21 dicembre 2025

Bujeok, i talismani di carta coreani: tra magia antica, sciamanesimo e vita digitale

Oggi torno a uno dei mondi profondamente radicato nella tradizione coreana: il bujeok, il talismano di carta che tiene insieme, in un solo gesto di inchiostro, paura, speranza, magia antica e vita quotidiana.


Che cos’è davvero un bujeok

La parola boo-jeok, 부적 (符籍), nella sua forma scritta più letterale significa semplicemente “documento”. Ma nel mito coreano porta addosso un significato completamente diverso. Nella mente dei coreani, l’immagine più immediata è quella di un rettangolo di carta gialla, con strani segni in rosso, un intreccio di caratteri cinesi e coreani, magari accompagnati da una figura un po’ rozza, qualcosa che a prima vista può sembrare perfino inquietante. Uno degli esempi più iconici è il gwi-shin-bool-chim boo (귀신불침부, 鬼神不侵符), un talismano che dovrebbe proteggere chi lo possiede dagli spiriti maligni. È un piccolo concentrato di simboli, linee e segni che, agli occhi di chi è cresciuto con queste immagini, non ha bisogno di spiegazioni; per chi arriva da fuori, invece, sembra quasi un codice indecifrabile.

Alla base del bujeok c’è un’idea che affonda le sue radici nel taoismo cinese, con credenze che risalgono al VI secolo a.C. Nel tempo, la pratica di scrivere o disegnare simboli su un foglio di carta specializzato si è diffusa anche tra i monaci buddhisti, tra i praticanti di culti locali, tra le superstizioni popolari e tra i lettori del destino. Si stima che più del 20% dei coreani abbia posseduto almeno una volta un bujeok nella propria vita: ne hanno avuti le nonne, le madri, le persone frequentate in gioventù, persino chi, all’apparenza, vive una vita religiosa “altissima e santissima”, come un ministro cristiano che ne porta uno regolarmente nel portafoglio.

Il materiale più tradizionale per creare un bujeok è la carta hanji (한지), la carta coreana fatta a mano. Viene tinta di giallo con i frutti dell’“albero del dotto cinese”, chiamato in coreano 회화나무 (hwae-hwa-namoo, sophora japonica). Questo albero, e in particolare i suoi frutti, sono ritenuti capaci di respingere gli spiriti maligni, e proprio su quella superficie gialla vengono poi tracciati i segni con inchiostro rosso. Il rosso non è un vezzo estetico: deve essere rosso, non un altro colore. Il giallo, o meglio, l’oro rappresenta la luce visibile e l’illuminazione, che i demoni odiano, mentre il rosso, nello sciamanesimo asiatico, è da sempre un colore usato per respingere il male. La vita di un bujeok non si esaurisce nel momento in cui viene creato. Il talismano può essere appeso alle pareti della casa, ripiegato con cura e tenuto nel portafoglio, custodito in un luogo intimo o esposto in vista. A volte, viene perfino bruciato e le sue ceneri vengono ingerite, con la convinzione che in questo modo se ne massimizzi l’efficacia. Un gesto che, a chi guarda dall’esterno, può sembrare estremo, ma che per chi ci crede rappresenta un modo per far entrare quella protezione dentro di sé, quasi fisicamente.

Se si osservano da vicino i vari bujeok, si nota subito come siano composti da un miscuglio di forme geometriche, caratteri cinesi, caratteri coreani, segni che sembrano privi di senso e, talvolta, la figura stilizzata di un essere o di un demone. Non esiste una “bibbia” del bujeok, nessun manuale ufficiale che detti un formato unico: il design dipende in larga parte dall’estro e dal linguaggio rituale di chi lo crea. Lo scopo principale di questi fogli gialli può essere riassunto in due grandi funzioni: portare fortuna oppure evitare sventure. Nella pratica, sono spesso più diffusi quelli destinati a respingere il male, anche per via dei materiali con cui sono realizzati: ciò che nasce per respingere gli spiriti maligni sembrerebbe avere più potere nel combattere il negativo che nell’attirare il positivo.


