Legend of Hyang Dan è un drama storico coreano del 2007 che rilegge in chiave ironica e romantica una delle storie più celebri della tradizione coreana: Chunhyangjeon (춘향전, 春香傳 – “La storia di Chun-hyang”). Un racconto popolare tramandato nei secoli, profondamente radicato nell’immaginario collettivo del Paese, tanto da essere considerato il simbolo stesso dell’amore fedele e dell’integrità morale. La sua versione più conosciuta deriva dal pansori Chunhyangga, una performance musicale narrativa della tradizione orale.
Non conosciamo con certezza né l’autore né il periodo esatto della sua composizione, ma la forma attuale del racconto si è cristallizzata tra il 1694 e il 1834, diventando il più celebre dei cinque pansori sopravvissuti fino a oggi.
E ora lasciami raccontarti la leggenda, come fosse una fiaba da ascoltare con il cuore.
Una primavera chiamata Chun-hyang
Lei si chiama Sung Chun-hyang, che significa "profumo di primavera", ed è figlia di Wolmae, una kisaeng (cortigiana colta e artista). È bellissima, colta, talentuosa: ama la poesia, le arti, la bellezza della vita. Lui, invece, è Yi Mong-nyong, figlio di un importante magistrato del governo: affascinante, brillante, ma anche capace di innamorarsi perdutamente a prima vista.
Un giorno, mentre Chun-hyang si dondola leggera su un’altalena, Yi Mong-nyong la vede e resta folgorato. Quel tipo di colpo di fulmine che non lascia scampo. Tenta di incontrarla tramite il suo servitore, Bang-ja, ma la giovane rifiuta. Allora Yi Mong-nyong fa qualcosa di inaspettato: si presenta direttamente alla madre di lei, chiede il permesso di sposarla… e Wolmae acconsente. I due si uniscono in matrimonio lo stesso giorno.
La lontananza, l’abuso e la prova più dura
Ma la felicità dura poco. Il padre di Yi Mong-nyong viene trasferito a Hanyang, l’antica Seoul, e il giovane deve seguirlo. Chun-hyang gli dona un anello, promessa silenziosa di attesa e fedeltà. Promettono di ritrovarsi. Ma al villaggio arriva Byeon, un nuovo ufficiale corrotto e spregevole che prende il posto del padre di Mong-nyong.
Byeon è avido, crudele e attratto dalla fama di bellezza di Chun-hyang. Nonostante lei non sia una kisaeng, la costringe a partecipare alle sue feste, la considera alla stregua di una cortigiana solo perché figlia di una kisaeng. Ma Chun-hyang è sposata, e lo rifiuta. E per questo viene punita: imprigionata, e minacciata di subire pubblicamente le sue angherie il giorno del compleanno dell’uomo.
Un ritorno sotto mentite spoglie
Nel frattempo, Yi Mong-nyong supera brillantemente gli esami di stato e diventa un amhaeng-eosa, ispettore reale sotto copertura incaricato di smascherare i funzionari corrotti. Travestito da mendicante e fingendosi folle, torna al villaggio e scopre il destino crudele riservato alla sua sposa. Ma Chun-hyang, pur senza riconoscerlo, non lo respinge, anzi chiede alla madre di accudirlo. Perché il suo cuore, in fondo, lo ha già riconosciuto.
Il giorno del compleanno di Byeon, Yi Mong-nyong recita un poema satirico per denunciare la bassezza dell’uomo. Byeon non coglie l’allusione, e solo allora Mong-nyong svela la sua identità.
Chun-hyang, ancora ignara, si rifiuta persino di passare la notte con lui, restando fedele al marito che crede lontano. Solo quando una kisaeng le mostra l’anello che lei stessa aveva donato, Chun-hyang capisce. E finalmente si ritrovano. L’amore trionfa, ancora una volta.
Una storia che resiste al tempo
Chunhyangjeon non è solo una favola romantica. È anche uno specchio della società coreana dell’epoca, con i suoi ideali e le sue contraddizioni. Ci troviamo dentro molti dei temi classici della narrativa popolare:
In particolare, l’ostinazione di Chun-hyang nel rifiutare Byeon, nel difendere la sua dignità, nel restare fedele ai propri principi morali, è l’essenza stessa dell’etica confuciana dell’epoca. Non è solo amore: è un ideale. È la figura della “moglie virtuosa”, colei che non cede alle minacce, che resta salda nella tempesta, e che proprio per questo diventa un simbolo eterno.
E se oggi Legend of Hyang Dan ci racconta tutto questo con un sorriso e un tocco moderno, è perché le storie belle non invecchiano mai. Cambiano forma, cambiano tono… ma ci ricordano sempre che amare – davvero – significa anche resistere, scegliere, restare fedeli. Anche quando sembra impossibile.
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