18 maggio 2025

Luce di seta e sogni: Hanbok tra lune, stelle e tramonti coreani

 

Non ho mai avuto un grande talento per i titoli, lo ammetto. Ma forse, questa volta, non importa. Perché se siete finiti qui, è probabile che condividiate con me quella passione – un po’ romantica, un po’ ossessiva – per quei K-Drama che sanno tessere emozioni e storia con la grazia di un hanbok che danza al vento.

Questo articolo nasce da due grandi amori: The Moon That Embraces the Sun e Mr. Sunshine. Non voglio fare un recap delle trame – ci sono già blogger straordinarie che lo fanno meglio di me – ma piuttosto raccontarvi un viaggio tra stoffe, dettagli, cappelli d’epoca e nastri dimenticati. Un viaggio che parte dagli occhi lucidi davanti a una scena e finisce col cercare, a notte fonda, il nome di una forcina floreale che si intravede per un secondo.

Perché sì, i K-Drama storici (sageuk) hanno questo potere: ti prendono per mano, ti portano indietro nei secoli… e tu resti lì, rapita da un gesto, un sorriso, o un colletto ricamato con cura.


✨ L’abbraccio della luna: The Moon That Embraces the Sun

Appena iniziato il primo episodio, non ho potuto fare a meno di restare incantata. No, non solo per la trama, ma per quel tripudio di colori e dettagli: hanbok dai toni pastello, capelli raccolti con grazia, gioielli antichi che raccontano gerarchie e segreti di corte.

La regina madre indossa una lunga forcina dorata, chiamata yongjam, il cui nome stesso racconta una storia: “yong” (drago) e “jam” (l’estremità dell’ornamento). Oggetto regale, riservato alle regine e alle consorti reali. E poi ci sono loro, le dwikkoji, piccole forcine floreali che sembrano raccontare la primavera. E se la sciamana indossa una forcina molto simile a quella della regina, beh… che importa? Entrambe sono bellissime.

C’è una cura certosina nel differenziare i ruoli: la consorte Park Hee-Bin, ad esempio, porta una geumbongjam (forcina a forma di fenice), che racconta subito il suo status. I colori dei vestiti, i modelli dei gioielli, tutto è un linguaggio. E poi c’è Yeon-Woo, con la sua forcina a forma di farfalla e quel tocco di trucco che illumina il viso. Indossa un baeja, un gilet corto e senza maniche: dettaglio che potresti perdere, se non avessi gli occhi già persi.

E non possiamo dimenticare le vesti ufficiali degli uomini: il gwanbok, che cambia colore e simboli a seconda del rango. Prima blu, poi rosso, con una o due gru ricamate sul petto. Anche qui, ogni filo racconta un potere, un ruolo, una trasformazione.

Persino i bambini brillano: Yeom indossa un saekdongot, giacchetta a righe colorate per i più piccoli. E quel cappello decorato, l’aisahwa, è un premio regalato dal re. Un piccolo principe, avvolto in seta e tenerezza.


🌞 Il sole su Ae-shin: Mr. Sunshine

Se MoonSun è un sogno di luna, Mr. Sunshine è un tuffo nel tramonto. Un’epoca diversa, meno rappresentata: la fine della dinastia Joseon, tra rivoluzioni, eleganza e cambiamenti.

Avevo giurato di aspettare l’ultima puntata. Ho fallito miseramente. Ho visto un episodio e da lì è stato un lento precipitare nell’abisso meraviglioso delle notti senza sottotitoli, dei rewind continui, delle pause su un dettaglio di costume.

Ae-shin è la mia musa. Cammina con fierezza, con grazia contenuta, con occhi pieni di fuoco e orgoglio. I suoi hanbok sono come petali, stratificati e leggeri, ma carichi di forza. E mentre la storia avanza, si nota un cambiamento nel vestiario: abiti un tempo riservati ai nobili iniziano a comparire anche sulle persone comuni. È il segno di un’epoca che cambia. Di un’estetica che si fa più democratica.

Tra i miei momenti preferiti? Il ritorno di capi dimenticati:

  • Nanmo, i cappelli invernali.

  • Ayam, con le sue lunghe code gioiello.

  • Pungcha e nambawi, per proteggere le orecchie dal gelo.

  • Hwiyang, indossato dai veterani, avvolgente come un abbraccio.

  • E i nostri cari mokdori, le sciarpe che tutti sfoggiano con disinvoltura.

E poi arriva il capolavoro: il jangot. Non è solo un cappuccio, è quasi un mantello, elegante e misterioso. Ae-shin lo indossa come un’armatura di seta, e io ogni volta trattengo il fiato. Ha maniche finte, nastri doppi, e lascia scoperto solo il volto. Un piccolo mondo dentro un vestito.

La praticità sposa la moda anche con i sontoshi, polsini per scaldare le mani. E i baeja e magoja, simili a gilet e giacchette, corti o lunghi a seconda del genere e dello status.

Il più classico di tutti? Il durumagi, lungo cappotto che Ae-shin trasforma con libertà in un ibrido creativo tra tradizione e ribellione. Perché anche nei costumi, lei è avanti. È già futuro.

Infine, quei piccoli dettagli che amo follemente:

  • Il goreum, cordoncino interno del jeogori, da sempre nascosto, che diventa simbolo di grazia grazie alle gisaeng.

  • Il nunmul goreum, “nastro delle lacrime”, che la sposa usava per asciugarsi il volto il giorno delle nozze.

  • I gaseum garigae, fasce da petto che si fanno visibili con i jeogori sempre più corti.

  • E infine l’heoritti, la cintura usata per accorciare la gonna, amata dalle cuoche… e dalle cortigiane, che la sfoggiavano in rosso fuoco.


Una riflessione finale

Non so se vedrò ancora molti hanbok in Mr. Sunshine. Ae-shin ha indossato sempre più spesso completi occidentali per le sue missioni. Ma ogni volta che la rivedo avvolta in una giacca viola o nascosta sotto un jangot, qualcosa dentro di me si muove.

Non è solo nostalgia. È gratitudine. Perché ogni volta che un drama coreano sceglie di raccontare la sua storia anche attraverso la moda, ci regala un pezzo d’anima. E io, nel mio piccolo, continuerò a riguardare quei momenti, a fermare l’immagine, a cercare il nome di un nastro dimenticato.

Perché in fondo, ogni hanbok è una poesia cucita a mano. E io voglio leggerla, sempre. Anche quando la storia è finita.

Fonte:

  1. https://thetalkingcupboard.com/2018/09/16/shining-hanbok-under-the-sun/
  2. https://thetalkingcupboard.com/2012/01/05/moon-suns-and-stars-in-hanbok/

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