Dalle caverne alla carta gialla: radici antiche di un talismano moderno

Per capire quanto il bujeok sia radicato nella storia coreana, bisogna fare un salto indietro di millenni. Le sue origini vengono fatte risalire a oltre quattromila anni fa. Alcune delle prime tracce compaiono nel Samguk Yusa, una cronaca del XIII secolo che raccoglie leggende e memorie dei periodi mitici e proto-storici della Corea. In queste testimonianze si racconta che già durante il periodo di Dangun (2333 a.C.) esistessero rappresentazioni e iscrizioni dedicate alla fortuna e alla prosperità. Interpretazioni archeologiche suggeriscono che i coreani preistorici incidessero simboli e disegni sulle pareti delle caverne e sulle pietre, oppure ricamassero o dipingessero segni sugli abiti, per invocare benedizioni dagli spiriti naturali. Queste incisioni primordiali, nate su roccia e tessuti, si sono trasformate nel tempo fino a diventare le riconoscibili carte gialle con inchiostro rosso che ancora oggi popolano le case, le borse e le tasche dei coreani.

Il concetto di bujeok arriva dalla Cina, dove esisteva già una lunga tradizione di talismani taoisti. Nel corso dei primi scambi tra la penisola coreana e il continente, pratiche spirituali come la divinazione, l’alchimia e la scrittura di talismani hanno viaggiato verso est. Gli sciamani coreani, i mudang, hanno adottato questi simboli e li hanno intrecciati con le pratiche animistiche indigene. Col passare dei secoli, questa fusione ha dato vita a un sistema magico-protettivo profondamente coreano: al tempo stesso erede di influenze straniere e profondamente radicato nel terreno locale. Questo mondo si intreccia anche con la storia del buddhismo coreano. L’uso di matrici di legno incise per riprodurre immagini e testi sacri è una pratica ben nota nella stampa buddhista. Non stupisce, quindi, che lo stesso principio sia stato applicato anche ai talismani: leve di legno che conservano la forma esatta dei simboli, pronte a trasferirla, più e più volte, sulla carta.

Simboli, colori, animali: quando la carta diventa un corpo vivo

Ogni tratto tracciato su un bujeok porta con sé un’intenzione. La carta gialla rappresenta l’elemento terra, la solidità, la base che tiene lontane le forze malevole. L’inchiostro rosso, spesso mescolato con pigmenti considerati sacri o benedetti, richiama la vitalità, il sangue, la protezione divina. Non è un semplice contrasto cromatico: è un dialogo visivo fra luce e pericolo, vita e oscurità. I disegni che abitano questi talismani sono una stratificazione di segni e significati. Si intrecciano caratteri cinesi classici, diagrammi esoterici, immagini di animali, simboli astratti che rimandano a elementi, direzioni, desideri. Una tigre, per esempio, compare in molti bujeok come guardiana contro il male: è l’animale che scaccia la sfortuna e l’energia negativa, una figura che “porta via” il brutto e lascia spazio a qualcosa di più sicuro. Il pipistrello, invece, è legato alla buona fortuna. In altri casi, compaiono simboli o lettere legati alla salute o alla fertilità.

Tra le figure più affascinanti c’è l’uccello a tre zampe, una creatura mitica che, si dice, protegga da tre calamità precise: il fuoco, l’acqua e la guerra. In un piccolo spazio di carta, quindi, può convivere un intero universo: la paura dell’incendio che distrugge la casa, quella dell’alluvione che porta via tutto, quella del conflitto che spezza vite e famiglie. Nella credenza sciamanica tradizionale, questi simboli non sono semplici decorazioni. Sono trattati come entità viventi. L’atto di tracciarli sulla carta accompagnato da respiro rituale, canti, formule è percepito come un dialogo con il mondo invisibile, una vera e propria transazione spirituale tra umano e spirito, tra inchiostro e intenzione. Ogni linea, ogni curva, ogni piccolo tratto viene considerato un condotto per il gi, l’energia vitale, che passa dalla mano di chi scrive alla superficie della carta. Per questo, la domanda su cosa renda “potente” un bujeok non ha una risposta unica. C’è chi è convinto che siano i simboli, la complessità artistica, la qualità della calligrafia a determinare l’efficacia dell’amuleto. Altri credono che l’aspetto non conti quasi nulla, e che tutta la forza risieda nelle energie e nelle intenzioni infuse durante il processo di creazione. Una posizione conciliatrice vede le due cose intrecciate: i simboli visivi come punti di focalizzazione dell’energia, e le intenzioni come il vero motore che attiva il talismano.


