28 novembre 2025

Il lato nascosto delle parolacce coreane: creatività, storia e… molto più di quello che pensi




Sai quel detto secondo cui, quando impari una lingua straniera, la prima cosa che memorizzi sono le parolacce? Ecco, con il coreano funziona allo stesso modo, ma con una piccola differenza: in Corea le parolacce non sono solo “parolacce”. Sono un universo a parte, un mondo complesso fatto di storia, linguistica, creatività e soprattutto gerarchia sociale. E quello che spesso sentiamo nei K-drama è solo la punta dell’iceberg.

Per capire davvero cosa significano, bisogna partire da una delle prime “illusioni acustiche” che colpisce chi studia la lingua: la quasi perfetta somiglianza tra il numero 18 (십팔, sship-pal) e una delle parolacce più pesanti in assoluto, 씹할 (ssi-pal). È il motivo per cui, in TV, i personaggi esitano sempre un attimo prima di dire “18 anni”. Una frase innocente come “Lo gestisco da 18 anni” diventa improvvisamente rischiosissima in coreano, perché “십팔년” suona fin troppo simile a un insulto diretto e devastante rivolto a una donna. Bastano due sillabe per passare da “età dell’attività” a “offesa da censura”.

Il motivo è semplice: 씹할, insieme a 씨발, 씨팔 e simili, deriva dal verbo 씹하다, un modo estremamente volgare per indicare il rapporto sessuale. In origine, queste imprecazioni implicavano addirittura un riferimento all’incesto, l’atto più devastante immaginabile in una società rigidamente confuciana come la Corea della dinastia Joseon. Non sorprende quindi che, ancora oggi, abbiano un peso emotivo enorme. E questa è solo la prima porta d’ingresso nel mondo affascinante dello yok (욕), il turpiloquio coreano.