Non ho mai avuto un grande talento per i titoli, lo ammetto. Ma forse, questa volta, non importa. Perché se siete finiti qui, è probabile che condividiate con me quella passione – un po’ romantica, un po’ ossessiva – per quei K-Drama che sanno tessere emozioni e storia con la grazia di un hanbok che danza al vento.
Questo articolo nasce da due grandi amori: The Moon That Embraces the Sun e Mr. Sunshine. Non voglio fare un recap delle trame – ci sono già blogger straordinarie che lo fanno meglio di me – ma piuttosto raccontarvi un viaggio tra stoffe, dettagli, cappelli d’epoca e nastri dimenticati. Un viaggio che parte dagli occhi lucidi davanti a una scena e finisce col cercare, a notte fonda, il nome di una forcina floreale che si intravede per un secondo.
Perché sì, i K-Drama storici (sageuk) hanno questo potere: ti prendono per mano, ti portano indietro nei secoli… e tu resti lì, rapita da un gesto, un sorriso, o un colletto ricamato con cura.
✨ L’abbraccio della luna: The Moon That Embraces the Sun
Appena iniziato il primo episodio, non ho potuto fare a meno di restare incantata. No, non solo per la trama, ma per quel tripudio di colori e dettagli: hanbok dai toni pastello, capelli raccolti con grazia, gioielli antichi che raccontano gerarchie e segreti di corte.
La regina madre indossa una lunga forcina dorata, chiamata yongjam, il cui nome stesso racconta una storia: “yong” (drago) e “jam” (l’estremità dell’ornamento). Oggetto regale, riservato alle regine e alle consorti reali. E poi ci sono loro, le dwikkoji, piccole forcine floreali che sembrano raccontare la primavera. E se la sciamana indossa una forcina molto simile a quella della regina, beh… che importa? Entrambe sono bellissime.
C’è una cura certosina nel differenziare i ruoli: la consorte Park Hee-Bin, ad esempio, porta una geumbongjam (forcina a forma di fenice), che racconta subito il suo status. I colori dei vestiti, i modelli dei gioielli, tutto è un linguaggio. E poi c’è Yeon-Woo, con la sua forcina a forma di farfalla e quel tocco di trucco che illumina il viso. Indossa un baeja, un gilet corto e senza maniche: dettaglio che potresti perdere, se non avessi gli occhi già persi.
E non possiamo dimenticare le vesti ufficiali degli uomini: il gwanbok, che cambia colore e simboli a seconda del rango. Prima blu, poi rosso, con una o due gru ricamate sul petto. Anche qui, ogni filo racconta un potere, un ruolo, una trasformazione.
Persino i bambini brillano: Yeom indossa un saekdongot, giacchetta a righe colorate per i più piccoli. E quel cappello decorato, l’aisahwa, è un premio regalato dal re. Un piccolo principe, avvolto in seta e tenerezza.
🌞 Il sole su Ae-shin: Mr. Sunshine
Se MoonSun è un sogno di luna, Mr. Sunshine è un tuffo nel tramonto. Un’epoca diversa, meno rappresentata: la fine della dinastia Joseon, tra rivoluzioni, eleganza e cambiamenti.
Avevo giurato di aspettare l’ultima puntata. Ho fallito miseramente. Ho visto un episodio e da lì è stato un lento precipitare nell’abisso meraviglioso delle notti senza sottotitoli, dei rewind continui, delle pause su un dettaglio di costume.
Ae-shin è la mia musa. Cammina con fierezza, con grazia contenuta, con occhi pieni di fuoco e orgoglio. I suoi hanbok sono come petali, stratificati e leggeri, ma carichi di forza. E mentre la storia avanza, si nota un cambiamento nel vestiario: abiti un tempo riservati ai nobili iniziano a comparire anche sulle persone comuni. È il segno di un’epoca che cambia. Di un’estetica che si fa più democratica.
Tra i miei momenti preferiti? Il ritorno di capi dimenticati:
-
Nanmo, i cappelli invernali.
-
Ayam, con le sue lunghe code gioiello.
-
Pungcha e nambawi, per proteggere le orecchie dal gelo.
-
Hwiyang, indossato dai veterani, avvolgente come un abbraccio.
-
E i nostri cari mokdori, le sciarpe che tutti sfoggiano con disinvoltura.
E poi arriva il capolavoro: il jangot. Non è solo un cappuccio, è quasi un mantello, elegante e misterioso. Ae-shin lo indossa come un’armatura di seta, e io ogni volta trattengo il fiato. Ha maniche finte, nastri doppi, e lascia scoperto solo il volto. Un piccolo mondo dentro un vestito.
La praticità sposa la moda anche con i sontoshi, polsini per scaldare le mani. E i baeja e magoja, simili a gilet e giacchette, corti o lunghi a seconda del genere e dello status.
Il più classico di tutti? Il durumagi, lungo cappotto che Ae-shin trasforma con libertà in un ibrido creativo tra tradizione e ribellione. Perché anche nei costumi, lei è avanti. È già futuro.
Infine, quei piccoli dettagli che amo follemente:
-
Il goreum, cordoncino interno del jeogori, da sempre nascosto, che diventa simbolo di grazia grazie alle gisaeng.
-
Il nunmul goreum, “nastro delle lacrime”, che la sposa usava per asciugarsi il volto il giorno delle nozze.
-
I gaseum garigae, fasce da petto che si fanno visibili con i jeogori sempre più corti.
-
E infine l’heoritti, la cintura usata per accorciare la gonna, amata dalle cuoche… e dalle cortigiane, che la sfoggiavano in rosso fuoco.
Una riflessione finale
Non so se vedrò ancora molti hanbok in Mr. Sunshine. Ae-shin ha indossato sempre più spesso completi occidentali per le sue missioni. Ma ogni volta che la rivedo avvolta in una giacca viola o nascosta sotto un jangot, qualcosa dentro di me si muove.
Non è solo nostalgia. È gratitudine. Perché ogni volta che un drama coreano sceglie di raccontare la sua storia anche attraverso la moda, ci regala un pezzo d’anima. E io, nel mio piccolo, continuerò a riguardare quei momenti, a fermare l’immagine, a cercare il nome di un nastro dimenticato.
Perché in fondo, ogni hanbok è una poesia cucita a mano. E io voglio leggerla, sempre. Anche quando la storia è finita.
Fonte:
- https://thetalkingcupboard.com/2018/09/16/shining-hanbok-under-the-sun/
- https://thetalkingcupboard.com/2012/01/05/moon-suns-and-stars-in-hanbok/
Nessun commento:
Posta un commento