1 luglio 2025

La lunga storia della Corea: tra regni, guerre e una divisione che ancora fa male

C’è una domanda che mi sono posta spesso guardando certi K-drama ambientati nel passato, quelli in cui le principesse sognano la libertà e i principi combattono contro il destino: che fine hanno fatto quei regni? Com’è possibile che dalla grandiosità delle corti reali e dalle alleanze di sangue, oggi siamo arrivati a due Coree separate da un confine invalicabile?

Se anche tu ti sei chiestə dove tutto sia iniziato, perché Nord e Sud siano diventati due mondi così diversi e cosa ci sia stato prima degli imperatori, delle dittature e del K-pop, allora fermati un attimo. Questo viaggio nella storia della penisola coreana non sarà una lezione noiosa: sarà come sfogliare un racconto epico, fatto di civiltà perdute, invasioni, culture che si intrecciano e scelte che hanno segnato per sempre un popolo.


Le origini: quando tutto era ancora silenzio

La storia della Corea inizia molto prima che si possa parlare di “Korea”. Si perde nella nebbia del tempo, tra caverne abitate 700.000 anni fa, durante il Paleolitico inferiore, e popoli che cucinavano accanto al fuoco con utensili in pietra. Poi vennero le prime coltivazioni di miglio e riso, la ceramica con motivi a pettine — una delle espressioni artistiche più antiche del Neolitico coreano — e i primi villaggi stabili. In quelle comunità si iniziava già a percepire l’importanza dei legami, della condivisione, della sopravvivenza collettiva.

Poi arrivò il bronzo. E con il bronzo, il potere.

Nacquero i primi clan forti, che si unirono sotto capi carismatici capaci di guidare non solo la guerra, ma anche la vita spirituale della gente. Fu in questo contesto che nacque Gojoseon, il primo regno coreano, nel 2333 a.C., secondo la leggenda fondato da Dangun, disceso dal cielo. La sua capitale era nell’attuale Pyongyang, e per la prima volta, la penisola coreana assunse un’identità precisa, distinta da quella dei vicini cinesi.


L’eco degli imperi: quando la Cina bussò alla porta

Con il tempo, i rapporti con la Cina si fecero più intensi e più pericolosi. Il regno di Gojoseon cominciò a interferire nei commerci tra la Cina e le popolazioni limitrofe, e questo portò inevitabilmente allo scontro. Alla fine, Gojoseon cadde nel 108 a.C., sotto l’attacco della dinastia Han, ma non senza aver lasciato il segno. Dalle sue ceneri, e dall’influenza cinese che filtrava attraverso le colonie, nacquero nuove strutture sociali, nuovi modelli politici, e soprattutto un’identità culturale che non avrebbe mai smesso di evolversi.

Confucianesimo, scrittura con caratteri cinesi, burocrazia statale: tutto ciò che ancora oggi riconosciamo come “asiatico” ha iniziato ad attecchire proprio in quel periodo, preparando il terreno per una delle fasi più affascinanti della storia coreana: quella dei Tre Regni.


Tre regni, un’identità in costruzione

Quando si parla dei Tre Regni di Corea — Goguryeo, Baekje e Silla — non si parla solo di confini e battaglie. Si parla di tre anime diverse che cercavano, ciascuna a modo suo, di affermare la propria idea di civiltà.

Goguryeo, il più vasto, era il regno guerriero. Fondato da un principe rifugiato, Chumong, nel 37 a.C., si espanse dalla Manciuria fino al nord della Corea. Fu il primo ad adottare il confucianesimo su scala statale, fondando la prima accademia nazionale nel 372, e a dichiarare il buddhismo religione ufficiale. Ma fu anche il primo a cadere, nel 668, sotto l’attacco congiunto della dinastia cinese Tang e del regno di Silla.

