Spesso, anche fuori dal negozio, ci sono sedie di plastica e tavoli pieghevoli. Qualcuno mangia in silenzio, altri chiacchierano. Ma c’è sempre, sempre, qualcuno che sta gustando un ramyeon.

Ed è un’immagine così tipica e familiare che non stupisce se milioni di spettatori in tutto il mondo, vedendo un attore in un K-drama cucinare il ramyeon a mezzanotte, hanno sentito un brontolio allo stomaco… e sono corsi a provarlo. È un amore contagioso, nato attraverso lo schermo e finito tra le mani tremanti di chi, in una sera qualunque, ha deciso di scoprire com’è mangiare “come nei drama”.

Certo, non è un cibo salutare. Lo sanno anche i coreani, tanto che ora esistono versioni a basso contenuto di sodio, i cosiddetti “wellness ramyeon”, per alleggerire il senso di colpa. Ma la verità è che il ramyeon non è mai stato pensato per essere sano. È nato per essere umano: caldo, economico, immediato, consolatorio. È il cibo degli studenti stressati, dei cuori infranti, dei lavoratori notturni e dei viaggiatori solitari.

Ed è, forse, proprio per questo che è diventato uno dei cibi più amati della Corea, capace di raccontare una storia semplice ma universale: quella di una fame improvvisa, di una pausa tra mille pensieri, di un bisogno d’affetto tradotto in sapore.

E allora sì, forse fa male se mangiato troppo spesso. Ma una ciotola di ramyeon, ogni tanto, è come un abbraccio: non sarà la cura per tutti i mali, ma sa comunque rimettere insieme i pezzi – anche solo per qualche minuto.

Fonte: https://mymileshinesmile.blogspot.com/2023/12/why-koreans-love-k-ramyeon.html

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