Le mille forme del desiderio: fortuna, protezione, salute, amore

Dietro un foglietto di carta gialla si possono nascondere i desideri più diversi. I bujeok vengono spesso divisi in due grandi categorie: quelli che attirano fortuna e quelli che scacciano il male. All’interno di queste categorie, però, le ramificazioni sono praticamente infinite. Tra i talismani “attira fortuna” esistono, ad esempio, il bujeok dei desideri esauditi (소망성취부, 所望成就符), quello dedicato all’arricchimento (초재부, 招財符), quello per la promozione sul lavoro (대초관직부, 大招官職符) e quello per l’ammissione all’università (합격부, 合格符). Ogni foglio contiene combinazioni di simboli e caratteri pensati per indirizzare la buona sorte in una direzione specifica: un esame che va bene, una carriera che avanza, una stabilità economica più solida.

Sul fronte opposto ci sono i bujeok “scaccia-male”. Il più comune è il talismano contro le malattie (병부, 病符), a sua volta suddiviso in varianti dedicate: contro il mal di testa, contro il mal di stomaco, perfino contro la stitichezza. Esiste un bujeok contro la sfortuna triennale (삼재예방부, 三災豫防符), pensato per proteggere da un ciclo di tre anni particolarmente delicato, e ci sono quelli destinati a mantenere la fedeltà del partner, spesso legati alla “non impurità” (부정, 不淨). Torna anche il gwi-shin-bool-chim boo, quello che dovrebbe tenere lontani gli spiriti maligni. Al di là dei nomi e dei tecnicismi, l’idea è sempre la stessa: catturare su un pezzo di carta una forma di protezione o di slancio, qualcosa che tenga lontano il peggio e apra una piccola finestra di possibilità verso il meglio.


Mani, matrici e generazioni di sciamane

Quando si pensa a un bujeok, spesso la mente corre alla figura di una mudang, una sciamana coreana, che traccia a mano, durante un rituale, i segni rossi su carta gialla. I talismani disegnati a mano vengono ancora oggi molto enfatizzati. Molti sciamani e monaci insistono sul fatto che un bujeok sia davvero potente solo quando viene creato su misura, nel corso di un rito, per una persona o una situazione specifica. Eppure, la storia racconta anche altro. Antichi reperti mostrano che i bujeok venivano realizzati non solo a mano, ma anche tramite blocchi di legno intagliati. Al Museo dello Sciamanesimo Coreano di Seul, una ricca collezione di stampi per amuleti bujeok mostra matrici in legno finemente incise con simboli e motivi tradizionali. Quelle forme ripetibili, pronte a essere inchiostrate e pressate sulla carta, raccontano di un modo diverso di produrre talismani, più sistematico, forse più accessibile.

C’è un dettaglio importante: gli sciamani coreani, molto spesso, sono donne. Per secoli, le norme sociali hanno impedito alle donne di ricevere un’istruzione formale, di imparare a leggere e scrivere i caratteri cinesi utilizzati nella scrittura sacra. In questo contesto, i blocchi di legno intagliati sarebbero stati uno strumento prezioso: permettevano di riprodurre con esattezza simboli e segni complessi, anche a chi non aveva piena padronanza del sistema di scrittura. In questo modo si poteva preservare sia la forma, sia  la potenza rituale legata a quei simboli. Il legame con il mondo buddhista è evidente. La tradizione della stampa su blocchi di legno è fortissima nella storia del buddhismo coreano: sutra, immagini sacre, testi di meditazione venivano stampati proprio così. Non è difficile immaginare che questa tecnologia spirituale e artigianale sia passata, in qualche modo, anche nelle mani delle sciamane. Oggi, guardando ai bujeok del passato, colpisce la loro semplicità. Erano più grezzi, più rustici, meno dettagliati. L’attenzione non era tanto rivolta alla bellezza formale, quanto alle energie che quei segni dovevano contenere. I bujeok contemporanei, invece, spesso sono visivamente splendidi: somigliano a piccole opere d’arte, con calligrafie complesse, linee sottili, composizioni armoniose. 