Baekje, fondato poco dopo, era il regno raffinato, spirituale, con forti legami con il Giappone. La sua cultura, ispirata anch’essa dal buddhismo e dal confucianesimo, si irradiò fino alle isole nipponiche, influenzando profondamente l’arte, la scrittura e la religione dei futuri samurai. Ma la fragilità interna e le alleanze sbagliate portarono anche qui alla caduta, sempre per mano di Silla e Tang.

E poi c’era Silla, il più piccolo dei tre, ma il più strategico. Lento a svilupparsi, ma inesorabile. Fu l’unico regno capace di allearsi con la Cina e di usare la diplomazia per sopravvivere. Fu proprio Silla a unificare, almeno per un periodo, tutta la penisola coreana.

L’età dell’oro... e del declino: il Silla unificato

Quando nel 668 Silla riuscì a conquistare gli altri due regni, con l’aiuto della Cina Tang, sembrava l’inizio di una nuova era. Per la prima volta, la penisola coreana era davvero unificata. Fu un periodo di incredibile fermento: il buddhismo divenne religione ufficiale, i commerci con la Cina si intensificarono, le arti fiorirono. Le vie del mare e della seta portavano ceramiche, sete, libri e idee. La cultura coreana si stava plasmando come qualcosa di unico.

Ma il sogno non durò per sempre.

Il sistema di caste ereditario, basato sul cosiddetto “bone rank”, cominciò a logorare il tessuto sociale. Le famiglie più potenti monopolizzavano il potere, lasciando fuori dalla scena le nuove forze emergenti. La tensione crebbe. Scoppiarono rivolte. E quando Silla cadde, lasciò un vuoto che sarebbe stato presto riempito da una nuova dinastia: Goryeo.


Il regno di Goryeo: nascita del nome "Korea"

Fondata nel 918, la dinastia Goryeo diede il nome che oggi conosciamo: Korea è l’occidentalizzazione proprio di “Goryeo”. Fu un periodo di innovazione e cultura straordinaria. Si rafforzò l’amministrazione centrale, il buddhismo divenne ancora più radicato, e vennero realizzati capolavori come il Tripitaka Koreana — un’impressionante collezione di testi buddhisti incisi su oltre 80.000 tavolette in legno — e la prima stampa metallica del mondo.

Ma anche qui, l’equilibrio si ruppe.

Nel XIII secolo arrivarono i Mongoli. Attaccarono, dominarono, e lasciarono cicatrici profonde. Dopo decenni di resistenza e compromessi, la dinastia Goryeo riuscì a sopravvivere, ma ne uscì indebolita. Quando il vento politico cambiò e i legami con i Mongoli diventarono un peso, un nuovo leader colse l’occasione.


Joseon: l’ultima dinastia e la nascita di Hangul

Nel 1392, Yi Seong-gye, un generale ribelle, fondò la dinastia Joseon, che avrebbe governato per oltre cinque secoli. È una delle dinastie più longeve della storia asiatica.

Joseon non fu solo un’epoca di potere, ma anche di rinascita culturale. Sotto il regno di Re Sejong, nel 1443, fu creato l’Hangul, l’alfabeto coreano, per permettere anche ai contadini di leggere e scrivere. Era un gesto rivoluzionario. Una lingua per il popolo, semplice ma elegante. Ancora oggi è uno dei simboli più forti dell’identità coreana.

La dinastia Joseon però affrontò anche molte sfide: invasioni giapponesi, minacce interne, rivolte contadine e una modernizzazione difficile da accettare.


Le ombre del colonialismo: la ferita giapponese

Nel XIX secolo, mentre l’Europa correva verso l’industrializzazione e le potenze mondiali si spartivano territori, la Corea rimase isolata, incerta sul futuro. Le pressioni arrivavano da ogni parte: la Francia, gli Stati Uniti, e soprattutto il Giappone. Dopo aver vinto la guerra contro la Cina e la Russia, il Giappone mise gli occhi sulla penisola coreana e nel 1910 annesse ufficialmente la Corea.

