Lo so, lo so. Corea e Italia sono agli opposti: là il kimchi, qui la pasta; là si tolgono le scarpe in casa, qui ci scandalizziamo se qualcuno gira scalzo sul pavimento freddo. Eppure, se c’è una cosa che i drama coreani ci hanno insegnato — e che continua a sorprendermi ogni volta — è che, nonostante le distanze culturali, parlano anche un po’ di noi.
Come fanno? Semplice. Toccano temi universali. Temi che, al di là del contesto asiatico, ci riguardano da vicino. Famiglia, identità, lavoro. Quelle cose che viviamo ogni giorno, anche se magari non con la stessa enfasi da colonna sonora strappalacrime (o almeno… non sempre).
👨👩👧👦 Famiglia: amore, doveri e drammi
Se c’è un elemento costante nei K-Drama è la famiglia. Genitori oppressivi, madri invadenti, padri silenziosi, fratelli problematici, sorelle incomprese. Vi ricorda qualcosa?
Non so voi, ma io più di una volta ho avuto l’impressione che certi dialoghi fossero presi pari pari da una discussione in cucina con mia madre. I valori familiari, il rispetto per gli anziani, le aspettative (a volte tossiche) dei genitori: tutto questo nei drama viene esasperato, certo, ma ci sbatte in faccia questioni che conosciamo fin troppo bene. Tipo il classico “hai 30 anni, ma quando ti sistemi?”, detto con tono dolce e passivo-aggressivo. Chi non c’è passato?
🧠 Identità: chi siamo davvero?
Un altro tema che mi ha sempre colpita è quello dell’identità. Nei drama, i protagonisti sono spesso alla ricerca di sé: figli adottivi che scoprono la verità, giovani che vogliono liberarsi dal peso del cognome del padre, donne che riscoprono la propria voce in una società maschilista.
Queste storie ci parlano anche se non siamo nati in un chaebol coreano. Perché crescere significa sempre, ovunque, fare i conti con ciò che ci si aspetta da noi e ciò che vogliamo davvero. Anche in Italia viviamo questo scontro continuo tra “quello che dovremmo essere” e “quello che siamo”. I K-Drama lo raccontano con una delicatezza che, almeno per me, arriva dritta al cuore.
💼 Lavoro: vocazione o prigione?
Sì, certo, il lavoro nei K-Drama è spesso raccontato con un tocco romanzato (tipo quello che diventa CEO a 25 anni o la segretaria che conquista il mondo in tacchi 12), ma dietro le luci ci sono storie che ci toccano.
Pressioni sul posto di lavoro, discriminazioni, mobbing, sogni frustrati: non sono solo problemi coreani. Lo stress da prestazione, la competizione, il desiderio di realizzarsi e allo stesso tempo sentirsi sopraffatti... ci siamo dentro anche noi. E vedere tutto questo raccontato in una lingua diversa, da una cultura lontana, fa strano ma anche bene. Ti fa sentire meno solo.
🌍 Una connessione più profonda di quanto sembri
Ecco, forse è proprio questo il motivo per cui i K-Drama hanno così tanto successo anche qui da noi: parlano coreano, ma dicono cose che capiamo benissimo. Dietro gli abiti tradizionali, i palazzi modernissimi e le ciotole di ramen fumante, ci sono storie di esseri umani che cercano un senso, un po’ di amore, e magari — se capita — anche un happy ending.
E diciamolo: alla fine, non importa se vivi a Seoul o a Taranto, se l’ansia per un colloquio di lavoro ti toglie il sonno o se tuo padre ti giudica perché non hai ancora fatto figli… ti sentirai sempre un po’ protagonista anche tu di quel drama.
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