Un’arte che nasce dall’amore per carta, inchiostro e segni

Per chi ama scrivere, disegnare, dedicarsi alla calligrafia e lavorare con la carta, è quasi naturale sentirsi attratto dall’arte della creazione dei bujeok. Il passaggio da un foglio bianco a un talismano carico di simboli è un atto che unisce gesto, estetica e intenzione. Chi intraprende questo percorso spesso lo fa guidato da una fascinazione profonda per il segno, per l’inchiostro che si posa sulla fibra, per la possibilità che un disegno non sia solo “bello”, ma anche significativo, carico di una funzione. Capita però che, lungo questo percorso, si incontrino anche disillusioni e fraintendimenti. C’è chi, all’inizio del proprio cammino, si sente dire che occorrono tre anni perché uno sciamano appena iniziato possa coltivare abbastanza energia ki da poter produrre un bujeok. E così aspetta con diligenza il traguardo dei tre anni, poi del quarto, del quinto, del sesto, del settimo, per poi scoprire in seguito che quell’indicazione era fuorviante, dettata da motivazioni tutt’altro che nobili. Anche questo fa parte delle zone d’ombra che ogni tradizione porta con sé. Nonostante tutto, l’attrazione verso i bujeok continua a resistere. È difficile restare indifferenti davanti a un amuleto disegnato a mano per protezione e prosperità, creato durante un rituale tradizionale da una mudang. In quei tratti si condensano secoli di credenze, la voce delle generazioni precedenti, il bisogno umano di sentirsi al sicuro, supportati, accompagnati da qualcosa che va oltre la pura razionalità.


Dal tempio allo smartphone: bujeok nel presente

La forza del bujeok sta anche nella sua capacità di adattarsi ai tempi. Un tempo confinato ai templi, ai santuari sciamanici, alle case tradizionali, oggi il talismano di carta vive in contesti molto più diversificati. Si trova appeso alle pareti di casa, infilato tra le carte di un portafoglio, nascosto dentro una borsa. Lo si incontra in momenti particolari dell’anno o della vita: durante il Capodanno, prima di un esame importante, di un affare delicato, di un trasloco. Molti coreani, anche tra le generazioni più giovani e tecnologicamente esperte, si avvicinano ai bujeok proprio in questi snodi: genitori e studenti li acquistano prima degli esami di ammissione all’università, nella speranza di un piccolo aiuto simbolico. Le famiglie che si trasferiscono in una nuova casa possono sentirne il bisogno per augurarsi prosperità e armonia nel nuovo spazio.

La modernizzazione ha ampliato ancora di più l’offerta. Oggi il bujeok esiste in forme diverse: talismani digitali scaricabili, stampe prodotte in massa, versioni create con stampi. Alcuni negozi che riforniscono le mudang vendono persino bujeok pre-disegnati per sciamani che potrebbero non avere il tempo o la capacità di realizzarli a mano. Colossi delle telecomunicazioni e portali tecnologici hanno introdotto amuleti virtuali: bujeok da scaricare sul telefono, da conservare come sfondo, come immagine salvata nella galleria, come piccolo talismano tascabile nel mondo digitale. Là dove un tempo era necessario salire su una montagna, partecipare a un lungo rituale, oggi basta aprire un’app o un servizio di messaggistica. Microsoft Korea ha offerto un bujeok digitale tramite MSN Messenger; portali come Paran e Freechal hanno reso disponibili “Good Fortune Bujeok” da scaricare direttamente dai loro siti. Operatori di telefonia mobile come SK Telecom hanno proposto amuleti da tenere sul cellulare. È la stessa logica antica, riconfezionata nei linguaggi di un mondo connesso. C’è chi vede in tutto questo solo superstizione rivestita di una grafica moderna. Per chi invece crede nel potere dei talismani, è la prova che la magia non è rimasta ferma, ma si è evoluta insieme alla tecnologia, trovando nuovi contenitori per vecchie domande.