Iniziò un periodo buio. La lingua coreana fu vietata. I nomi coreani furono cambiati con quelli giapponesi. La cultura venne repressa. Le risorse sfruttate. I bambini coreani costretti a imparare storie che non erano le loro.

Ma il cuore del popolo non si spense.

Nel 1919, migliaia di coreani scesero in strada in quella che fu chiamata la Marcia del Primo Marzo: una protesta pacifica soffocata nel sangue. Ma da lì nacque una nuova consapevolezza. Un’identità che non poteva più essere cancellata.


La divisione: quando un confine taglia un popolo

La liberazione arrivò nel 1945, con la fine della Seconda Guerra Mondiale. Ma la gioia fu presto oscurata da un altro destino: la divisione.

Gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica si spartirono temporaneamente la Corea lungo il 38° parallelo. Il Nord venne affidato ai sovietici, il Sud agli americani. Doveva essere una soluzione momentanea. Ma la Guerra Fredda rese quel confine permanente.

Nel 1948 nacquero due Coree: la Repubblica di Corea a Sud, guidata da Syngman Rhee, e la Repubblica Popolare Democratica di Corea a Nord, sotto Kim Il-sung.

Due ideologie, due visioni, due popoli fratelli separati.


Guerra di Corea: il dolore della separazione

Nel 1950, il Nord invase il Sud. Iniziò la Guerra di Corea, uno dei conflitti più sanguinosi del XX secolo. Si calcolano almeno 2,5 milioni di morti. Le città furono rase al suolo. Famiglie divise. Bambini cresciuti senza conoscere i propri genitori o fratelli.

Nel 1953 si firmò un armistizio, non un trattato di pace. E ancora oggi, tecnicamente, le due Coree sono in guerra.

La DMZ, la zona demilitarizzata, è lunga 250 km. Un confine armato, surreale, che separa due mondi nati dallo stesso sangue.

Due Coree, un solo cuore?

Oggi, la Corea del Sud è una potenza economica, patria di tecnologia, innovazione e di quella cultura pop che ha conquistato il mondo intero. Dietro i colori del K-pop e il luccichio dei drama, però, c’è una storia fatta di resistenza, orgoglio e ricostruzione. Un Paese che ha scelto di investire nell’educazione, nei sogni, nella propria lingua, nei propri simboli.

Dall’altra parte del confine, il Nord resta un mondo chiuso, misterioso, dove la libertà è un privilegio negato, la propaganda una realtà quotidiana e il volto dei leader si impone ovunque. Una nazione congelata nel tempo, che guarda ancora al passato come unica via per giustificare il presente.

Eppure, in mezzo a tutto questo, c’è qualcosa che non muore: l’appartenenza.

Ogni tanto, i due presidenti si stringono la mano. Ogni tanto, le famiglie divise da decenni riescono a rivedersi, anche solo per pochi minuti. Ogni tanto, qualche canzone riesce a passare la linea invisibile del 38° parallelo. Non sono miracoli, ma piccole crepe in un muro altissimo.


La storia non è solo passato

Studiare la storia della Corea non significa soltanto imparare date o ricordare guerre. Significa capire quanto possa essere fragile una nazione, quanto una lingua possa diventare simbolo di resistenza, quanto una cultura possa sopravvivere anche alle invasioni più feroci. E quanto, a volte, un popolo intero possa trovarsi diviso non per scelta propria, ma per i giochi di potere altrui.

Guardare un drama in costume, leggere un manga storico, ascoltare una canzone che parla di libertà: tutto questo oggi assume un significato diverso, più profondo, se ci si ferma a pensare.

La Corea è una terra che non ha mai smesso di lottare per la propria identità. E forse è proprio per questo che oggi la sua voce, la sua arte e la sua bellezza riescono a farsi sentire ovunque, con tanta forza.

Anche se due bandiere sventolano ancora su due lati diversi della stessa penisola… il cuore, in fondo, è uno solo.

Fonte: https://ling-app.com/ko/history-of-korea/

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