Fede, psicologia e bisogno di controllo

Al di là della questione se “funzionino” o meno, i bujeok hanno un posto ben definito nell’immaginario e nella psicologia collettiva coreana. Nonostante il progresso scientifico, il desiderio umano di protezione e significato resta intatto. Psicologi coreani osservano che talismani come i bujeok non offrono solo una sicurezza spirituale, ma anche un conforto emotivo. Nei momenti di incertezza  stringere un bujeok in mano, tenerlo nel portafoglio o semplicemente sapere che è lì può dare calma, aiutare a concentrarsi, restituire un senso di controllo.  Le persone arrivano a un punto in cui sentono di aver bisogno di supporto e, quando non riescono a trovarlo nelle relazioni dirette o nelle risorse abituali, si rivolgono alla religione, alla divinazione, ai talismani. Un professore di psicologia sottolinea quanto sia importante usare il bujeok semplicemente come un amuleto, e non trasformarlo in uno strumento ossessivo. Tutto, ancora una volta, dipende da quanto positiva e prudente è la persona. C’è anche chi, studiando le religioni a Seul, osserva che i bujeok non servono tanto a controllare il destino, quanto a parteciparvi. Non sarebbero una bacchetta magica che piega la realtà, ma piuttosto un modo per sentirsi coinvolti nel proprio cammino, per dire a se stessi: “Sto facendo qualcosa, per quanto simbolico, per prendermi cura del mio futuro”. In questo senso, i bujeok rappresentano un equilibrio delicato tra fede e sicurezza personale, un promemoria che, anche nell’era degli algoritmi, gli esseri umani cercano ancora simboli che uniscano il mondo visibile e quello invisibile.


Un filo che attraversa i secoli

Se si guarda alla storia del bujeok, si vede una linea continua che attraversa il tempo. Dalle incisioni neolitiche sulle pareti delle caverne ai talismani stampati su carta hanji, dai blocchi di legno intagliati alle immagini scaricabili sugli smartphone, lo stesso gesto, tracciare un segno nella speranza di influenzare il mondo, si ripete in forme sempre nuove. In una Corea spesso raccontata attraverso grattacieli scintillanti, robotica e internet ad altissima velocità, il bujeok è il promemoria di una continuità sotterranea. Rimane lì, all’incrocio fra archeologia, arte e spiritualità, come un frammento di magia antica che rifiuta di dissolversi in un’epoca dichiaratamente razionale. Sotto ogni progresso tecnologico, resta sempre lo stesso desiderio umano: cercare protezione, scopo, un po’ di fortuna, un appiglio quando tutto sembra troppo grande e sfuggente.

E allora, forse, la domanda non è tanto se un bujeok “funzioni” in senso stretto, ma cosa significhi per noi tenerne uno tra le dita, attaccarlo a una parete, salvarne l’immagine sullo schermo del telefono. Cosa ci dice di noi, del modo in cui affrontiamo la paura, l’incertezza, il bisogno di sentirci accompagnati da qualcosa, o qualcuno, al di là di noi stessi? Io, intanto, resto affascinata da questa piccola striscia di carta gialla che continua a sopravvivere nella nazione degli schermi luminosi e delle reti ultraveloci. E voi, cosa ne pensate?

Fonti:

  • https://arkeonews.net/bujeok-koreas-ancient-magic-that-still-shapes-modern-beliefs/
  • https://www.koreatimes.co.kr/southkorea/20080116/talisman-trick-to-dispel-bad-luck
  • https://www.mudangjenn.com/blog/bujeok-korean-talisman-amulet
  • https://laseoulite.substack.com/p/boo-jeok-the-art-of-korean-voodoo

0 | +:

Posta un commento